Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18569 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18569 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2346/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 4714/23/21 depositata il 08/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4714/23/21 del 08/06/2021, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 192/03/20 della Commissione tributaria provinciale di Benevento (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2016.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione della utilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE, evidenziando che: a) la sentenza impugnata aveva esaminato solo alcuni elementi indicati nel processo verbale di constatazione (di seguito PVC), senza approfondirli e senza valutarne appieno la valenza probatoria; b) dal PVC si evinceva che RAGIONE_SOCIALE aveva emesso fatture nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ed aveva ricevuto fatture da parte della RAGIONE_SOCIALE, con anomali passaggi di denaro tra i diversi soggetti (da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE) costituiti da bonifici di un importo complessivamente similare; c) i passaggi di denaro che provenivano e confluivano in RAGIONE_SOCIALE «erano, in realtà, preordinati al ricevimento ed alla emissione di fatture per operazioni inesistenti»; d) NOME COGNOME, legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, era anche dipendente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; e) presso RAGIONE_SOCIALE erano state acquisite fatture non riportate nei registri IVA di RAGIONE_SOCIALE, circostanza indicativa del
fatto che le fatture erano utilizzate dalle società a seconda RAGIONE_SOCIALE occorrenze; f) il meccanismo fraudolento consentiva di dedurre costi e detrarre l’IVA a seconda RAGIONE_SOCIALE esigenze; g) la decisione dei primi giudici violava le regole di riparto dell’onere probatorio, gravando quest’ultimo sulla società contribuente; h) le prove fornite dalla società contribuente in ordine all’esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni non erano costituite da valida documentazione, idonea a superare le presunzioni di cui all’avviso di accertamento; i) l’avviso di accertamento era stato legittimamente motivato per relationem al PVC.
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
NOME resisteva con controricorso.
Con decreto del 17/07/2023, questa Corte formulava proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Con istanza del 23/08/2023 la ricorrente chiedeva la decisione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE contesta violazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR illegittimamente invertito l’onere della prova.
1.1. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta che all’IVA, la legge – rispettivamente art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 – dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base
di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2,c.c. » (Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010).
1.3. Nel caso di specie, la CTR ha esaminato gli elementi presuntivi offerti da AE e, con valutazione logica e circostanziata, ha ritenuto detti elementi sufficienti a sostenere la pretesa erariale, con conseguente inversione dell’onere probatorio a carico della società contribuente.
1.4. Ne consegue la corretta applicazione della regola posta dall’art. 2697 cod. civ. e l’infondatezza del motivo in parte qua .
1.5. Per il resto, la ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
1.6. Sotto questo profilo, pertanto, il motivo è inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto in via subordinata rispetto al primo, si deduce violazione dell’art. 8, comma 2, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella l. 26 aprile 2012, n. 44, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto di dovere detrarre dai costi i ricavi fittiziamente conseguiti.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. La ricorrente, che ne ha il relativo onere, non ha dedotto di avere proposto la presente censura nelle fasi di merito del giudizio, trascrivendo le parti degli atti dove la questione è stata affrontata e indicando specificamente i luoghi in cui detti atti trovano collocazione nel fascicolo d’ufficio.
Deve, pertanto, ritenersi che la censura sia stata proposta per la prima volta in sede di legittimità, con conseguente inammissibilità per novità, involgendo altresì la trattazione di una questione di diritto che presuppone un accertamento di fatto non compiuto dal giudice di merito (Cass. n. 15196 del 12/06/2018).
Con il terzo motivo di ricorso si contesta violazione dell’art. 7, comma 1, della l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di considerare che il processo verbale di constatazione (PVC) notificato a RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stato notificato alla RAGIONE_SOCIALE e non sarebbe riportato né nel PVC, né nell’avviso di accertamento notificati a quest’ultima, con conseguente nullità dell’atto impositivo.
4.1. Il motivo è inammissibile per una duplice ragione.
4.2. In primo luogo, la censura pecca di specificità: secondo la giurisprudenza di questa Corte, affinché il principio di autosufficienza sia rispettato occorre che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno RAGIONE_SOCIALE censure, anche per riassunto, e sia specificamente segnalata
la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. S.U. n. 8950 del 18/03/2022; Cass. n. 12481 del 19/04/2022).
4.3. Ciò non è avvenuto nel caso di specie, non essendo stati trascritti e allegati il PVC e l’avviso di accertamento notificati alla società contribuente, mancando altresì l’indicazione dello specifico luogo in cui rinvenirli all’interno del fascicolo d’ufficio.
4.4. Il motivo è, altresì, inammissibile perché tende ad avvalorare un vizio di violazione di legge (il difetto di motivazione dell’atto impositivo) ponendosi in contrasto con un accertamento in fatto della CTR. Invero, la sentenza impugnata afferma testualmente: «il pvc notificato alla società contribuente riproduce gli elementi essenziali dell’attività di verifica svolta nei confronti RAGIONE_SOCIALE ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Da ciò discende che l’avviso di accertamento impugnato risulta correttamente e compiutamente motivato per relationem al pvc redatto nei confronti della società (…)».
In conclusione, il ricorso va rigettato e la società contribuente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo, avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 87.313,00.
5.1. La società contribuente va, altresì, condannata, ai sensi dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., richiamati dall’art. 380 bis cod. proc. civ., al pagamento RAGIONE_SOCIALE somme aggiuntive pure liquidate in dispositivo.
5.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese di prenotazione a debito e alla somma di euro 3.000,00 a titolo di responsabilità aggravata; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024.