Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34440 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34440 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26698/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. SALERNO n. 5072/2018 depositata il 28/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
All’esito di verifica fiscale sugli anni d’imposta 2010 e 2011, condotta dalla Direzione provinciale di Salerno dell’Agenzia delle entrate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, lo stesso ente impositore
recuperava maggiore Iva sull’anno di fiscale 2011. Parallelamente, all’esito di verifica dell’Agenzia delle Dogane sugli anni di imposta 2010 2011 e 2012, il medesimo ente impositore recuperava a tassazione maggiore Iva per l’anno fiscale 2012. Gli avvisi di accertamento si fondavano sul disconoscimento di operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, frutto di una frode ‘a carosello’ che aveva coinvolto la società contribuente, qui controricorrente.
Protestandosi estranea al disegno fraudolento, la società contribuente ricorreva al giudice di prossimità impugnando con distinti ricorsi gli atti impositivi e trovando apprezzamento delle proprie ragioni. La sentenza di accoglimento che riuniva ed accoglieva i ricorsi introduttivi era impugnata dall’Ufficio, esitando il gravame nella conferma della sentenza di primo grado. Donde ricorre l’Ufficio affidandosi a tre mezzi cassatori, cui replica il patrono privato con tempestivo controricorso. In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni ed il patrono privato ha altresì richiesto la distrazione delle spese, qualificandosi antistatario.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
1. Con il primo motivo si prospetta censura i sensi dell’articolo 360 numero 4 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 132 del medesimo codice di rito. Nella sostanza si lamenta motivazione apparente, perplessa e contraddittoria laddove, dopo una lunga ricostruzione nell’orientamento della Cassazione in tema di onere della prova circa la buona fede della ditta coinvolta in fattispecie di operazioni soggettivamente inesistenti, facendo riferimento generico alla sentenza di primo grado e ad una sentenza penale, dubitativamente qualificata di assoluzione del legale rappresentante della società contribuente, il collegio d’appello rigetta il gravame dell’Ufficio compensando le spese di lite.
Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 del codice civile. Nella sostanza si lamenta la violazione del riparto dell’onere probatorio, chiedendo all’Amministrazione finanziaria -che già ha provato l’inesistenza soggettiva delle operazioni e la frode carosello con riguardo alle ditte cedenti- anche la prova della consapevolezza della malafede o della colpevole ignoranza della parte contribuente, cui invece dovrebbe spettare la prova contraria di non essere un mero soggetto fittiziamente interposto.
Con il terzo motivo si profila censura i sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 654 che il codice di procedura penale. Nello specifico si lamenta che la sentenza in scrutinio abbia dimenticato l’autonomia di valutazione che separa il plesso giurisdizionale tributario da quello penale. In altri termini, la sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare non ha automatica valenza probatoria in sede tributaria e può essere importata solo previa autonoma valutazione critica all’interno del compendio probatorio generale del giudizio.
Deve esaminarsi con priorità l’eccezione di tardività del ricorso sollevata da parte contribuente a pagina 18 del proprio controricorso. Nello specifico si lamenta che il ricorso erariale sia tardivo poiché ha fatto aggio sul termine lungo ampliato della sospensione di cui all’articolo 6 del decreto-legge numero 119 del 2018. In altri termini, la predetta disciplina sulla definizione agevolata delle controversie tributarie avrebbe previsto la sospensione dei termini ad impugnare solo in presenza di domanda di parte contribuente per accedere alla disciplina della definizione agevolata; mentre in mancanza di un impulso della parte privata, come è nel caso in esame, non poteva operare automaticamente e genericamente la sospensione dei termini processuali. In altre
parole, l’Amministrazione finanziaria si sarebbe giovata di un rimedio posto nell’esclusiva disponibilità della parte privata.
4.1. La questione è già stata risolta con arresto di questa Corte, ove si è statuito che in tema di definizione agevolata delle liti fiscali, la sospensione del termine per impugnare, prevista dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, opera automaticamente, a prescindere dal concreto intento della parte privata di avvalersene, e si cumula con quella dei termini processuali per l’emergenza epidemiologica da Covid-19, ma non con la sospensione feriale, che resta interamente assorbita dalla sospensione prevista nell’ambito dei procedimenti di definizione agevolata, in ragione della natura eccezionale di quest’ultima (cfr. Cass. V, n. 33069/2022).
L’eccezione è infondata ed il ricorso può essere scrutinato.
