Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19140 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19140 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 1151/2017 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Curatore;
– intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, sezione staccata di Salerno, n. 5487/05/16, depositata in data 13 giugno 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso presentato da COGNOME NOME, nella qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso di accertamento, con il quale, per l’anno di imposta 2007, all’esito di PVC redatto il 4 marzo 2011, erano state individuate n. 42 fatture, emesse da COGNOME NOME, titolare della ditta individuale «RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE», per l’importo complessivo di euro 1.593.103,38, in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti.
I giudici di secondo grado, dopo avere rilevato che la materia del contendere riguardava l’imposta Iva e gli accessori, hanno affermato che « Il calcolo effettuato per dimostrare il reale utilizzo della materia prima per il realizzo dei beni finiti dimostrerebbe la buona fede della Società che avrebbe ricevuto la merce, riportata in contabilità, senza rendersi conto di una fraudolenta situazione di evasione che si riportava ad un reato di danno a carico di altre aziende » e che « Tenuto conto delle consider azioni di ‘buona fede’ ipotizzate per il recupero dei costi e la mancanza, peraltro obiettiva in ragione della differente possibilità di indagini tra il processo penale e quello tributario, le contestazioni dell’Ufficio si rilevano non fondate. La circosta nza è confermata e suffragata dalla documentazione regolarmente acquisita agli atti processuali » (cfr. pagine 4, 5 e 6 della sentenza impugnata).
L’Agenzia delle Entrat e ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un motivo.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo ed unico mezzo deduce la violazione degli artt. 2729 e 2697 c.c. e dei principi in materia di onere della prova, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. L’indagine condotta dai verbalizzanti aveva fatto emergere in modo inequivocabile il ruolo di cartiera rivestito dalla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE: omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali; mancata istituzione di libri, registri e/o altro documento idoneo a rilevare gli atti di gestione posti in essere; omesso versamento dell’Iva; assenza di dipendenti e mezzi; la ditta risultata sconosciuta ai soggetti economici con i quali aveva avuto rapporti commerciali; il titolare era soggetto privo di qualsiasi cognizione tecnica del settore merceologico e non era stato in grado di fornire alcun nominativo di persone o aziende estere con cui aveva avuto rapporti commerciali, né alcuna indicazione circa la provenienza della disponibilità finanziarie da cui avrebbe avuto la provvista inziale di merci asserendo che si trattava di «suoi risparmi»; lo stesso aveva dichiarato di intrattenere rapporti con aziende site in Lituania, pur non conoscendo alcuna lingua straniera, di non avere disponibilità di locali al di fuori della sede della ditta corrispondente alla propria abitazione, di non ricordare dove fosse la documentazione amministrativocontabile della ditta e di chi fossero i propri clienti. Nonostante ciò, la CTR non aveva applicato le circostanze note esposte nel PVC della Guardia di Finanza e aveva posto a carico dell’Ufficio l’ulteriore prova dell’assenza di buona fede in ordine alla predetta consapevolezza.
1.1 Il motivo è fondato.
1.2 Deve, al riguardo, ricordarsi che in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, come nel caso di specie, l’orientamento giurisprudenziale (cfr. tra le tante, Cass., 10 aprile 2018, n. 9851; Cass., 27 febbraio 2020, n. 5339; da ultimo, Cass., 5 settembre 2023, n. 25891; in linea con Corte di giustizia dell’Unione Europea, 1 dicembre 2022, in C-512/21) è consolidato nel ritenere che in tale tipo
di operazioni fraudolente, che presuppongono, da un lato, l’effettività dell’acquisto dei beni entrati nella disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice della fattura o della prestazione dei servizi in essa indicati e, dall’altro, la simulazione soggettiva, ossia la provenienza della merce o la prestazione del servizio da soggetto economico diverso da quella risultante dalla fattura emessa, ricade sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura è stata posta in essere da soggetto dive rso dall’emittente della fattura (senza necessità di individuazione del diverso soggetto), indicando gli elementi presuntivi o anche solo indiziari sui quali fonda la contestazione, tra cui, a titolo esemplificativo, che il cedente o prestatore del servizio, che ha emesso la fattura, era privo di idonea struttura organizzativa, ovvero di locali, di mezzi, di personale, di utenze (cfr., in materia di prova della natura di società cartiera, Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851, punto 6.8).
