Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33656 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33656 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25227/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA-MILANO n. 5816/2016 depositata il 11/11/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si apprende quanto segue:
In esito a PVC della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE, un avviso di accertamento con cui venivano contestate le fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE ritenute riferite ad operazioni soggettivamente inesistenti, per un ammontare di € 480.894,00, di cui IVA per € 96.179,00.
Il liquidatore della società impugnava l’atto eccependo il vizio di motivazione ed evidenziava che non risultava alcuna prova concreta del coinvolgimento nella frode della società. Asseriva che la verifica degli accertatori era stata effettuata esclusivamente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che non vi era stata alcuna irregolarità contabile delle scritture prodotte e che non emergevano prove di alcun tipo a carico della ricorrente.
L’Ufficio si costituiva sostenendo la fondatezza della pretesa e che la società RAGIONE_SOCIALE era fornitrice della società ricorrente di merci fatturate e non fatturate; le intercettazioni telefoniche dimostravano l’intento fraudolento. Segnalava che nell’ambito di procedimento penale aperto presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia era stata inoltrata comunicazione di reato nei confronti del rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, sig. COGNOME NOMECOGNOME per il reato di cui all’art. e del D.Lgs. 74/2000.
I primi giudici accoglievano il ricorso, condannando l’Ufficio alle spese di lite, sulla base della regolare tenuta della contabilità, sulla correttezza della tracciabilità delle operazioni bancarie, ed in considerazione della circostanza che la società inquisita, RAGIONE_SOCIALE era una società conosciuta con sede regolare, magazzini, officina e personale, e che i prezzi dei tubi praticati erano allineati a quelli di mercato.
L’Ufficio ha appellato la sentenza per vizio di motivazione, travisamento del fatti, falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ed erroneità della statuizione nel merito.
La CTR della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello, sulla base della seguente motivazione:
In via preliminare, la Commissione osserva che i primi giudici risultano aver fondato la decisione oggetto di appello ignorando la gran parte delle argomentazioni difensive esposte dall’Ufficio negli atti processuali, su cui non vi è stata la minima riflessione da parte degli stessi giudici di merito .
Con la sentenza n. 1364/2011, la Suprema Corte ha indicato in modo chiaro i principi che sovraintendono il regime della distribuzione dell’onere probatorio ‘onere della prova è così ripartito: l’Ufficio deve provare il fatto oggettivo che il contribuente ha acquistato o ricevuto una prestazione da un soggetto, mentre sul contribuente grava l’onere di provare l’effettività oggettiva e soggettiva dell’operazione contestata ovvero l’assenza di colpe intesa come non consapevolezza di partecipare al meccanismo fraudolento .
Più che evidenziare le argomentazioni o i documenti di parte privata in grado di soddisfare il descritto onere probatorio posto a carico della società contribuente,
ha di fatto ribaltato l’onere probatorio sulla parte pubblica, nonostante i gravi indizi di reato in relazione all’annotazione sui conti correnti bancari e postali di ingenti somme di denaro riconducibili all’emissione ed al pagamento di fatture per operazioni inesistenti e a comportamenti finalizzati all’evasione fiscale, confermati anche dalle numerose intercettazioni telefoniche disposte dalla Guardia di Finanza su disposizioni della Magistratura di Brescia.
In ragione delle suesposte argomentazioni, la Commissione, assorbiti gli ulteriori rilievi, ritiene doversi accogliere l’appello dell’Ufficio.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con quattro motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: ‘ Nullità della sentenza impugnata per inosservanza art. 36 co. II n. 1, 2 e 3 D.Lgs. n. 546/92 – ex art. 360 n. 4 c.p.c.’.
