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Onere della prova: fatture false e oneri del Fisco

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17412/2025, chiarisce la ripartizione dell’onere della prova in caso di operazioni oggettivamente inesistenti. Se l’Agenzia delle Entrate fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, spetta al contribuente dimostrare l’effettività delle operazioni. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva erroneamente svalutato gli indizi del Fisco, ritenendoli un mero ‘teorema astratto’, riaffermando che la sola esibizione della fattura non è sufficiente a superare la presunzione di falsità.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova e Fatture False: la Cassazione Chiarisce

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel contenzioso tributario: l’onere della prova in caso di contestazione di costi derivanti da operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. La decisione stabilisce con chiarezza che, una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha fornito un quadro indiziario solido, la palla passa al contribuente, che non può limitarsi a esibire le fatture per dimostrare la propria buona fede e l’effettività delle operazioni.

Il Caso in Esame: Fatture per Prestazioni Mai Eseguite

Il caso ha origine da due avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a una ditta individuale operante nel settore del trattamento di metalli. L’Ufficio contestava la deducibilità di costi relativi a fatture emesse da un’altra società, sostenendo che le operazioni commerciali sottostanti non fossero mai state realmente eseguite.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, accogliendo i suoi ricorsi. La Commissione Regionale, in particolare, aveva ritenuto che le prove presentate dall’Agenzia delle Entrate non fossero sufficienti, liquidandole come un ‘teorema astratto’ privo di riscontri puntuali e precisi. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra le altre cose, una violazione delle norme sull’onere della prova.

L’Analisi della Corte e l’Inversione dell’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione di merito, accogliendo il motivo di ricorso dell’Agenzia. I giudici di legittimità hanno chiarito un principio consolidato in materia: per contestare l’esistenza di un’operazione, l’Amministrazione Finanziaria può avvalersi di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Una volta che l’Ufficio ha assolto a questo compito, fornendo un quadro indiziario che fa ragionevolmente dubitare della realtà delle operazioni fatturate, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve quindi fornire la prova contraria, dimostrando in modo concreto e inequivocabile che le prestazioni o le cessioni di beni sono state effettivamente eseguite.

La Prova a Carico del Contribuente

Secondo la Corte, non è sufficiente per il contribuente produrre la fattura o le scritture contabili. Questi documenti, infatti, sono spesso utilizzati proprio per dare un’apparenza di realtà a operazioni fittizie. Neanche la dimostrazione dell’avvenuto pagamento è, di per sé, risolutiva. È necessario, invece, fornire elementi materiali che attestino l’effettiva esecuzione della prestazione, come documenti di trasporto, stati di avanzamento lavori, corrispondenza commerciale o qualsiasi altro elemento idoneo a dimostrare che l’operazione non è stata solo cartolare.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha cassato la sentenza impugnata perché il giudice di secondo grado ha commesso un duplice errore. In primo luogo, ha erroneamente negato la rilevanza indiziaria degli elementi prodotti dall’Agenzia delle Entrate, bollandoli aprioristicamente come un ‘teorema’ senza analizzarli nel merito. In secondo luogo, ha omesso di valutare adeguatamente tali indizi, che, secondo la Cassazione, erano invece dotati dei requisiti richiesti dalla legge per costituire una prova presuntiva valida. La sentenza impugnata è stata quindi annullata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi espressi dalla Cassazione, valutando correttamente il quadro indiziario e la conseguente distribuzione dell’onere della prova tra le parti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale per la lotta all’evasione fiscale basata sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Per le imprese, la lezione è chiara: la corretta tenuta della contabilità e l’esibizione delle fatture non sono uno scudo impenetrabile di fronte a contestazioni fiscali. È essenziale conservare e, se necessario, produrre tutta la documentazione extra-contabile che possa comprovare la reale esecuzione delle operazioni commerciali, specialmente quando si tratta di rapporti con fornitori la cui affidabilità potrebbe essere messa in discussione. La gestione documentale diventa quindi non solo un obbligo formale, ma uno strumento strategico di difesa.

Quale tipo di prova deve fornire l’Agenzia delle Entrate per contestare costi derivanti da operazioni inesistenti?
L’Agenzia delle Entrate non è tenuta a fornire una prova diretta, ma può basarsi su presunzioni semplici, a condizione che gli indizi presentati siano gravi, precisi e concordanti nel dimostrare la fittizietà delle operazioni.

Quando l’onere della prova si sposta sul contribuente?
L’onere della prova si sposta sul contribuente nel momento in cui l’Amministrazione Finanziaria ha fornito un quadro presuntivo solido e coerente che fa dubitare dell’effettiva esistenza delle operazioni contestate.

È sufficiente per il contribuente esibire la fattura e la prova del pagamento per dimostrare la realtà di un’operazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola esibizione della fattura, la regolarità delle scritture contabili o la prova del pagamento non sono sufficienti, poiché questi elementi sono spesso utilizzati proprio per dare una parvenza di realtà a operazioni fittizie. Il contribuente deve fornire prove materiali dell’effettiva esecuzione della prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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