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Onere della prova fatture false: la Cassazione decide

La Cassazione, con l’ordinanza n. 5301/2024, ha stabilito che in presenza di gravi indizi di operazioni inesistenti, l’onere della prova si sposta sul contribuente, che deve dimostrare l’effettività delle transazioni. Un ricorso basato su prove documentali omesse è inammissibile se non rispetta il principio di autosufficienza.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Fatture False: La Cassazione Chiarisce Quando Spetta al Contribuente

In materia fiscale, la questione dell’onere della prova per fatture false o relative a operazioni inesistenti è da sempre un terreno di scontro tra contribuenti e Amministrazione Finanziaria. Con la recente ordinanza n. 5301 del 28 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali, chiarendo quando la responsabilità di dimostrare l’effettività di un’operazione commerciale ricade interamente sull’impresa. La decisione offre spunti cruciali per comprendere come difendersi correttamente in caso di accertamento fiscale.

I Fatti del Caso: Una Complessa Controversia Fiscale

Una società operante nel settore degli eventi e spettacoli si è vista notificare tre avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per gli anni d’imposta 2008, 2009 e 2010. L’amministrazione contestava la deducibilità di costi e la detraibilità dell’IVA relative a fatture emesse da un’altra società, ritenendole documentazione di operazioni oggettivamente inesistenti.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società contribuente, annullando gli atti impositivi. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione e la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato il verdetto. Il giudice d’appello ha ritenuto che una serie di gravi anomalie e irregolarità contabili, emerse dal confronto tra la contabilità delle due società, costituissero prova sufficiente della fittizietà delle operazioni. Tra queste irregolarità figuravano:

* Fatture registrate solo dalla società contribuente e non dall’emittente.
* Importi differenti indicati nelle medesime fatture registrate dalle due parti.
* Pluralità di fatture con lo stesso numero progressivo.
* Fatture con un numero successivo all’ultima annotata nel registro vendite dell’emittente.
* IVA portata a credito dalla contribuente ma mai versata all’erario dall’emittente.

A fronte di questo quadro indiziario, la Commissione Regionale ha concluso che spettava alla società dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni, prova che non era stata fornita.

Il Ricorso in Cassazione e i Motivi di Impugnazione

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Violazione delle regole sull’onere della prova (art. 2697 c.c.): Si sosteneva che la Commissione Regionale avesse illegittimamente invertito l’onere probatorio, addossando alla contribuente le conseguenze della mancata dimostrazione, nonostante l’Agenzia delle Entrate avesse presentato solo sospetti non supportati da prove concrete.
2. Omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, n. 5, c.p.c.): La ricorrente lamentava che i giudici d’appello non avessero considerato delle ‘schede tecniche’ depositate, che a suo dire avrebbero potuto dimostrare la reale esecuzione delle prestazioni contestate.

Le Motivazioni della Suprema Corte sull’Onere della Prova per Fatture False

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti essenziali sull’onere della prova per fatture false.

In primo luogo, la Corte ha respinto la presunta violazione dell’art. 2697 c.c. I giudici hanno affermato un principio consolidato: l’Amministrazione Finanziaria può assolvere il proprio onere probatorio anche attraverso presunzioni e indizi, purché siano gravi, precisi e concordanti. Le numerose e significative anomalie contabili riscontrate nel caso di specie costituivano un quadro indiziario più che sufficiente a far presumere l’inesistenza delle operazioni.

Una volta che l’Ufficio fornisce una prova presuntiva così robusta, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo, per superare la presunzione, deve fornire la prova contraria, ovvero dimostrare concretamente l’effettività delle operazioni. La Corte ha sottolineato che non è sufficiente esibire la fattura o la prova del pagamento, poiché questi sono proprio gli strumenti tipicamente usati per dare un’apparenza di realtà a transazioni fittizie.

In secondo luogo, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo relativo all’omesso esame delle ‘schede tecniche’. La Corte ha spiegato che, ai fini del ricorso per cassazione, un ‘fatto storico’ decisivo non è un semplice documento o un’argomentazione difensiva, ma un preciso accadimento materiale. Inoltre, il ricorso è stato giudicato privo del requisito di ‘autosufficienza’, in quanto la società non aveva trascritto il contenuto di tali schede, impedendo alla Corte di valutarne la reale decisività senza dover consultare gli atti dei precedenti gradi di giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per le imprese, il messaggio è chiaro: di fronte a un accertamento fiscale che contesta l’esistenza di operazioni commerciali sulla base di un solido quadro indiziario, la difesa non può limitarsi a un approccio formale. Non basta produrre le fatture e le contabili di pagamento. È necessario essere in grado di fornire prove concrete e sostanziali che attestino la reale esecuzione della prestazione o della fornitura, come contratti dettagliati, documenti di trasporto, stati di avanzamento lavori, corrispondenza commerciale o qualsiasi altro elemento idoneo a dimostrare che l’operazione non è stata una mera finzione cartolare.

Quando si inverte l’onere della prova in caso di fatture per operazioni inesistenti?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova si sposta sul contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi probatori, anche in forma di indizi gravi, precisi e concordanti, che supportano la tesi che l’operazione fatturata non sia mai stata effettuata.

È sufficiente esibire la fattura e la prova del pagamento per dimostrare l’effettività di un’operazione contestata?
No. La Corte ha chiarito che la mera esibizione della fattura o la dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti non è sufficiente a superare la presunzione di fittizietà, poiché questi sono gli espedienti normalmente utilizzati per far apparire reale un’operazione inesistente.

Perché il motivo di ricorso sull’omesso esame di documenti è stato dichiarato inammissibile?
Il motivo è stato dichiarato inammissibile per violazione del principio di ‘autosufficienza’. La società ricorrente non ha trascritto nel ricorso il contenuto dei documenti (le ‘schede tecniche’) che asseriva fossero stati ignorati, impedendo così alla Corte di Cassazione di valutarne la rilevanza e la decisività senza dover accedere ad altri atti processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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