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Onere della prova e studi di settore: la Cassazione

Una società contesta un accertamento fiscale basato sugli studi di settore. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’onere della prova per giustificare lo scostamento dai parametri ricade interamente sul contribuente, una volta instaurato il contraddittorio con l’Amministrazione Finanziaria. La Corte ha inoltre ribadito di non poter riesaminare nel merito le prove.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova negli Studi di Settore: la Cassazione fa il Punto

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta un reddito basandosi sugli studi di settore, su chi ricade l’onere della prova? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i ruoli e le responsabilità di Fisco e contribuente, ribadendo principi consolidati. Il caso riguarda una società operante nella manutenzione di macchinari che si è vista recapitare un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA a seguito di uno scostamento dai parametri del proprio studio di settore.

I Fatti del Caso: un Accertamento Basato sugli Studi di Settore

Una società a responsabilità limitata, specializzata nella riparazione di macchine per il sollevamento, ha ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2004. L’Amministrazione Finanziaria, utilizzando lo studio di settore TD32U, ha riscontrato un reddito dichiarato inferiore a quello ritenuto congruo. La società ha cercato di giustificare tale scostamento in sede amministrativa, adducendo come motivazione la corresponsione di emolumenti ai propri amministratori, che erano anche soci lavoratori.

L’Iter Giudiziario e l’Arrivo in Cassazione

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale hanno respinto le ragioni della società. In particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto ingiustificato il costo degli emolumenti agli amministratori, considerandolo una grave incongruenza. La società, non soddisfatta, ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e una errata valutazione delle prove, sostenendo che i giudici non avessero adeguatamente considerato le sue argomentazioni.

La Decisione della Corte: l’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso della società, confermando la validità dell’accertamento. I giudici hanno chiarito che la procedura di accertamento standardizzato tramite studi di settore si basa su un sistema di presunzioni semplici. Questo significa che i risultati degli studi non sono una prova assoluta, ma un forte indizio che, se non adeguatamente contestato, può fondare la pretesa fiscale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il fulcro della questione risiede nel corretto svolgimento del contraddittorio tra Fisco e contribuente. Una volta che l’Agenzia delle Entrate invita il contribuente a giustificare le incongruenze emerse, l’onere della prova si sposta interamente su quest’ultimo. È il contribuente che deve fornire elementi specifici, precisi e documentati per dimostrare che il suo volume d’affari dichiarato, seppur inferiore agli standard, corrisponde alla realtà operativa dell’azienda.

L’Ufficio, dal canto suo, ha un obbligo di ‘motivazione rafforzata’: deve cioè tenere conto delle osservazioni del contribuente e spiegare perché non le ritiene sufficienti a superare la presunzione. Una volta assolto questo obbligo, gli esiti del contraddittorio diventano prova sufficiente per sostenere l’accertamento.

Nel caso specifico, la Corte ha dichiarato inammissibile la parte del ricorso in cui la società lamentava l’omessa valutazione delle sue prove (come l’operare in una ‘fascia di mercato di nicchia’ o l’acquisizione di commesse a prezzi ribassati). Gli Ermellini hanno sottolineato che il loro ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di compiere un nuovo apprezzamento delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito. Il tentativo di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito non è consentito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del contenzioso tributario: di fronte a un accertamento basato su studi di settore, il contribuente non può limitarsi a contestazioni generiche. È essenziale preparare e presentare, già nella fase amministrativa del contraddittorio, prove concrete e circostanziate che spieghino le ragioni economiche e di mercato dello scostamento. L’onere della prova è un ostacolo che richiede una difesa ben strutturata e documentata fin dal primo momento. Attendere il giudizio per presentare le proprie ragioni in modo completo può rivelarsi una strategia perdente, soprattutto se si spera in una rivalutazione dei fatti in sede di Cassazione.

Un accertamento basato solo sugli studi di settore è sufficiente a provare un’evasione?
No, da solo non è una prova legale. Costituisce un sistema di presunzioni semplici che diventano una prova valida solo dopo che si è svolto il contraddittorio con il contribuente e l’Ufficio ha motivato in modo rafforzato le ragioni per cui non accoglie le giustificazioni fornite.

Cosa deve fare il contribuente per contestare efficacemente un accertamento da studi di settore?
Il contribuente ha l’onere della prova contraria. Deve contestare l’esattezza e la pertinenza dei risultati presuntivi e dedurre circostanze specifiche che dimostrino come il volume d’affari dichiarato corrisponda alla reale attività svolta, fornendo ogni elemento utile sia in sede amministrativa che giurisdizionale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove fornite dal contribuente che i giudici di merito non hanno considerato sufficienti?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che un ricorso che mira a una rivalutazione dei fatti e a un nuovo apprezzamento delle prove è inammissibile, in quanto trasformerebbe il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, cosa non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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