Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21627 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22271/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE -intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA SEZ.DIST. BRESCIA n. 4833/25/19 depositata il 28/11/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4833/25/19 del 28/11/2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE liquidazione (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nei confronti della sentenza n. 300/01/17 della Commissione tributaria provinciale di Bergamo (di seguito CTP), che aveva rigettato i ricorsi riuniti proposti dalla società contribuente avverso tre avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative agli anni d’imposta 2010, 2011 e 2012.
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, gli avvisi di accertamento erano stati emessi in relazione a costi ritenuti indeducibili perché afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti ovvero non inerenti e a ricavi non dichiarati.
1.2. La CTR rigettava l’appello di COGNOME evidenziando che: a) gli avvisi di accertamento risultavano validamente motivati, riproducendo il contenuto essenziale del processo verbale di constatazione, peraltro già conosciuto dalla società contribuente; b) andavano confermate le riprese concernenti operazioni oggettivamente inesistenti (cessioni di materiali e noleggio di macchinari) intercorse con alcune società (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) prive di struttura e di mezzi idonei a fornire i beni indicati; c) andava, altresì, confermato il recupero di ricavi non dichiarati, concernenti lavori eseguiti dalla società contribuente ma con fatture emesse da società cartiere; d) dovevano, infine, essere confermate le riprese concernenti costi di cui non era stata sufficientemente documentata la deducibilità.
Avverso la sentenza di appello NOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso COGNOME deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato tutte le prove articolare dalla ricorrente.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione » (Cass. n. 6774 del 01/03/2022; Cass. n. 1229 del 17/01/2019; Cass. n. 27000 del 27/12/2016).
1.3. Nel caso di specie, la società contribuente si duole che la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe considerato la copiosa documentazione prodotta dalla ricorrente; documentazione che, peraltro, viene genericamente elencata, senza alcuna specifica indicazione, riguardante anche la sua reperibilità nel fascicolo d’ufficio , con conseguente palese violazione dal principio di autosufficienza (cfr. Cass. S.U. n. 8950 del 18/03/2022; Cass. n. 12481 del 19/04/2022).
1.4. Inoltre, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
1.5. Con il motivo proposto la ricorrente finisce per chiedere surrettiziamente la rivalutazione del merito della controversia: censura inammissibile in sede di legittimità, tanto più con la deduzione di un vizio di violazione di legge.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta la mancata applicazione del principio di inerenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: NOME avrebbe fornito la prova della effettiva esistenza ed inerenza dei costi sostenuti e non riconosciuti dal giudice di appello.
2.1. Il motivo è palesemente inammissibile per genericità.
2.2. In relazione ai costi non riconosciuti, la CTR ha sinteticamente ma esaustivamente spiegato le ragioni dell’indeducibilità: quanto alle spese di manutenzione degli automezzi, perché non è stato indicato il numero di targa dei veicoli; quanto all’acquisto del carburante, per mancata regolare compilazione RAGIONE_SOCIALE schede carburanti; quanto ai costi di vitto e alloggio, per mancata indicazione dei soggetti fruitori RAGIONE_SOCIALE prestazioni, dotati RAGIONE_SOCIALE relative lettere di incarico.
2.3. A fronte della puntuale motivazione della sentenza impugnata, COGNOME si è limitata a dedurre genericamente la sussistenza di valida documentazione giustificativa RAGIONE_SOCIALE spese, senza confutare nel merito le valutazioni espresse dal giudice di appello.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per l’essere la sua motivazione carente e contraddittoria, con specifico
riferimento all’assolvimento, da parte di NOME, dell’obbligo di motivazione dell’atto impositivo.
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. In primo luogo, la censura concernente il vizio motivazionale dell’atto impositivo integra una violazione di legge e non già un error in procedendo .
