Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16225 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16225 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
NOME COGNOME
Presidente
NOME LA ROCCA
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – COGNOME.
TANIA COGNOME
Consigliere
NOME
Consigliere
Ud. 1/30/05/2024 C.C. PU R.G. 23127/2017 –
Cron. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 23127/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e già RAGIONE_SOCIALE), nella persona del Curatore, rappresentato e difeso dal Prof. AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della EMILIA ROMAGNA, n. 956/11/2017, depositata in data 21 marzo 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso di accertamento con il quale , ai fini Irap, venivano ripresi a tassazione i «costi per servizi», in quanto aventi natura di costi per lavoro dipendente non deducibili ai fini dell’imposta ex art. 5, comma 1, del decreto legislativo n., 446 del 1997, e, ai fini Iva, l’indebita detrazione dell’imposta addebitata da parte del somministratore di manodopera, poiché riferita ad operazioni passive non assoggettabili all’imposta, in quanto non rilevanti perché rientranti nella voce «costi per il personale».
I giudici di secondo grado, in particolare, dopo avere ritenuto che i giudici di primo grado avevano ritenuto erroneamente che l’avviso di accertamento non fosse motivato, procedendo allo scrutinio nel merito della pretesa dell’Ufficio, hanno affermato che la prova dell’esistenza della somministrazione fraudolenta di manodopera spettava all’Ufficio e che i tre indici sulla base dei quali era stata ritenuta esistenza la somministrazione fraudolenta (stipula di contratti di appalto generici, assenza del requisito dell’organizzazione, antieconomicità RAGIONE_SOCIALE tariffe orarie) non davano la prova richiesta.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e memoria.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la nullità della sentenza per la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La pronuncia della Commissione tributaria regionale aveva sindacato un motivo di ricorso, non delibato dai giudici di primo grado, in quanto assorbito, senza la riproposizione da parte della società del detto motivo a mezzo di appello incidentale condizionato ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ.. Pertanto, senza la riproposizione da parte della società della censura sulla carenza di prova a cura dell’Ufficio della intermediazione illecita di manodopera, da proporre a mezzo di appello incidentale condizionato (essendo la società stata del tutto vittoriosa in appello), la Commissione tributaria regionale non poteva in alcun modo sindacare il suddetto motivo di ricorso.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Com’è noto, in tema di processo tributario, a carico della parte appellata vittoriosa in primo grado non sussiste alcun onere di specifica contestazione dei motivi d’appello, ai sensi degli artt. 57 e 58 del decreto legislativo n. 546 del 1992, essendo il «thema probandum» già fissato in primo grado. Unico suo onere è quello di riproporre le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, intendendosi altrimenti rinunciate, ex art. 56 del citato decreto legislativo n. 546 del 1992, che ricalca l’a rt. 346 cod. proc. civ.. (Cass., 30 novembre 2023, n. 33347; Cass., 9 ottobre 2020, n. 21808),
1.3 Deve precisarsi, al riguardo, che, nel processo tributario, l’art. 56 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non
specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento, come il corrispondente art. 346 cod. proc. civ., all’appellato e non all’appellante, principale o incidentale che sia, in quanto l’onere dell’espressa riproposizione riguarda, nonostante l’impiego della generica espressione «non accolte», non le domande o le eccezioni respinte in primo grado, bensì solo quelle su cui il giudice non abbia espressamente pronunciato, ad esempio, perché ritenute assorbite, non essendo ipotizzabile, in relazione alle domande o eccezioni espressamente respinte, la terza via, riproposizione/rinuncia, rappresentata dagli artt. 56 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e 346 cod. proc. civ., rispetto all’unica alternativa possibile dell’impugnazione, principale o incidentale, o dell’acquiescenza, totale o parziale, con relativa formazione di giudicato interno (Cass., 21 maggio 2020, n. 9343).
1.4 Ora, risulta dagli atti (pagine 3 e 4 del ricorso per cassazione e pag. 5 del controricorso) che la società aveva impugnato l’avviso di accertamento lamentando la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 e l’infondatezza della presunzione di fittizietà dei contratti di appalto, oltre che la mancata dimostrazione della partecipazione al meccanismo fraudolento; l’RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello insistendo sull’assolvimento dell’obbl igo motivazionale ed evidenziando l’inesistenza di un obbligo specifico, stabilito a pena di nullità, di confutare espressamente ogni eccezione e deduzione della società contribuente; la società si costituiva nel giudizio, manifestando, nelle controdeduzioni, la volontà di riproporre al Giudice la questione dell’infondatezza nel merito della pretesa tributaria, dedicando due paragrafi (i nn. 2 e 3) e oltre 20 pagine (a partire da pag. 9), con la premessa che si intendeva ribadire quanto dedotto nel precedente grado di giudizio; dunque è all’evidenza come la società appellata, nel caso in esame, abbia tempestivamente assolto all’onere previsto dalla norma citata , nelle controdeduzioni all’appello
dell’Ufficio, riproponendo i motivi di impugnazione già formulati in primo grado, senza manifestare alcuna rinuncia agli stessi.
1.5 Con specifico riferimento, poi, al vizio dedotto di cui all’art. 112 cod proc. civ., questa Corte ha pure precisato che nel processo tributario il divieto di ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio) posto dall’art. 57, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, riguardano eccezioni in senso tecnico e non le mere argomentazioni difensive, tendenti ad inficiare la sentenza sotto un profilo logico ulteriore rispetto a quello esposto in primo grado, atteso che le difese, le argomentazione e le prospettazioni con cui l’Amministrazione si difende dalle contestazioni già dedotte in giudizio non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso stretto (Cass., 3 febbraio 2021, n. 2413).
Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 vigente ratione temporis e degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. In punto di fatto era pacifico che la società contribuente si era avvalsa di manodopera a mezzo di appalti di servizio con varie società fornitrici e, a fronte degli elementi indiziari forniti dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale aveva affermato che l’Ufficio avrebbe dovuto fornire piena prova dell’effettiva sussistenza di tale illecita intermediazione. Era evidente che l’Ufficio aveva assolto al suo incombente probatorio indicando sia il disegno elusivo che la manipolazione degli schemi negoziali, mentre la società non aveva in alcun modo fornito spiegazione sulle ragioni economiche (al di là della mera elusione di imposta) RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate.
2.1 Il motivo è inammissibile, perché si tratta di una doglianza diretta, con evidenza, a censurare una erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE
risultanze probatorie di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
2.2 In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., 4 aprile2017, n. 8758; Cass., 2 agosto 2016, n. 16056; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987) e che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
2.3 Ed invero, nel caso di specie, non viene in rilievo la violazione RAGIONE_SOCIALE regole di diritto che l ‘RAGIONE_SOCIALE ricorrente assume essere state violate e le doglianze mirano a contestare l’accertamento in fatto operato dalla Commissione tributaria regionale, insindacabile in questa sede, stante che la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento
discrezionale del giudice di merito (cfr. Cass., 19 luglio 2021, n. 20553).
2.4 Mette conto rilevare, peraltro, in tema di onere probatorio, che questa Corte ha affermato che « In materia tributaria, costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che RAGIONE_SOCIALE modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale » (Cass., 13 aprile 2017, n. 9610; Cass., 20 giugno 2018, n. 16217 e, più di recente, Cass., 22 settembre 2022, n. 27709).
Per quanto esposto, il ricorso va rigettato e l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
3.1 Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa (ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile), disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale
versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 30 maggio 2024.