1.3 L’amministrazione finanziaria deve inoltre provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, che non si sostanzia nella prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso , né nella prova della sua piena consapevolezza della frode, ma solo che il contribuente « sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale » (in linea con la Corte di giustizia si precisa che egli ‘disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente’) (cfr. Cass., 10 aprile 2018, n. 9851, in motivazione).
Più specificamente, è stato affermato che « qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del
destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto » (cfr. Cass., 31 gennaio 2022, n. 2922; Cass., 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., 20 aprile 2018, n. 9851).
1.4 In proposito, questa Corte ha evidenziato che « L’onere probatorio dell’amministrazione ben può esaurirsi nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata (è, cioè, una cartiera), costituendo ciò, di per sé, elemento idoneamente sintomatico della mancanza di buona fede del cessionario, poiché l’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella frode induce ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole del contribuente » e che « Esclusa, infatti, una connotazione aprioristica e generalizzante di idoneità probatoria sul piano soggettivo alla sola qualità oggettiva di cartiera del soggetto interposto (in ciò superando il rigore dei citati precedenti), non può peraltro escludersi che l’effettività, suffragata da obbiettivi riscontri, dell’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti possa rientrare nel novero degli elementi, afferenti alla sfera del destinatario, su cui assolvere l’onere probatorio dell’Amministrazione » (Cass., 20 aprile 2018, n. 9851, in motivazione).
1.5 Ciò posto, il giudice tributario di merito, investito della controversia avente ad oggetto l’atto impositivo, deve previamente valutare, con
giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi motivanti l’atto medesimo, esaminandoli sia singolarmente sia nel loro complesso, ed esponendo adeguatamente l’esito di tale giudizio nella motivazione della sentenza. Quando egli ritiene, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità (non necessariamente di certezza), che detti indizi sono sufficienti a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, con riguardo, nel caso delle frodi carosello, all’esistenza dell’organizzazione fraudolenta, alla partecipazione ad essa del contribuente o, quanto meno, alla consapevolezza da parte sua di avvantaggiarsi della frode con danno dell’erario, la domanda dell’amministrazione deve ritenersi provata; con la conseguenza che si sposta a carico del contribuente, secondo la regola generale ricavabile dall’ art. 2727 cod. civ. e ss., e dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ., l’onere di provare eventuali fatti a suo favore; la mancata deduzione di idonea prova contraria, fin dall’atto introduttivo del giudizio, o l’insuccesso di essa, comportano l’accoglimento della pretesa del fisco fondata su valide presunzioni. In tale contesto, le dichiarazioni rilasciate da terzi; le risultanze delle indagini condotte nei confronti di altre società; gli atti trasmessi dalla guardia di finanza, risultanti dall’attività di polizia giudiziaria, senza esclusione di altri atti, se contenuti negli atti (come il processo verbale di constatazione) allegati all’avviso di rettifica notificato o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio, che il giudice tributario di merito è tenuto a valutare dandone adeguato conto nella motivazione della sentenza. Né in campo tributario sono previste limitazioni di efficacia degli atti trasmessi dalla polizia giudiziaria per il fatto, in particolare, che il difensore del contribuente non abbia partecipato alla formazione della prova racchiusa nell’atto trasmesso; il contenuto di tale atto, d’altronde, costituisce semplice indizio nel processo tributario, ed il
giudicante di merito è tenuto a prenderlo in considerazione, a vantaggio o contro il fisco, nel quadro delle complessive acquisizioni processuali, con piena facoltà d’intervento delle difese.
1.6 Tanto premesso, nella vicenda in esame, la Commissione tributaria regionale non ha fatto piena e corretta applicazione dei principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali.
