Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33641 Anno 2024
Oggetto:Tributi
Irpef, Irap e Iva 2012
Indagini bancarie
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33641 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 7748 del ruolo generale dell’anno 202 Da
1, proposto
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
Contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio separato allegato al controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 4273/21/2020, depositata in data 25/09/2020;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1. L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto parzialmente l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza n. 12258/27/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente, esercente attività di dottore commercialista , avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio , previo p.v.c. della G.d.F. di Torre del Greco, aveva ripreso a tassazione nei confronti di quest’ultimo, per l’anno 2012, ai fini Irpef, Irap e Iva, maggiori ricavi non dichiarati rilevati a seguito di indagini bancarie sui conti intestati allo stesso e alla sua ex coniuge, in relazione a movimentazioni (in particolare versamenti) risultate ingiustificate.
2.In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR – nel riformare la sentenza di primo grado che aveva ritenuto, in base alla documentazione prodotta, non ricollegabili i contestati versamenti sui conti correnti riconducibili al Di Giacomo a pagamenti (anche in anticipo) di modelli F24 effettuati da quest’ultimo per conto dei clienti mancando la corrispondenza degli importi ed essendo il numero dei clienti, calcolati in almeno 85, incompatibile con il reddito dichiarato di euro 44.000,00 -ha osservato che: 1) non era necessaria una perfetta corrispondenza dei pagamenti di modelli F24 – pacificamente effettuati dal contribuente attingendo dal proprio conto corrente bancario – con i singoli versamenti per ritenere che si trattasse di operazioni poste in essere per conto dei clienti, pertanto, non costituenti reddito; 2) i dubbi in ordine all’entità del
reddito ingenerati dal numero di clienti calcolati in almeno 85 dal giudice di primo grado, dovevano ritenersi fugati alla luce della produzione documentale offerta dal contribuente in sede di gravame (e non contestata dall’Ufficio) , dalla quale emergeva che, per il 2012, il contribuente aveva presentato la dichiarazione dei redditi per 33 persone fisiche e 5 società di persone, numeri più compatibili con il reddito dichiarato; 3) sulle specifiche, documentate e verosimili osservazioni del contribuente, l’Agenzia aveva interloquito ‘ in modo assolutamente generico ‘ , non avanzando alcuna puntuale osservazione nei gradi di merito; 4) in accoglimento parziale dell’appello il maggior reddito accertato andava ridotto ad euro 8.771,83, importo corrispondente a quanto dallo stesso contribuente proposto nell’istanz a di conciliazione.
3.Il contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/92 nonché dell’art. 11 8 disp. att. c.p.c. per avere la CTR, con una motivazione apparente, accolto (parzialmente) l’appello facendo un generico riferimento ad una adeguata documentazione asseritamente non contestata dall’Ufficio – fornita dal contribuente per giustificare le contestate operazioni di versamento senza indicare quale fosse la documentazione esaminata ed effettuare alcuna autonoma valutazione della stessa. In tal modo, ad avviso della ricorrente, la motivazione della sentenza non renderebbe possibile l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice per pervenire alla decisione di annullamento (parziale) dell’avviso di accertamento.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2.Come precisato da questa Corte, «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza
un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 25456 del 2018; n. 22949 del 2018; Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021). Invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021).
1.3.Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo una sufficiente esposizione delle ragioni sottese all’accoglimento (parziale) dell’appello, ancorché l’illustrazione delle argomentazioni giustificative della decisione (al di là della loro fondatezza) risulti stringata e concisa. In particolare, il giudice di appello – a fronte della contestazione di maggiori ricavi in relazione a versamenti sui conti correnti bancari riconducibili al contribuente risultati non giustificati ha ritenuto che: 1) fosse plausibile la giustificazione offerta dal contribuente circa la correlazione dei versamenti contestati ad anticipazioni fatte, per conto dei clienti, per il pagamento dei Mod. F24 non essendo necessario che tra detti versamenti e l’importo dei Mod. F24 vi fosse una perfetta corrispondenza (‘ se, infatti, non è in discussione che il contribuente ha effettuato pagamenti di modelli F24 attingendo dal proprio conto corrente bancario non si comprendeva per quale ragione doveva esservi necessariamente perfetta corrispondenza con i singoli versamenti per ritenere che si trattasse realmente di operazioni poste in essere per conto dei clienti e quindi non costituenti reddito ‘); 2) alla luce della
‘poderosa’ produzione documentale fornita dal contribuente in appello e asseritamente non smentita dall’Ufficio, risultava la presentazione della dichiarazione dei redditi a cura del contribuente, con riguardo al 2012, per 33 persone fisiche e 5 società di persone, e dunque per un numero di clienti (rispetto a quello di 85 accertato dal giudice di prime cure) più compatibile con il reddito dichiarato; 3) in ordine alle specifiche, documentate e verosimili osservazioni proposte dal contribuente, l’Agenzia aveva interloquito ‘ in modo assolutamente generico’ non avanzando nei gradi di merito alcuna puntuale contestazione per cui andava ridotto il maggior reddito imponibile ad euro 8.771,83, importo corrispondente a quanto dallo stesso contribuente proposto nell’istanza di conciliazione. Trattasi dunque di un apparato argomentativo ben al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Cass., Sez. U, 8053/2014; Cass. sez. 5, Sentenza n. 11106 del 06/04/2022).
