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Onere della prova: fatture inesistenti e presunzioni

Una società ha impugnato un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA, basato su fatture ritenute inesistenti. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che l’onere della prova si sposta sul contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce presunzioni gravi, precise e concordanti sull’inesistenza delle operazioni. Il contribuente non è riuscito a fornire prove contrarie né a superare la cosiddetta ‘prova di resistenza’ per la mancata attivazione del contraddittorio preventivo.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova e Fatture False: la Cassazione fa il Punto

La gestione della contabilità e la corretta documentazione dei costi sono al centro della vita di ogni impresa. Ma cosa succede quando l’Amministrazione Finanziaria contesta la veridicità di alcune fatture, ritenendole relative a operazioni inesistenti? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini dell’onere della prova in questi casi, stabilendo principi cruciali per i contribuenti e i professionisti del settore. L’ordinanza analizza il delicato equilibrio tra le presunzioni utilizzate dal Fisco e le prove che l’azienda deve fornire per difendersi.

I Fatti del Caso: La Contestazione Fiscale a una S.r.l.

Una società si è vista notificare un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativo a un anno d’imposta. Il motivo della contestazione era duplice: da un lato, l’Agenzia delle Entrate riteneva che alcune fatture ricevute da fornitori fossero relative a operazioni oggettivamente inesistenti; dall’altro, contestava la contabilizzazione di costi non documentati.
La società ha impugnato l’atto impositivo, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto le sue ragioni. In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che l’Ufficio aveva fornito sufficienti elementi per presumere la fittizietà delle operazioni, invertendo così l’onere della prova e spostandolo in capo all’azienda.

L’inversione dell’onere della prova in caso di presunzioni fiscali

Il cuore della controversia ruota attorno al meccanismo delle presunzioni. L’Amministrazione Finanziaria, per contestare la deducibilità di un costo o la detraibilità dell’IVA, non è tenuta a fornire una prova ‘certa’ dell’inesistenza dell’operazione. Può, invece, basare il proprio accertamento su presunzioni semplici, a condizione che queste siano ‘gravi, precise e concordanti’.
Nel caso specifico, l’Agenzia aveva evidenziato l’apparente assenza di una struttura organizzativa adeguata in capo ai fornitori della società. Secondo i giudici di merito, questo elemento, unito ad altri indizi, era sufficiente a costituire una presunzione valida di fittizietà delle fatture. A questo punto, l’onere della prova si è spostato: non era più il Fisco a dover dimostrare la falsità, ma l’azienda a dover provare l’effettiva esistenza delle prestazioni ricevute.

La questione del contraddittorio preventivo e la prova di resistenza

Un altro motivo di doglianza sollevato dalla società riguardava la mancata instaurazione del contraddittorio prima dell’emissione dell’avviso di accertamento. Secondo la difesa, questa violazione avrebbe dovuto comportare la nullità dell’atto.
La Corte di Cassazione, richiamando un orientamento consolidato, ha chiarito che, per i tributi armonizzati come l’IVA, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale comporta l’invalidità dell’atto solo a una condizione: che il contribuente superi la cosiddetta ‘prova di resistenza’. In altre parole, il contribuente deve dimostrare in giudizio quali ragioni concrete avrebbe potuto far valere durante il contraddittorio e che tali ragioni, se esaminate, avrebbero potuto portare a un risultato diverso. Una mera lamentela formale non è sufficiente.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la validità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria e delle sentenze dei precedenti gradi di giudizio.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo relativo alla violazione del contraddittorio, poiché la società non aveva allegato né trascritto le difese che avrebbero potuto integrare una valida ‘prova di resistenza’. Le sue contestazioni si concentravano sulla legittimità delle presunzioni usate dal Fisco, non su ciò che avrebbe potuto dimostrare in fase procedimentale (ad esempio, l’effettiva esistenza e operatività dei fornitori).
Anche i motivi relativi alla motivazione della sentenza d’appello e alla violazione delle regole sulle presunzioni sono stati disattesi. Secondo la Cassazione, la Commissione Tributaria Regionale aveva fornito una motivazione, seppur sintetica, logica e sufficiente, rispettosa del minimo costituzionale. I giudici di merito avevano correttamente valutato gli elementi presuntivi offerti dall’Ufficio, ritenendoli idonei a fondare l’accertamento. La Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito per rivalutare l’attendibilità delle prove.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma due principi fondamentali in materia di contenzioso tributario. Primo: di fronte a presunzioni gravi, precise e concordanti fornite dall’Amministrazione Finanziaria riguardo l’inesistenza di operazioni, l’onere della prova si inverte e spetta al contribuente dimostrare la realtà e l’inerenza dei costi. Secondo: la violazione del contraddittorio preventivo non è un vizio che invalida automaticamente l’accertamento, ma richiede che il contribuente superi la ‘prova di resistenza’, dimostrando il pregiudizio concreto subito.

Quando si inverte l’onere della prova in caso di contestazione di fatture inesistenti?
L’onere della prova si inverte e passa al contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti che facciano ragionevolmente dubitare dell’effettiva esistenza delle operazioni fatturate.

L’assenza del contraddittorio preventivo rende sempre nullo l’avviso di accertamento?
No. Per i tributi armonizzati come l’IVA, l’annullamento dell’atto per mancato contraddittorio è subordinato al superamento della ‘prova di resistenza’, ossia il contribuente deve dimostrare in giudizio le ragioni specifiche che avrebbe potuto far valere e che avrebbero potuto condurre a un esito diverso dell’accertamento.

Su quali elementi può basarsi l’Amministrazione Finanziaria per provare l’inesistenza di operazioni?
L’Amministrazione può basarsi su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, un elemento rilevante è stata la presunta mancanza di un’adeguata organizzazione e struttura da parte delle società fornitrici, tale da far ritenere impossibile l’effettuazione delle prestazioni fatturate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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