Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34938 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34938 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31339/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in TORINO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME
NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL PIEMONTE n. 376/06/21 depositata il 27/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 376/06/21 del 27/05/2021, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) rigettava l’appello
proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE nei confronti della sentenza n. 1158/02/19 della Commissione tributaria provinciale di Torino (di seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2018.
1.1. Come evincibile dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo conseguiva all’invito al contribuente a produrre documentazione contabile, all’esito del quale erano emerse criticità nella contabilizzazione di fatture emesse da alcuni fornitori, ritenute oggettivamente inesistenti, nonché nella contabilizzazione di costi non documentati.
1.2. La CTR rigettava l’appello di RAGIONE_SOCIALE evidenziando che: a) l’eventuale mancato esperimento del contraddittorio endoprocedimentale, attivabile solo con riferimento ai tributi armonizzati, poteva dare luogo a invalidità dell’avviso di accertamento solo se il contribuente assolvesse all’onere di indicare in giudizio le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio si fosse regolarmente svolto e se dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio) non fossero pretestuose; b) sussistevano numerosi elementi specifici -forniti dall’Ufficio per ritenere le fatture emesse da alcuni fornitori come oggettivamente inesistenti, con conseguente inversione dell’onere della prova in capo alla società contribuente; c) con riferimento alle fatture emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE, le stesse riguardavano costi non inerenti.
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso per cassazione proposto da RAGIONE_SOCIALE è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 41 della Carta della UE in ragione della mancata instaurazione del contraddittorio preventivo e per avere la CTR interpretato la cd. prova di resistenza in contrasto con quanto sancito da Cass. S.U. n. 24823 del 2015, pur vertendosi in materia di tributi armonizzati.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR respinto le doglianze relative alla contestata inesistenza delle prestazioni di cui alle fatture emesse dai fornitori, basandosi esclusivamente sull’asserita mancanza di organizzazione dei medesimi, nonostante non sia mai stato svolto alcun controllo su di essi e non sia stato mai svolto il contraddittorio finalizzato ad individuare le prestazioni.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2727 cod. civ. e dell’art. 62 sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427, per avere la CTR ritenuto provata l’inesistenza delle prestazioni sulla base del solo presupposto dell’asserita inesistenza dell’organizzazione in capo ai fornitori (solo affermata e non verificata da AE), in chiara violazione dei principi in materia di presunzioni.
Il primo motivo di ricorso, concernente la violazione del contraddittorio endoprocedimentale, è inammissibile.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (e in fattispecie, come quella di cui si discute, anteriori all’introduzione dell’art. 6 bis della l. 27 luglio 2000, n. 212), il necessario contraddittorio procedimentale di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 è previsto dalla legge a pena di nullità solo ed esclusivamente nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività e non anche per le verifiche cd. a tavolino.
2.2. Con riferimento a queste ultime soccorre la previsione di Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015, per la quale, con riferimento ai tributi cd. non armonizzati, « non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale », mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, « l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa » (cd. prova di resistenza).
2.3. Nel caso di specie, non è dubbio che l’accertamento sia stato effettuato a tavolino, sicché una questione di nullità dell’avviso di accertamento per violazione del contraddittorio preventivo si pone unicamente con riferimento all’IVA.
2.4. Ciò premesso la società contribuente si duole essenzialmente del fatto che la CTR non avrebbe valutato la prova di resistenza fornita dal contribuente in ordine all’inesistenza delle fatture contestate; tale prova consisterebbe nella mancata effettuazione del controllo presso i fornitori.
2.5. Orbene, va in primo luogo evidenziato che la CTR si è limitata ad escludere la necessità di un contraddittorio preventivo e ad
affermare che tale contraddittorio si rende necessario, con riferimento ai tributi armonizzati, solo allorquando il contribuente abbia dedotto una valida prova di resistenza (sottintendendo, pertanto, che il contribuente non ha articolato detta prova).
2.6. Secondariamente, deve sottolinearsi che il contribuente non ha trascritto e allegato le proprie difese nei gradi di merito, sicché non può affermarsi che egli abbia dedotto alcuna valida prova di resistenza, avente le caratteristiche correttamente indicate dalla CTR. Del resto, le contestazioni di RAGIONE_SOCIALE in questa sede attengono più che altro alla validità delle presunzioni poste da AE a fondamento dell’avviso di accertamento, senza integrare una vera e propria prova di resistenza, che -nel caso di specie -avrebbe dovuto riguardare l’effettiva esistenza dei soggetti emittenti le fatture.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce motivazione inesistente o apparente in ordine alla contestata fittizietà dei fornitori, cui la CTR sarebbe giunta sulla base di affermazioni inconsistenti.
3.1. Il motivo va disatteso.
3.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019).
3.3. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata non può certo dirsi apparente, atteso che la CTR ha esaminato le posizioni dei singoli fornitori e, con motivazione certamente sintetica, ma logica e senza dubbio rispettosa del minimo costituzionale, ha
ritenuto la fittizietà dei fornitori e l’oggettiva inesistenza delle prestazioni.
3.4. Del resto, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
3.5. Ne consegue che, nella parte in cui la ricorrente si duole del mancato esame delle proprie contestazioni, il motivo è anche inammissibile, perché tende indebitamente a trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
Il terzo motivo, con il quale si denuncia la violazione delle regole in tema di presunzioni, va ugualmente disatteso.
4.1. È noto che l’accertamento tributario, sia con riferimento all’imposizione diretta che all’IVA, può fondarsi anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o
incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, secondo comma cod. civ. (cfr. Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010).
4.2. Nel caso di specie (e indipendentemente dall’improprio richiamo del contraddittorio ex art. 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993, disposizione dettata in materia di studi di settore), la CTR si è puntualmente adeguata ai superiori principi di diritto e, con logica valutazione di merito, insindacabile in questa sede con la proposizione di una censura di violazione di legge, ha legittimamente ritenuto attendibili le presunzioni addotte dall’Ufficio.
4.3. Ancora una volta, la ricorrente si duole non già della legittimità della decisione, quanto del merito della controversia, che non può più essere messo in discussione in questa sede.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
5.1. La ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 130.727,00.
5.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 08/10/2024.