5. I primi due motivi sono fondati.
Giudice del fatto processuale in forza dell’evocato motivo di ricorso, questa Suprema Corte di legittimità riconosce nella sentenza in scrutinio tutti gli elementi della motivazione perplessa e contradditoria, laddove si diffonde ampiamente nella ricostruzione, approssimativa, dell’orientamento di questa Corte in tema di riparto dell’onere della prova in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, per concludere in senso favorevole al contribuente, ma in assenza di argomenti specifici e con un generico richiamo a documentazione di parte non meglio specificata, verso l’ultimo paragrafo della motivazione, per poi richiamare -con formula ipotetical’assoluzione in sede penale.
La CTR enfatizza la valenza probatoria della fattura (sul punto, cfr. es. Cass. n. 28628 del 18/10/2021). Quindi non esamina gli elementi forniti dall’ADE per affermare la consapevolezza (o comunque il difetto di diligenza) della frode da parte della contribuente, non solo la accertata e incontestata natura di cartiera delle fornitrici, e la provenienza dall’estero delle merci accertata
mediante fatture acquisite tramite Autorità fiscali estere, ma anche la similitudine o identità dei documenti di trasporto e contabili tra più operatori, le conferme di acquisto meramente telefoniche, i medesimi luoghi di consegna merci tra fornitori aventi sedi distanti, ed altro. In sostanza la CTR non esamina adeguatamente e poi non compara gli elementi offerti dall’A genzi delle entrate, che neppure indica, e si limita a qualificarli ‘ipotesi di secondario pregio’.
5.1. Giova ricordare che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018). Infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n.14815/2008).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
5.2. Sotto il profilo dell’onere probatorio, altresì, giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha svolto un progressivo affinamento, allineando il sistema nazionale con quello eurounitario, quale precisato nelle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee, ottenendo il bilanciamento per cui spetta all’Amministrazione la prova delle fittizietà delle operazioni e del carattere interposto delle ditte partecipanti alla ‘frode a carosello’, mentre spetta alla parte contribuente dimostrare di aver adottato una diligenza coerente con il settore disciplinare o merceologico di riferimento, tale da non potersi ritenere complice nella frode.
Ed infatti, in consonanza con gli arresti eurounitari (cfr. e pluribus CGCE C-285/2011 del 6 dicembre 2012), questa Suprema Corte di legittimità -con orientamento consolidato da cui non si vede qui
ragione per discostarsi- ha affermato che in tema di IVA, il diritto del contribuente alla relativa detrazione costituisce principio fondamentale del sistema comune europeo – come ripetutamente affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze 6 luglio 2006, in C-439/04 e C-440/04, 6 dicembre 2012, in C-285/11, 31 gennaio 2013, in C642/11), affinando l’orientamento con il principio per cui in tema di IVA, in virtù degli artt. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 17 della Direttiva UE 17 maggio 1977, n. 388, osta al riconoscimento del diritto alla relativa detrazione da parte del cessionario, non soltanto la prova del suo coinvolgimento nella frode fiscale, ma anche quella della mera conoscibilità dell’inserimento dell’operazione in un fenomeno criminoso, volto all’evasione fiscale, la quale sussiste ove il cessionario, pur essendo estraneo alle condotte evasive, ne avrebbe potuto acquisire consapevolezza mediante l’impiego della specifica diligenza professionale richiesta all’operatore economico, avuto riguardo alle concrete modalità e alle condizioni di tempo e di luogo in cui si sono svolti i rapporti commerciali, mentre non occorre anche il conseguimento di un effettivo vantaggio (così Cass. V, n. 13803/2014; altresì n. 17818/2016; n. 9851/2018). Il terzo motivo di ricorso rimane assorbito.
6. P er completezza, in relazione all’eccezione di validità del giudicato penale nel giudizio tributario, rappresentata in memoria di parte contribuente, occorre ricordare che non ha qui fondamento, non potendosi applicare al caso in esame, definito con sentenza del G.U.P. di assoluzione perché il fatto non costituisce reato, la novella legislativa che vuole importate nel giudizio tributario -anche di legittimitàle pronunce favorevoli del giudice penale all’esito del dibattimento con formula perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso. Ed infatti, l’art. 21-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024, che riconosce efficacia di giudicato nel processo tributario alla sentenza penale
dibattimentale irrevocabile di assoluzione, è applicabile, quale ius superveniens , anche ai casi in cui detta sentenza è divenuta irrevocabile prima della operatività di detto articolo e, alla data della sua entrata in vigore, risulta ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli è stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste dal codice di rito penale, perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso (cfr. Cass. T., n. 23570/2024, ma vedasi anche Cass. T., n. 9900/2024).
L’accoglimento del primo e secondo motivo comporta l’assorbimento del terzo, donde la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito perché si attenga ai superiori principi enunciati in questa sede.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Campania -Sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16/10/2024.