3.3. Secondariamente, la CTR ha chiaramente espresso le ragioni per le quali gli atti impositivi sono sufficientemente motivati e idonei a consentire alla società contribuente una completa difesa in giudizio, facendo riferimento per relationem ad un processo verbale di constatazione che è stato regolarmente notificato a RAGIONE_SOCIALE e, peraltro, in più parti riprodotto.
3.3.1. Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, « nel regime introdotto dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento » (Cass. n. 1906 del 29/01/2008; Cass. n. 28058 del 30/12/2009; Cass. n. 6914 del 25/03/2011; Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017; si veda anche Cass. n. 21066 del 11/09/2017).
3.3.2. Pertanto, la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto richiamato dall’avviso di accertamento non si realizza
necessariamente, con la pedissequa trascrizione RAGIONE_SOCIALE sue parti rilevanti nel contesto dell’atto impositivo, ma anche con la semplice indicazione, in forma riassuntiva, del suo contenuto essenziale, per come apprezzato e valutato dall’Amministrazione finanziaria e, quindi, posto a sostegno della pretesa impositiva.
3.3.3. Ne consegue che l’obbligo di allegazione riguarda i soli atti che non siano stati riprodotti nella loro parte essenziale nell’avviso di accertamento, con esclusione, altresì: a) di quelli cui l’Ufficio abbia fatto comunque riferimento, i quali, pur essendo considerati irrilevanti ai fini della motivazione, sono comunque utilizzabili per la prova della pretesa impositiva (Cass. n. 24417 del 05/10/2018); b) di quelli di cui il contribuente abbia già integrale o legale conoscenza (Cass. 9323 del 2017, cit.; Cass. n. 407 del 14/01/2015; Cass. n. 18073 del 02/07/2008), tra i quali rientrano certamente anche quelli comunicati al contribuente poi fallito, dovendosi presumere la conoscenza degli stessi da parte del curatore (Cass. n. 24254 del 27/11/2015; Cass. n. 20166 del 07/10/2016; Cass. n. 27628 del 30/10/2018).
3.4. Inoltre, secondo quanto affermato dal giudice di appello, gli avvisi di accertamento descrivono in maniera dettagliata le ragioni RAGIONE_SOCIALE singole riprese.
3.5. A fronte di tali specifici rilievi, la contribuente non spiega in alcun modo le ragioni per le quali gli avvisi di accertamento non le avrebbero consentito una puntuale difesa, restando la censura, ancora una volta, del tutto generica.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti, costituiti dalla copiosa documentazione prodotta dalla società contribuente e idonea a dimostrare i reali rapporti intrattenuti con le società asseritamente considerate cartiere.
4.1. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’Amministrazione finanziaria che contesta l’utilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti « ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo » (Cass. n. 28628 del 18/10/2021; conf. Cass. n. 18118 del 14/09/2016).
4.3. Grava, invece, sul contribuente l’onere di provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo (anche in questo caso) tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. n. 28628 del 2021, cit. ).
4.4. Ciò puntualizzato in punto di diritto, la CTR ha esaminato le presunzioni addotte da AE in ordine all’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni e le ha ritenute, con legittima valutazione di merito, del tutto idonee a determinare l’inversione dell’onere della prova. A questo punto grava sulla società contribuente la dimostrazione dell’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, peraltro con i limiti più sopra indicati e che il giudice di appello ha coerentemente applicato.
4.5. La sentenza impugnata si è, altresì, espressa sulla valenza probatoria dei DURC e dei contratti di appalto, sicché non sussistono fatti omessi e rilevanti non esaminati, risultando le considerazioni svolte dalla difesa della contribuente ancora una volta generiche, facendosi riferimento ad una non meglio precisata documentazione
prodotta, che non si trascrive né si segnala specificamente come presente agli atti del giudizio di merito (cfr. le già citate Cass. S.U. n. 8950 del 2022 e Cass. n. 12481 del 2022).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite indeterminato.
5.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio che si liquidano in euro 5.800,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 30/05/2024.