1.1. Nella sentenza impugnata, la CTR così scrive: ‘La Commissione uditi i rappresentanti delle parti che hanno ribadito quanto esposto nei rispettivi appelli e controdeduzioni, e riscontrata la documentazione versata agli atti, ritiene fondato l’appello e, per l’effetto, doversi riformare la sentenza di primo grado, per i motivi che qui di seguito si espongono, secondo criteri di succinta concisione’. ‘Risulta dal verbale del 21 ottobre 2016, udienza di discussione dell’appello che (doc. n. 6 del presente atto): “Sono comparsi: – per i contribuenti nessuno (non costituito in giudizio) -per l’Ufficio: COGNOME Laura autorizzata Ufficio. Su invito del Presidente il Relatore espone i fatti e le questioni della controversia. Dopo di che il Presidente ammette le parti alla discussione. Si dà atto che l’Ufficio chiede l’accoglimento del proprio appello ”. ‘Risulta dunque che l’odierna ricorrente non si è mai costituita nel giudizio d’appello, che non ha depositato
contro
deduzioni, che non ha partecipato alla pubblica udienza. La CTR nella sentenza emessa afferma, invece, che la odierna ricorrente avrebbe partecipato alla discussione e che, in detta sede, avrebbe ribadito quanto dedotto nelle proprie controdeduzioni in appello. La circostanza incide sulla validità della sentenza in quanto la CTR non solo erra nell’indicazione dei soggetti presenti, ma dà anche atto di aver esaminato, controdeduzioni riconducibili ad altro soggetto non parte del detto giudizio’.
1.2. Il motivo è manifestamente infondato.
L’affermazione della CTR di aver ‘ uditi i rappresentanti delle parti che hanno ribadito quanto esposto nei rispettivi appelli e controdeduzioni’ mira unicamente a render conto, in modo generico, dell’osservanza del contraddittorio orale in udienza pubblica, senza indicare le ‘parti’ e senza far loro corrispondere ‘appelli e controdeduzioni’.
D’altronde non indica la contribuente quale pregiudizio alle prerogative difensive abbia mai ricevuto da una siffatta affermazione, sì grave da minare la tenuta logico-giuridica della motivazione.
Fermo quanto ciò, la contribuente sembrerebbe peraltro paventare che la CTR abbia ‘esaminato’ non altrimenti identificate ‘controdeduzioni riconducibili ad altro soggetto non parte del giudizio’; ma si tratta di un’affermazione del tutto generica, poiché non indica a quale parte ed a quali controdeduzioni si riferisca, posto che, se fosse vera tale affermazione, il diverso atto di controdeduzioni doveva esser presente nel fascicolo d’ufficio, fondando per l’effetto l’onere, inadempiuto, della contribuente medesima di localizzarlo e riprodurlo.
Secondo motivo: ‘ Nullità della sentenza impugnata per inosservanza (Violazione e falsa applicazione) art. 36 D.Lgs. n. 546/92 ex art. 360 n. 4 c.p.c.’.
2.1. Nel merito, ‘ la sentenza emessa è nulla in quanto la CTR non ha indicato la ‘ratio decidendi”, limitandosi ‘a enunciare il risultato del proprio giudizio, senza in alcun modo indicare le ragioni formulando proposizioni meramente assertive, astrattamente riferibili a qualsiasi situazione oggetto di giudizio, prive di qualsiasi concreto aggancio con la situazione di fatto . Inoltre la CTR nulla riferisce sulla copiosa documentazione prodotta dalla contribuente che aveva indotto i primi Giudici a ritenere che l’odierna ricorrente aveva assolto l’onere probatorio sulla stessa gravante sulla legittimità della detrazione IVA operata’.
2.2. Il motivo è infondato.
La CTR non si limita ad enunciare il risultato del giudizio, ma addebitando alla CTP di aver invertito l’onere della prova (giacché questa, come ricordato qualche riga prima, nella parte in fatto, aveva annullato l’avviso ‘sulla base della regolare tenuta della contabilità, sulla correttezza della tracciabilità delle operazioni bancarie, ed in considerazione della circostanza che la società inquisita, RAGIONE_SOCIALE era una società conosciuta con sede regolare, magazzini, officina e personale, e che i prezzi dei tubi praticati erano allineati a quelli di mercato’) -fa espresso riferimento ad un grave compendio indiziario (comprovante, tra l’altro, ‘gravi indizi di reato’) fornito dall’Amministrazione, ma pretermesso dalla CTP, con riferimento (‘in relazione’) ‘all’annotazione sui conti correnti bancari e postali di ingenti somme di denaro riconducibili all’emissione ed al pagamento di fatture per operazioni inesistenti e a comportamenti finalizzati all’evasione fiscale’, il tutto come ‘confermat anche dalle numerose intercettazioni telefoniche disposte dalla Guardia di Finanza’: in buona sostanza, la CTR indica l’evidenza di ‘comportamenti finalizzati all’evasione fiscale’, che fondano su corrispondenti accordi, come da richiamo delle risultanze intercettative, consistenti nell’emissione e pagamento di fatture per
operazioni inesistenti, a loro volta corrispondenti alle rilevate movimentazioni (‘annotazion’ di conto).
