Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4760 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4760 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24092/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (CF. CODICE_FISCALE), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) , titolare dell’ impresa omonima, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dal l’ AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale EMAIL
-controricorrente –
Oggetto: tributi -onere della prova presunzioni
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 1226/01/22, depositata in data 8 aprile 2022. Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024.
RILEVATO CHE
Il contribuente COGNOME ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2008, con il quale -a seguito di PVC – venivano recuperate maggiori IRPEF, IRAP e IVA a seguito del disconoscimento di costi ascrivibili ad alcune fatture di acquisto dall’impresa RAGIONE_SOCIALE, in quanto operazioni oggettivamente inesistenti, essendo l’impresa RAGIONE_SOCIALE priva di organizzazione.
La CTP di Cosenza ha accolto il ricorso.
La CTR della Calabria, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che l’Ufficio non avesse fornito un quadro indiziario pregnante della inesistenza oggettiva delle operazioni sottostanti, avendo fondato la prova unicamente sulle dichiarazioni del fornitore RAGIONE_SOCIALE, non corredate da ulteriori elementi, tenuto conto anche degli elementi che potevano trarsi dal procedimento penale a carico del fornitore.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a due motivi; resiste con controricorso il contribuente.
E’ stata emessa in data 5 luglio 2023 proposta di definizione anticipata, ritualmente opposta dalla ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d) e 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché degli articoli 2697 e 2729 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto
che l’Ufficio non avrebbe assolto all’onere della prova. Si duole la ricorrente del fatto che le dichiarazioni rese dal fornitore non fossero state valutate di valore confessorio, nonché del fatto che l’Ufficio avesse indicato ulteriori elementi indiziari, quali la circostanza che le fatture del fornitore risultavano distrutte, che il fornitore non avesse esibito alcun registro contabile, elementi tutti indiziari della natura di « cartiera » del suddetto fornitore e della natura meramente cartolare delle fatture da lui emesse, in assenza di operazioni sottostanti, tra cui le quattro fatture emesse nei confronti dell’impresa controricorrente.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, dell’art. 654 cod. proc. civ . e dell’art. 7, comma 4 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per non avere il giudice di appello valutato il « complessivo materiale probatorio acquisito agli atti », nonché per avere valorizzato in sede tributaria la sentenza di assoluzione pronunciata in sede penale, anziché valutarla nel complesso degli ulteriori elementi acquisiti agli atti del giudizio.
3. I due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati, condividendosi la proposta di definizione anticipata. La proposta, valutando separatamente i motivi, ha ritenuto infondato il primo motivo per avere l’Amministrazione finanziaria « effettivamente fondato l’atto impositivo esclusivamente sulle dichiarazioni, del tutto generiche, rilasciate dal terzo (COGNOME NOME); la CTR le ha valutate e ha ritenuto le stesse, correttamente in quanto sfornite dei requisiti di gravità, precisione e concordanza», nonché infondato il secondo motivo, avendo il giudice di appello « valutato criticamente il contenuto delle risultanze del giudizio» penale « ed anche la circostanza che in quella sede le dichiarazioni ivi rese sono state ritenute costituenti notizie del reato di calunnia) ritenendole inidonee a ribaltare l’ onus
probandi anche in quanto contraddette dalla relazione di perizia con allegata documentazione, redatta da un consulente del contribuente ».
Il giudice di appello ha ritenuto che elemento fondante la prova dell’inesistenza oggettiva delle operazioni sottostanti sia la prova che il fornitore sia soggetto privo di organizzazione, elemento indiziario che ha ritenuto insostenibile sulla base delle dichiarazioni del fornitore, specialmente ove tali dichiarazioni siano state ritenute inattendibili dal giudice ordinario con sentenza passata in cosa giudicata. Il ricorrente, invero, al fine di ritenere inesistenti le operazioni sottostanti l’emissione delle due fatture oggetto di contestazione, ha addotto che il fatto che il fornitore avesse emesso una « mole notevole di fatture » e che per il periodo di imposta 2008 (oggetto dell’accertamento impugnato) avesse prodotto documentazione frammentaria (pag. 6 ricorso), in quanto la contabilità risultava distrutta. Da tali elementi la ricorrente ha dedotto che « non aveva senso cercare riscontri esogeni alle dichiarazioni autoaccusatorie del COGNOME NOME perché, prima e ancor meglio di lui, ‘parlavano’ le numerosissime fatture rinvenute in sede di verifica e oggetto di disamina in ambito fiscale, oltre che penale» (pag. 11 ricorso). Tuttavia, nessuna indicazione è stata fornita dalla ricorrente circa la prova dell’ass enza di organizzazione (natura di cartiera) da parte del fornitore RAGIONE_SOCIALE, elemento indicato dal giudice di appello a fondamento dell’inesistenza oggettiva delle operazioni sottostanti l’emissione delle fatture.
Né la ricorrente ha dedotto in quali termini la valutazione della circostanza indiziaria della distruzione della contabilità avrebbe sortito un diverso esito della controversia, il che rende carente il ricorso sul punto per difetto di specificità.
Inammissibili si rivelano, poi, le censure, in relazione all’omessa valutazione delle dichiarazioni confessorie del fornitore e alla ponderazione dell’elemento costituito dalla sentenza penale di
assoluzione del medesimo, in quanto censure attinenti alla valutazione del materiale probatorio, spettante al giudice del merito. Il ricorso va, pertanto, rigettato in conformità alla proposta di definizione anticipata, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo.
7. Al rigetto del ricorso in conformità alla proposta consegue l’applicazione delle disposizioni di cui agli artt . 380bis , terzo comma, 96, commi terzo e quarto cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 22 settembre 2023, n. 27195; Cass., Sez. U., 27 settembre 2023, n. 27433). La condanna alle somme di cui al terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ. consegue alla conferma della proposta di definizione anticipata, essendo tale norma volta, al pari delle disposizioni relative alla colpa grave (Cass., Sez. V, 24 novembre 2022, n. 34693) a contemperare le esigenze di deflazione del contenzioso con la tutela del diritto di azione (Cass., Sez. U., n. 27195/2023, cit.); si reputa di quantificare equitativamente tale somma in relazione alla liquidazione delle spese legali (Cass., Sez. U., 28 novembre 2022, n. 32001; Cass., n. 34693/2022, cit.), somma che viene liquidata come da dispositivo, così come viene equitativamente determinata la somma di danaro di cui al quarto comma del medesimo articolo, anch’essa come da dispositi vo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 2.4 00,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso spese generali e accessori di legge; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento dell’importo di € 1.200 ,00 a termini dell’art. 96, terzo comma cod. proc. civ., nonché all’importo ulteriore di € 800,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 24 gennaio 2024