Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24697 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24697 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10562/2019 R.G.R. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME con elezione di domicilio digitale;
-controricorrente –
Per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria n. 3306/2018, depositata in data 25.10.2018, non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOMECOGNOME esercente la vendita di materiale edile, impugnava un avviso di accertamento relativo ad IRPEF, IVA ed
IRPEF. IVA
–
IRAP
Accertamento basato su
studio di settore
–
riparto oneri probatori.
IRAP dell’anno di imposta 2006, con il quale erano stati verificati, sulla base dello studio di settore TM11U, maggiori ricavi, con conseguente recupero a tassazione di IRPEF, IVA e IRAP, oltre sanzioni ed interessi.
La C.T.P. di Cosenza accoglieva il ricorso, ritenendo che l’ Ufficio si era limitato ad utilizzare in maniera acritica lo studio di settore, senza tenere in considerazione le peculiarità dell’attività del ricorrente.
La C.T.R. della Calabria, adita dall’Agenzia delle Entrate, rigettava -con la sentenza indicata in epigrafe -l’appello, ritenendo che la C.T.P. avesse correttamente applicato i principi in materia di distribuzione dell’onere della prova e che l’appellato avesse provato adeguatamente la sussistenza di circostanze specifiche (alluvione dell’anno 2000, con effetti sull’attività di impresa protrattisi negli anni successivi) idonee a superare la presunzione legale connessa agli studi di settore e che l’Ufficio non avesse adeguatamente motivato la ritenuta validità degli indici connessi allo studio di settore utilizzato, nonostante la specifica situazione dedotta e provata dal contribuente.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza di secondo grado, affidato a due motivi.
COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Per la decisione della causa è stata fissata l’udienza camerale del 2.7.2025, in prossimità della quale la parte controricorrente ha tempestivamente depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, rubricato « violazione dell’art. 39 d.p.r. 600/73 e dell’art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c .» l’Ufficio assume che la C.T.R. abbia erroneamente ritenuto che l’onere della prova gravasse sull’Ufficio e che quest’ultimo dovesse ulteriormente provare quanto sostenuto,
laddove era invece il contribuente a dover giustificare sia il rilevante scostamento dai parametri dello studio di settore, sia la mancanza di adeguata remunerazione dell’attività e ciò non era avvenuto, essendosi lo stesso limitato a generiche affermazioni. Anche durante la fase del contraddittorio, il contribuente si era limitato ad affermare di essere rimasto vittima di calamità idrogeologiche, di avere un’età avanzata e di aver operato in una situazione di mercato in crisi. La C.T.R. non aveva tenuto in alcuna considerazione l’istruttoria compiuta, che aveva evidenziato una incontestabile antieconomicità della gestione dell’attività, a fronte della quale il contribuente non aveva fornito giustificazioni concrete.
Con il secondo motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art. 62 sexies c. 3 D.L. 331/1993 e 10, c. 1, legge n. 146/1998, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c .», l’Agenzia delle Entrate lamenta che la C.T.R. non abbia tenuto in considerazione che il citato art. 62 sexies rinvia al secondo periodo della lettera d) del comma 1 dell’art. 39 del d.p.r. n. 600/73, posto che il legislatore, oltre ad inquadrare gli accertamenti basati sugli studi di settore tra quelli basati su presunzioni semplici, ha ulteriormente richiesto, per legittimare l’accertamento, che vi fossero ‘gravi incongruenze’ tra i ricavi dichiarati e quelli derivanti dagli studi di settore. Avendo l’Ufficio dato prova delle suddette incongruenze, spettava al contribuente fornire la prova contraria. La C.T.R., in presenza di giustificazioni inadeguate e non probanti, avrebbe dovuto ritenere pienamente dimostrata l’applicabilità dello studio di settore al caso concreto, avendo l’ U fficio fornito un’analisi dettagliata dell’incongruenza del reddito dichiarato, avvalorando la probabilità di un occultamento di ricavi di esercizio. La C.T.R. non aveva specificato con argomenti validi le ragioni per le quali riteneva che l’antieconomicità del comportamento del contribuente
non fosse sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie.
I motivi – da esaminarsi congiuntamente, in quanto si appuntano entrambi sulla violazione, da parte della C.T.R., dei criteri di riparto degli oneri probatori in materia di accertamenti basati sugli studi di settore – sono infondati.
Infatti, come si desume dalla motivazione della sentenza impugnata, i giudici del gravame, dopo aver richiamato i principi regolatori della materia e i pertinenti orientamenti giurisprudenziali di legittimità, hanno, contrariamente all’assunto della parte ricorrente, ritenuto gravare proprio sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria atta a superare la presunzione legale derivante dall’applicazione dello studio di settore e che nel caso concreto tale prova fosse stata adeguatamente fornita, consistendo la stessa nella ‘ alluvione nell’anno 2000 , con effetti sull’attività di impresa protrattisi negli anni successivi’ .
4.1. Quindi, la C.T.R. ha rilevato come il contribuente avesse provveduto a provare congruamente la sussistenza di specifiche circostanze giustificative, in assenza di contestazioni adeguate dell’Ufficio idonee a supportare la prospettata validità degli indici presuntivi connessi allo studio di settore utilizzati.
4.2. Non si ravvisa, pertanto, la dedotta violazione dei criteri di riparto degli oneri probatori, restando invece l’apprezzamento in fatto del giudice del merito insindacabile in sede di legittimità.
Il ricorrente per cassazione non può infatti rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la
valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v., ex multis , Cass. n. 32505/2023 e Cass. n. 9097/2017).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, con distrazione in favore del procuratore del controricorrente, dichiaratosi antistatario.
Poiché risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 6.500,00 per compensi, oltre rimborso forfetario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarre in favore dell’Avv. NOME COGNOME.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 2.7.2025.