Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8116 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4112/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (MSTFLV47H20H501G), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. dell’UMBRIA -PERUGIA n. 395/2015 depositata il 06/07/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si evince quanto segue:
COGNOME NOME ha proposto distinti ricorsi avverso altrettanti avvisi d’accertamento mediante i quali l’amministrazione finanziaria ha contestato l’omessa dichiarazione di ricavi relativamente agli anni 2007/2010 a titolo di provvigioni maturate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
L ‘Ufficio si è costituito in giudizio concludendo per il rigetto dei ricorsi.
Con sentenza del 29.11.13 la Commissione Tributaria Provinciale ha respinto i ricorsi riuniti.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il contribuente.
La CTR dell’Umbria, con la sentenza in epigrafe, accoglieva parzialmente l’appello, ai sensi di cui alla seguente motivazione:
L’accertamento in questione consegue ad una verifica effettuata dalla Guardia di Finanza di Foligno, a sua volta collegata ad ulteriori verifiche svolte nei confronti della RAGIONE_SOCIALE con sede in San Marino (esercente il commercio di materiale di cancelleria), all’esito del quale sono state contestate al contribuente (agente-rappresentante della RAGIONE_SOCIALE) maggiori provvigioni non fatturate nonché l’assoggettamento ad IVA delle provvigioni fatturate non competendo l’esenzione ex art 7 e 9 dpr 633/72.
Rileva questa Commissione che, per quanto attiene ai maggiori ricavi non dichiarati, l’appello è da ritenersi infondato .
L’appello è, per contro, meritevole di accoglimento per quanto attiene all’IVA.
La non spettanza dell’esenzione dall’imposta è stata motivata dall’Ufficio sul presupposto che la Karnak, pur avendo sede in San Marino, in realtà era una società con stabile organizzazione in Italia, come confermato da una sentenza del Tribunale penale di Rimini emessa nei confronti dei suoi soci ed amministratori. Da ciò conseguirebbe che la società è soggetto passivo ai fini IVA in Italia e, quindi, che le provvigioni fatturate dal Lezi devono essere assoggettate all’imposta.
Orbene, si rileva al riguardo che, anche a voler ipotizzare che effettivamente la RAGIONE_SOCIALE abbia stabile organizzazione in Italia, circostanza peraltro non compiutamente provata non essendo dato conoscere quali siano stati i definitivi sviluppi della riferita sentenza del Tribunale di Rimini, è da presumere che il contribuente non fosse comunque nelle condizioni di percepire compiutamente tale difforme realtà.
È da ritenere, invero, che il mero agente di commercio non sia a conoscenza dei complessi meccanismi societari attrezzati dalla mandante, né possa esserlo utilizzando l’ordinaria diligenza, per cui costui ha fatto ragionevole affidamento sulle direttive da quest’ultima impartitegli circa la regolarità fiscale delle operazioni.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi; resiste il contribuente con articolato controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e 9 del DPR 633/72 in relazione all’art. 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
1.1. ‘L’Ufficio rilevava che non sussistevano presupposti per ritenere che la fatturazione, effettuata dal Lezi, per le provvigioni erogate dalla RAGIONE_SOCIALE potesse essere ricondotta alle ‘prestazioni di servizio connesse ad uno scambio internazionale relativa a beni in importazione’ non imponibili ai sensi dell’art. 9 punto 7 della DPR 633/72′. Nel PVC era stato ‘contestato al Lezi di ricevere provvigioni per la raccolta di ordini che venivano soddisfatti mediante spedizione di prodotti – che già al momento dell’ordine si trovavano in Italia’. ‘A fronte delle circostanziate deduzioni
dell’Ufficio, doveva essere il contribuente, che fatturava le prestazioni ritenendole non imponibili, a dover provare la sussistenza dei presupposti di non imponibilità’.
Secondo motivo: ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.’.
2.1. Nella parte della sentenza impugnata relativa alla sentenza del Tribunale di Rimini, ‘il collegio omette di valutare gli elementi emergenti dal procedimento penale, limitandosi ad una affermazione che non assume una posizione definita su una questione, la presenza o meno della stabile organizzazione, che ha rilevanza ai fini della decisione della controversia e che doveva essere oggetto degli autonomi poteri di valutazione che il giudice tributario deve esercitare’.
Entrambi motivi – che superano il vaglio di ammissibilità perché enunciano precise censure vertite in diritto, correttamente sussumendole sotto i corrispondenti paradigmi – sono fondati e meritano accoglimento.
3.1. Costituisce insegnamento ricevuto nella giurisprudenza di legittimità – da ultimo ribadito da Sez. 5, n. 10355 del 31/03/2022, Rv. 664308 -01 – quello a termini del quale, ‘in tema di IVA, l’onere di provare l’esistenza dei presupposti della deroga al regime di territorialità dell’imposta è a carico del contribuente, anche in ragione del principio generale secondo il quale l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è sempre a carico di chi invoca la predetta deroga’ (analogamente, quanto all’ambito delle cessioni intracomunitarie, Sez. 5, n. 15871 del 29/07/2016, Rv. 640662 -01).
3.2. La CTR non si è affatto attenuta a tale principio.
3.3. In aggiunta, essa – oltre ad aver pretermesso che il contribuente aveva prestato la sua attività per RAGIONE_SOCIALE in Italia in favore di clienti italiani con riferimento a merci di cui RAGIONE_SOCIALE aveva la disponibilità in Italia, senza dunque porre in essere attività in alcun modo connesse a scambi internazionali -ha finanche espressamente ricusato di verificare, com’era invece suo preciso compito fare, se RAGIONE_SOCIALE disponesse o meno di una stabile organizzazione in Italia, limitandosi a rilevare di non essere noti ‘ i definitivi sviluppi della riferita sentenza del Tribunale di Rimini’: in tal guisa, tuttavia, ha omesso di autonomamente esaminare, a prescindere da detta sentenza, i dati di fatto in sé e per sé addotti dall’Ufficio a sostegno della piena operatività di RAGIONE_SOCIALE in Italia, segnatamente, ma non esclusivamente, in ragione della totale disponibilità di RAGIONE_SOCIALE
3.4. Ancora, la CTR ha attribuito decisiva rilevanza alla buona fede del contribuente, stante il preteso affidamento riposto sulle ‘direttive’ ‘impartitegli’ dalla mandante. Tuttavia, nella specie, il contribuente era soggetto emittente le fatture.
Al riguardo, deve convenirsi che sull’emittente grava direttamente l’obbligo di osservare le norme in funzione delle quali imprimere il corretto regime fiscale alle operazioni economiche rappresentate in fattura, alla luce delle loro caratteristiche; pertanto, considerato che egli è meramente tenuto ‘ex lege’ ad applicare l’IVA in presenza di una prestazione obiettivamente imponibile, non può assumere efficacia scusante del mancato assoggettamento all’imposta, in violazione dell’art. 9 DPR n 633 del 1972, l’eventuale affidamento riposto in direttive impartitegli dal committente.
In ragione di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame, anche con riferimento alle questioni devolutivamente riproposte in
contro
ricorso. All’esito dovrà il giudice di rinvio pronunciare sulle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie integralmente il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria per nuovo esame e per la regolazione tra le parti delle spese di lite, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma, lì 13 marzo 2025.