Ne consegue che la motivazione esibita dalla sentenza impugnata è effettiva, sia dal punto di vista grafico che, oltretutto, contenutistico, traguardando la soglia del minimo costituzionale, solo violata la quale rileva il denunciato vizio di omessa od apparente motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 54 e 19 DPR 633/72 in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c.’.
3.1. Nel ricorso introduttivo la contribuente aveva ‘dedotto l’illegittimità dell’accertamento evidenziando che non sussisteva prova neanche indiziaria che le prestazioni indicate non fossero state eseguite. In particolare, aveva evidenziato: ‘La credibilità di questo operatore non era quindi dovuta a mancanza di diligenza o buona fede in capo alla sola Graffiti. RAGIONE_SOCIALE era una organizzazione stabile con impiegati, operai specializzati, autisti, sofisticati macchinari a controllo numerico per filettare i tubi, linea di produzione tiranti a trefolo, mezz propri quali muletti e camion, banchi di saldatura, linee di taglio, attrezzature, capannone, magazzino, materiale a terra in pronta consegna, in più c’era un rapporto fiduciario fra il cedente e cessionario dovuto al fatto che il titolare di RAGIONE_SOCIALE da tempo svolgeva lavorazioni meccaniche per conto della RAGIONE_SOCIALE, come anche per altre aziende concorrenti di RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE acquistava da queste aziende anche tiranti a trefolo che venivano prodotti da RAGIONE_SOCIALE su disegno specifico del cliente RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE commissionate a RAGIONE_SOCIALE. Detti tiranti venivano prodotti mediante macchinari di proprietà RAGIONE_SOCIALE, Di tutte le lavorazioni vi è evidente traccia essendo il foglio di lavorazione allegato ad ogni ordine e poi fascicolato con fattura e ddt RAGIONE_SOCIALE ”. ‘A tal fine aveva depositato (allegati n.
3 e 4 al ricorso introduttivo, quale doc. n. 2 del presente atto): ‘ -copia verbale chiarimenti intercettazioni telefoniche rese al GdF; fascicolo contenente copie fatture, ddt, tracciabilità pagamento, annotazione libro giornale e libro 1VA, fotografie della merce e dei dati del trasportatore, schede magazzino (così come già in possesso dell’Agenzia)”. ‘ La CTR, pertanto, nella sentenza non ha correttamente applicato le regole dell’onere probatorio, omettendo anche di esaminare gli elementi addotti dalla contribuente ‘. ‘Si aggiunga che l’Agenzia era perfettamente a conoscenza che il legale rappresentante della odierna ricorrente per gli stessi fatti, oggetto del presente giudizio con sentenza n. 587 del 9.2.2016 emessa dal Tribunale di Brescia era stato assolto perché il fatto non sussiste e che, per gli anni precedenti al 2008, la CTR di Milano -Sez. staccata di Brescia – con sentenza n. 2487/15 aveva annullato gli accertamenti emessi con riferimento ai rapporti intercorsi negli anni precedenti’.
3.2. Preliminarmente deve rilevarsi che il richiamo, non affatto circostanziato rispetto, quantomeno, ad imputato, imputazione, anni di riferimento e rito seguito, alla (non localizzata agli atti de fascicoli di merito) sentenza assolutoria del Tribunale di Brescia del legale rappresentante della contribuente (che neppure si specifica essere passata in giudicato e neppure prodotta) è, a causa di ciò, insuscettivo di essere valutato agli effetti dell’art. 21 -bis D.Lgs. n. 74 del 2000.