1.7 Ed invero, dalla lettura del ricorso per cassazione, che, sul punto, rispetta il principio di autosufficienza, in quanto trascrive il contenuto del PVC (pagine 7 e 8 del ricorso per cassazione), emerge che l’Ufficio ha fondato il recupero del l’Iva , relativamente alle operazioni soggettivamente inesistenti sulla scorta di elementi presuntivi ritenuti gravi, precisi e concordanti: 1) l’ omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali; 2) la mancata istituzione di libri, registri e/o altro documento idoneo a rilevare gli atti di gestione posti in essere; 3) l’omesso versamento dell’Iva; 4) l’ assenza di dipendenti e mezzi; 4) la ditta risultava sconosciuta ai soggetti economici con i quali aveva avuto rapporti commerciali; 4) il titolare era soggetto privo di qualsiasi cognizione tecnica del settore merceologico e non era stato in grado di fornire alcun nominativo di persone o aziende estere con cui aveva avuto rapporti commerciali, né alcuna indicazione circa la provenienza della disponibilità finanziarie da cui avrebbe avuto la provvista inziale di merci asserendo che si trattava di «suoi risparmi»; lo stesso aveva dichiarato di intrattenere rapporti con aziende site in Lituania, pur non conoscendo alcuna lingua straniera, di non avere disponibilità di locali al di fuori della sede della ditta corrispondente alla propria abitazione; di non ricordare dove fosse la documentazione amministrativocontabile della ditta e di chi fossero i propri clienti.
1.8 Si tratta di elementi tipici (che danno luogo ad una presunzione di svolgimento di operazioni soggettivamente inesistenti) che comportavano l’inversione dell’onere della prova a carico della società contribuente, nel senso che quest’ultima avrebbe dovuto dimostrare
che «non avrebbe potuto sapere» pur avendo utilizzato la massima diligenza esigibile: questi elementi, invece, sono stati (illegittimamente) trascurati dalla Commissione tributaria regionale, con il conseguente errore di diritto, correttamente censurato dall’Agenzia ricorrente. I giudici di secondo grado, nella sostanza, non hanno fatto corretto applicazione dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio, omettendo di considerare un ‘ ulteriore varietà di elementi, introdotti dall’Agenzia in sede di accertamento e riproposti nella sede giudiziaria, sopra indicati, che riscontravano la natura di società cartiera della ditta individuale «RAGIONE_SOCIALE» e tali, dunque, da comportare un evidente dubbio sulla regolarità delle cessioni oggetto delle fatture in contestazione; per contro, la sentenza ha valorizzato elementi privi di rilievo, avendo affermato che « Il calcolo effettuato per dimostrare il reale utilizzo della materia prima per il realizzo dei beni finiti dimostrerebbe la buona fede della Società che avrebbe ricevuto la merce, riportata in contabilità, senza rendersi conto di una fraudolenta situazione di evasione che si riportava ad un reato di danno a carico di altre aziende » e che « Tenuto conto delle considerazioni di ‘buona fede’ ipotizzate per il recupero dei costi e la mancanza, peraltro obiettiva in ragione della differente possibilità di indagini tra il processo penale e quello tributario, le contestazioni dell’Ufficio si rileva no non fondate. La circostanza è confermata e suffragata dalla documentazione regolarmente acquisita agli atti processuali » (cfr. pagine 4, 5 e 6 della sentenza impugnata).
1.9 È certo, in ogni caso, e salvo la pretesa di un maggior rigore probatorio a seconda del livello di complessità dell’organizzazione della frode, in base al riscontro di una catena più corta o più lunga rappresentativa del numero di società partecipanti all’illecito , che l’accertamento giudiziale del concreto atteggiarsi delle varie fattispecie è generalmente affidato all’allegazione di prove indiziarie, che il giudice è tenuto a vagliare secondo i principi posti a presidio del governo delle
prove presuntive (Cass., 12 luglio 2023, n. 19981). Il procedimento logico-valutativo seguito dalla Commissione tributaria regionale non è, dunque, coerente con i criteri di ripartizione dell’onere probatorio come regolato dall’art. 2697 cod. civ. e con le regole di governo delle prove presuntive, poste dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nei limiti in cui questa Corte, nell’esercizio della funzione nomofilattica, può controllare tale processo (Cass., 15 novembre 2021, n. 34248; Cass., 13 febbraio 2020, n. 3541).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 14 maggio 2025.