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 /73 e 51 del d.p.r. n. 633/72 in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., per avere la CTR -in violazione dei criteri distributivi dell’onere della prova -da un lato, ritenuto che la ‘poderosa’ documentazione prodotta dal contribuente in appello fosse idonea a giustificare i contestati versamenti, e, dall’altro , che ricadesse sull’Ufficio l’onere di confutare detta documentazione sebbene a fronte della presunzione legale di imputazione a ricavi delle movimentazioni bancarie risultate ingiustificate ricadesse sul contribuente l’onere di fornire la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero della estraneità delle stesse alla sua attività.
2.1.Il motivo è fondato.
2.2. Tanto la presunzione, stabilita dall’art. 51, secondo comma, n. 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di accertamento dell’IVA, quanto la presunzione di cui alla analoga norma dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. n. 600 del 1973, dettata in materia di imposte sui redditi – che peraltro hanno portata generale
essendo applicabili, non solo al reddito di impresa, ma anche al reddito da lavoro autonomo e professionale (Cass. n. 14041 del 2011; n. 11750 del 2008, n. 430 del 2008, n. 4601 del 2002)- presentano un contenuto complesso, consentendo di riferire tutti i movimenti bancari rilevati dal conto all’attività economica svolta dal contribuente, qualificando gli “accrediti” come ricavi, e gli “addebiti” egualmente come manifestazione di ricchezza in quanto considerati spese per corrispettivi versati per acquisti di beni e servizi reimpiegati nella produzione di maggiori ricavi di ammontare non inferiore agli importi prelevati: la presunzione legale “juris tantum”, può essere vinta dal contribuente soltanto se offre la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che gli accrediti e gli addebiti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che vengano indicati e dimostrati dal contribuente la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti e dei prelievi (Cass. n. 26692 del 2005; n. 20199 del 2010; n. 16650 del 2011; n. 26173 del 2011 – con riferimento all’art. 32 Dpr n. 600/73, in materia di imposte sui redditi; n. 15217 del 2012; n. 1418 del 2013; n. 6595 del 2013; n. 21303 del 2013; n. 20668 del 2014; n. 26111 del 2015; n. 30376/2018; n. 11762 del 2019. La presunzione legale in questione ha superato il vaglio di costituzionalità in relazione agli artt. 3 e 53 Cost. -sentenza Corte cost. n. 225 del 2005- cfr. Cass. n. 13036 del 2012. Vedi Corte cost. ord. n. 260 del 2000; Corte cost. ord. n. 173 del 2008; Corte cost. n. 228 del 2014).
2.3.Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass.
nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. sent. n.21303/2013; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10249 del 2017; Sez. 5, Sentenza n. 36257 del 2023).
2.4. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4829 del 11/03/2015). Tale prova contraria, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11102 del 05/05/2017) Se dunque il contribuente, al fine di adempiere all’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, deve dimostrare in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, anche il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., Sez. 6 -5,n. 14304 del 2021; n. 10480 del 03/05/2018; Sez. 5, n. 24356 del 2023).
2.5.Nella sentenza impugnata, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi in quanto – a fronte della presunzione legale di imputazione a maggiori ricavi dei versamenti sui conti correnti riconducibili al contribuente risultati non giustificati -ha ritenuto, da un lato, non necessaria per ricollegare i versamenti contestati ad assunte anticipazioni effettuate dal contribuente, per conto dei clienti, per pagamenti di Mod. F24, l’esatta corrispondenza di questi ultimi con i versamenti medesimi ( ‘ se, infatti, non è in discussione che il contribuente ha effettuato pagamenti di modelli F24 attingendo dal proprio conto corrente bancario non si comprendeva per quale ragione doveva esservi necessariamente perfetta corrispondenza con i singoli versamenti per ritenere che si trattasse realmente di operazioni poste in essere per conto dei clienti e quindi non costituenti reddito ‘ ) e la ‘poderosa’ documentazione prodotta dal contribuente idonea a giustificare i versamenti contestati (comprovando la stessa che, per il 2012, il contribuente avesse presentato la dichiarazione dei redditi per 33 persone fisiche e 5 società di persone, numeri più compatibili con il reddito dichiarato rispetto agli 85 clienti calcolati dal giudice di primo grado) e, dall’altro , l’Ufficio tenuto a confutare la documentazione prodotta da l contribuente (‘ sulle specifiche, documentate e verosimili osservazioni proposte dal ricorrente , l’Agenzia aveva interloquito in modo assolutamente generico non avanzando né in primo né in secondo grado alcuna puntuale ed efficace contestazione ‘) ; ciò sebbene, a fronte della presunzione legale di maggiori ricavi, ricadesse soltanto sul contribuente l’onere di fornire la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero della estraneità delle stesse alla sua attività.
3.In conclusione, va accolto il secondo motivo, rigettato il primo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione;
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 5 novembre 2024