Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 98 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 98 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25523/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE AL SERCHIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dalla medesima unitamente all’Avv. NOME COGNOME.
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della TOSCANA n. 795/2017 depositata il 22/03/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 431/1/15 la CTP di Lucca rigettò il ricorso promosso dall’Associazione sportiva Piazza al Serchio avverso avvisi di accertamento tesi alla ripresa di importi Iva dovuti in relazione alle annualità 2009, 2010 e 2011. Il recupero involgeva la qualificazione di prestazioni fatturate dall’associazione, alla base di proventi dalla stessa incamerati, posto che le prestazioni in parola, nella prospettazione erariale, si compendiavano in sponsorizzazioni, mentre nella prospettazione della contribuente avevano connotazione pubblicitaria. L’appello della contribuente è stato accolto dalla CTR della Toscana, la quale ha testualmente ritenuto che ‘ i contratti conclusi dalla contribuente con i soggetti finanziatori non sono, effettivamente, chiari nel definire i comportamenti ai quali l’Associazione sportiva si obbligava in cambio dei corrispettivi pattuiti; si trattava, in realtà, di contratti misti tra pubblicità e sponsorizzazione; tale carattere misto è stato, del resto, sostanzialmente riconosciuto anche dall’Agenzia delle entrate; in tale situazione di fatto, ferma la non retroattività nella norma di cui all’articolo 29 del decreto legislativo numero 175 del 2014 e ferma la non applicabilità, alla fattispecie, dell’articolo 90, ottavo comma, della legge numero 289/2002, riguardante esclusivamente i finanziatori, deve ritenersi carente la prova posta a fondamento della pretesa tributaria di cui si tratta: da ciò l’accoglimento dell’appello ‘.
Il ricorso per cassazione dell’Agenzia è affidato ad un solo motivo. Resiste la contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo unico di ricorso l’Agenzia contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 74 d.P.R. n. 633 del 1972 nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR invertito gli oneri probatori ascrivendo all’erario la prova della
natura pubblicitaria e non di sponsorizzazione delle prestazioni fatturate dall’associazione e alla base dei proventi da essa incamerati.
Il motivo è infondato.
La tesi erariale che nella specie si trattasse spese di pubblicità non è stata poggiata su specifici addentellati fattuali, né imperniata sul richiamo di circostanze o elementi documentali e istruttori, perlomeno di matrice presuntiva, idonei a sorreggerla.
L’Agenzia muove, d’altronde, dall’erroneo presupposto che la vicenda intercetti una problematica di prova dell’agevolazione fiscale, anziché -come appare fisiologico -di qualificazione, a monte, dei contratti fra l’ente e i destinatari delle fatture.
Sostiene parte ricorrente che incomberebbe sull’Associazione la prova che, nella specie, le somme sarebbero state versate in ottemperanza di un contratto di pubblicità e non per sponsorizzare.
Tale tesi è errata. Infatti, deve ritenersi onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare la fondatezza della propria pretesa impositiva, non esistendo, in materia tributaria, alcuna presunzione di legittimità dell’avviso di accertamento, sicché, quando l’Amministrazione stessa assuma che si è in presenza di un’evasione fiscale, è tenuta a dimostrarlo in giudizio (cfr., ex multis , Cass. n. 7477 del 2002).
La prova della natura degli esborsi e, a monte, delle prestazioni dedotte nei contratti vagliati ai fini del recupero fiscale va ascritta all’Agenzia che afferma la pretesa impositiva; a tale prova l’Agenzia ha abdicato, ritenendo infondatamente di addossarla al destinatario degli avvisi.
Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in euro 4.300,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese forfettarie e agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 06/11/2024.