Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30436 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30436 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
Oggetto: operazioni soggettivamente inesistenti – contenuto onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29811/2017 R.G. proposti da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante p.t.;
-intimato – avverso le sentenze della Commissione Tributaria Regionale dell ‘Emilia -Romagna n. 2866/1/2016, depositate in data 9/11/2016 e non notificate.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 2866/1/2016 rigettava l’appello principale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE delle entrate e l’appello incidentale della società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Modena n.81/1/2008 che aveva accolto il ricorso introduttivo, relativo ad avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2003 emesso sulla base di p.v.c. per contestazioni di operazioni soggettivamente inesistenti di compravendita di prodotti di telefonia.
Le riprese derivavano, nello specifico, dalla contestazione di indebita detrazione d’imposta, mancata regolarizzazione di acquisti comunitari, omessa presentazione di modelli INTRASTAT sugli acquisti comunitari, indebito utilizzo di plafond per acquisti in sospensione di imposta, infedele dichiarazione IVA, illegittima deduzione ai fini IRPEG di costi riconducibili ad illecito penale e determinazione consequenziale dell’IRAP .
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso introduttivo affermando che non risultava dimostrata la partecipazione consapevole della società alla frode carosello, annullava l’avviso di accertamento impugnato e compensava le spese di lite. Il giudice di secondo grado confermava tale decisione.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi, mentre la contribuente è rimasta intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE deduce la nullità della sentenza per motivazione irriducibilmente contraddittoria e manifestamente illogica, nonché per carenza di motivazione in relazione all’acritico richiamo per relationem alla sentenza di primo grado in violazione dell’art. 36, comma 2, n.4, d.lgs. n. 546/1992.
2. Il motivo è infondato.
La Corte reitera l’insegnamento secondo cui la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232).
Rammenta, inoltre, che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n.
83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev’essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053).
Inoltre, con riferimento allo specifico profilo della motivazione per relationem , va anche considerato che nel processo civile e in quello tributario la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive (v. Cass., SS.UU., sent. n. 642/ 2015; conformi Cass. Sez. 6 – 2, ordinanza n. 22562 del 07/11/2016, Cass. Sez. 5, ordinanza n. 29028 del 06/10/2022).
Tale è il caso di specie, in cui il giudice d’appello non si limita a riportare estensivamente il contenuto della decisione di primo grado alle pagg.2
e 3 della motivazione, ma, alle successive pagg.3-10, ricostruisce il quadro indiziario e poi giunge alla conclusione che non è stata fornita la prova della partecipazione consapevole alla frode. L’argomentazione nel suo complesso rispetta il minimo costituzionale.
Con il secondo motivo, in rapporto all’ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., si prospetta la violazione degli artt.19, comma 1, 54 d.P.R. n. 633/1972 e dei principi indicati nelle sentenze dalla CGUE 12.1.2006 (in cause C-354/03, 355/03 e 484/03) e 6.7.2006 (in cause C-439/04 e 440/04), nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. in quanto il giudice non ha identificato correttamente il riparto dell’onere della prova in presenza di contestazione per operazioni soggettivamente inesistenti, «identificando erroneamente l’elemento soggettivo in una connivenza piena, in una partecipazione fattiva alla frode da cui fosse derivato il conseguimento di un profitto particolare ovvero la spartizione dell’ingente importo di IVA sottratta» (pp.29-30 ricorso).
4. Il motivo è fondato.
4.1. La sentenza impugnata qualifica le contestazioni alle operazioni commerciali sulla base del p.v.c. della Guardia di Finanza del 17.5.2006 relative al periodo di imposta 2003 nei seguenti termini: «si verte quindi, nel nostro caso, nell’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti» (p.6 sentenza). Ciò premesso, in punto di onere della prova in caso di riprese per operazioni contestate come soggettivamente inesistenti, va rammentato che, in tema di IVA come pure di imposte dirette, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e
specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. Sez. 5, sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5, ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
4.2. Orbene, nella decisione impugnata il giudice non identifica correttamente quale sia il contenuto della prova da dare quanto all’elemento soggettivo, non essendo richiesta la «consapevolezza» della partecipazione alla frode (p.6 sentenza), né la necessaria la prova della «compartecipazione consapevole della RAGIONE_SOCIALE» alla stessa (p.9 sentenza) o del «concorso nella frode scoperta» ( ibidem ), poiché secondo l’interpretazione nomofilattica è sufficiente e idonea la mera conoscibilità da parte della società, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta.
4.3. Erra dunque il giudice a ritenere di dover parametrare la propria valutazione alla «partecipazione consapevole alla frode carosello» (v. ultima pagina della sentenza), erroneamente ritenuta dal giudice «il limite di prova imposto dalla costante giurisprudenza della S.C.». È conseguentemente necessaria una nuova valutazione del compendio probatorio alla luce dei principi di diritto sopra richiamati.
4.4. In tale rinnovata valutazione, il giudice del rinvio terrà conto del corretto procedimento logico che dev’essere seguito nella valutazione
degli indizi ai fini della disamina della fondatezza delle riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del terzo, con cui viene prospettato, ai fini dell’art.360, primo comma, nn.3 e 5, cod. proc. civ., il travisamento della prova da parte del giudice e del quarto motivo, con il quale, in relazione all’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., viene dedotto l’omesso esame circa fatti decisivi del giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La sentenza è perciò cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Emilia -Romagna, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il secondo motivo, rigettato il primo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Emilia -Romagna, in diversa composizione, per
ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2025
Il Presidente NOME COGNOME