3.3. Ciò detto, il motivo è inammissibile e comunque infondato.
3.3.1. È inammissibile perché,
incoerentemente rispetto al paradigma evocato, non deduce, neppure graficamente, alcuna violazione o falsa applicazione delle norme rubricate;
in difetto di precisione ed autosufficienza, non indica donde specificamente risulti, agli atti del fascicolo di merito, che ‘RAGIONE_SOCIALE era una organizzazione stabile con impiegati, operai specializzati,
autisti ‘, né riporta o quantomeno riassume gli ‘allegati n. 3 e 4 al ricorso introduttivo’, viepiù dimostrandone la decisività (nel senso dell’inequivoca attitudine a sovvertire le conclusioni attinte dalla CTR);
comunque, anche a prescindere da ciò, mira a sollecitare a questa S.C., su un piano esclusivamente meritale, un nuovo e per la contribuente più favorevole giudizio di fatto, in violazione di natura e limiti del giudizio di cassazione, come momento di controllo della mera legalità delle pronunce ricorse.
3.3.2. È infondato perché la CTR -correttamente ricostruita la distribuzione degli oneri probatori in tema di operazioni soggettivamente inesistenti alla luce della giurisprudenza di legittimità -ha in definitiva evidenziato avere l’Amministrazione offerto la prova gravemente indiziaria della soggettiva inesistenza, non contrastata dalla contribuente con adeguata prova contraria.
Quarto motivo: ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.’.
4.1. ‘Era fatto decisivo del giudizio ed era stato oggetto di discussione tra le parti la circostanza se le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE fossero relative ad operazioni soggettivamente inesistenti e se l’odierna ricorrente fosse in buona fede ed avesse adottato l’ordinaria diligenza sulla effettiva operatività del soggetto considerato’. ‘La CTR, così motivando , incorre nel vizio dedotto. Si rinvia per lo svolgimento del processo a quanto già trascritto al motivo sub 2 che precede’. ‘La documentazione prodotta e le indagini effettuate dalla G.d.F erano prova sufficiente dell’esistenza delle cessioni ricevute’.
4.2. Il motivo è ad un tempo inammissibile ed infondato.
4.2.1. Anzitutto, è infondato a misura che non considera che in realtà la CTR ha esaminato i documenti complessivamente versati in atti dalle parti, ritenendo, da un lato, la sussistenza di ‘gravi
indizi di reato’, offerti dall’A.F., ‘in relazione all’annotazione sui conti correnti bancari e postali ‘ e dall’altro, l’inadeguatezza delle ‘argomentazioni’ e dei ‘documenti di parte privata’ -valorizzati dalla CTP, a suo dire, senza vaglio critico -a superare i primi.
4.2.2. A mente di ciò, il motivo, come preannunciato, incorre in inammissibilità, a misura che, addebitando in definitiva alla CTR di non aver (adeguatamente) considerato i fatti storici dell’esistenza ed operatività di RAGIONE_SOCIALE, non ne allega, ed ‘a fortiori’ non ne dimostra, la decisività.
Invero -rilevato che nella prospettazione dell’Ufficio (di cui dà atto la sentenza impugnata) RAGIONE_SOCIALE era ‘fornitrice della società ricorrente di merci fatturate e non fatturate’ l’allegazione primaria propriamente decisiva -su cui avrebbe dovuto vertere il motivo, che invece non appare averla centrata -era quella dell’estraneità della contribuente alla frode; allegazione primaria in funzione della quale acquisiva rilievo quella secondaria della realtà delle (i.e., di tutte le) operazioni siccome documentate attraverso le fatture, senza venire in conto il (non contestato ed anzi dall’Ufficio dato per presupposto) radicamento commerciale di RAGIONE_SOCIALE
La riprova si ha in ciò che la concreta presenza di RAGIONE_SOCIALE sul mercato di per sé, in via logica, non esclude essersi la medesima prestata, in parte, alla frode, con il conseguente mediato coinvolgimento della contribuente, in effetti fattualmente ritenuto dalla CTR, anche attraverso il richiamo di intercettazioni, sulla base di un’artata ‘annotazione sui conti correnti bancari e postali di ingenti somme di denaro riconducibili all’emissione ed al pagamento di fatture per operazioni inesistenti ‘.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese di lite, liquidate in euro 5.900,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 21 novembre 2024.