Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12957 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12957 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 13/05/2024
Oggetto: tributi -studi di settore -onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15909/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, n. 2736/01/15, depositata in data 17 dicembre 2015 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE , esercente l’attività di riparazione e manutenzione di macchine e apparecchi di sollevamento e movimentazione, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2004, con il quale si recuperavano IRES, IRAP e IVA oltre sanzioni, in base alla metodologia degli studi di settore, avuto riguardo allo studio di settore TD32U. In particolare, si disconoscevano le motivazioni fornite dalla società contribuente in sede amministrativa, che aveva giustificato lo scostamento dagli indici per effetto della corresponsione agli amministratori di emolumenti in via cumulativa a quelli riconosciuti agli stessi quali soci.
La CTP di Ravenna ha rigettato il ricorso.
La CTR dell’Emilia -Romagna, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello del la società contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che sussistono le gravi incongruenze, non potendo ritenersi giustificato il costo da emolumenti per gli amministratori, pari ad € 131.844,00, in quanto soci svolgenti attività lavorativa per la società.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a un unico motivo, cui resiste con controricorso l’Ufficio.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., dell’art. 62 -sexies d.l. 30 agosto 1993, n. 331, degli artt. 39 e 40 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 , dell’art. 25 d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, dell’art. 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
nonché degli artt. 2697, 2727 cod. civ. per avere il giudice di appello ritenuto fondato l’accertamento sulla base degli studi di settore. Osserva parte ricorrente come il giudice di appello non avrebbe vagliato la prova contraria offerta da parte contribuente e avrebbe attribuito efficacia di prova agli accertamenti standardizzati, senza tenere conto della fascia di mercato in cui opera la società contribuente.
Il ricorso è infondato nella parte in cui si deduce l’assenza di prova da parte dell’Ufficio sulla base degli accertamenti standardizzati risultanti dagli studi di settore. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza nasce in esito al contraddittorio (Cass., Sez. V, 18 agosto 2022, n. 24931), contraddittorio rispettato nel caso di specie, come emerso dalla sentenza impugnata , ove vi è evidenza dell’invito del contribuente a dar conto delle incongruenze emerse. Nel qual caso, incombe sul contribuente la contestazione e la prova contraria dell’esattezza e della pertinenza delle risultanze presuntive degli studi di settore, nonché della deduzione delle circostanze per le quali il volume d’affari dichiarato corrisponda alla realtà della propria attività nel periodo interessato (Cass., Sez. V, 21 dicembre 2021, n. 40936; Cass., Sez. V, 13 marzo 2019, n. 7123).
La ragione di tale interpretazione riposa sul fatto che la pregnanza indiziaria degli elementi presuntivi, ove consistenti nel mero scostamento dei redditi dichiarati dai parametri indicati negli accertamenti standardizzati è stabilita non ex lege , per effetto del puro scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati, bensì in esito proprio al contraddittorio con il contribuente, sul quale incombe l’onere di addurre ogni elemento utile in sede amministrativa (e in sede giurisdizionale) idoneo a superare la
presunzione di reddito determinata dalla procedura standardizzata (Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 769). Ne consegue che, instaurato il contraddittorio, l’Ufficio ha l’obbligo di motivare in relazione alle osservazioni poste da parte contribuente, assol vendo così all’obbligo di motivazione rafforzata che ricorre in caso di accertamento condotto sugli studi di settore (Cass., Sez. V, 14 novembre 2018, n. 29323; Cass., Sez. V, 23 maggio 2018, n. 12702), ma una volta assolto tale obbligo di motivazione, gli esiti del contraddittorio sono idonei a costituire prova della pretesa esercitata, in relazione al disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21754; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27617; Cass., Sez. V, 28 maggio 2020, n. 10134).
4. Il ricorso è, invece, inammissibile nella parte in cui si deduce omessa valutazione della prova contraria del contribuente, in quanto motivo volto a una rivalutazione delle prove da parte del giudice del merito. La sentenza impugnata ha ritenuto indimostrati gli assunti della società contribuente (fascia di mercato « di nicchia », peso di imprese concorrenti affiliate a grandi strutture a livello nazionale, assenza di impianti nuovi, acquisizione di commesse con prezzo ribassato). Il ricorrente, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758), chiedendo un nuovo apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice del merito (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8315).
5. Per le medesime ragioni è inammissibile il ricorso, nella parte in cui si lamenta l’omessa valutazione delle altre prove contrarie offerte
dalla società contribuente (quali la valutazione della nicchia di mercato in cui la stessa opera, circostanza, questa, peraltro espressamente presa in esame dal giudice di appello ), in quanto anch’essa censura che impinge nella valutazione delle prove, rimessa al giudice del merito.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 25 marzo 2024