Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5342 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5342 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 662/2015 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ; NOME COGNOME ed NOME LIBERATORE
-intimati- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, SEZIONE STACCATA DI FOGGIA, n. 1068/26/14 depositata il 12 maggio 2014
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno d’imposta 2006, riprendeva a tassazione l’importo di 147.502 euro
per costi indeducibili e quello di 29.501 euro per IVA non detraibile, con conseguente applicazione RAGIONE_SOCIALE previste sanzioni.
L’atto impositivo faceva sèguito a una verifica fiscale condotta dalla tenenza di Margherita di Savoia della Guardia di RAGIONE_SOCIALE, dalla quale era emerso che la prefata società, a ristretta base proprietaria, aveva fatto uso di quattro fatture passive emesse in quell’anno dalla RAGIONE_SOCIALE, relative a operazioni di fornitura di prodotti vinosi ritenute in parte soggettivamente, in parte oggettivamente inesistenti.
Successivamente lo stesso Ufficio notificava a NOME COGNOME e ad NOME COGNOME, soci della RAGIONE_SOCIALE, due distinti avvisi di accertamento mediante i quali procedeva alla rettifica del reddito di partecipazione imputato loro per trasparenza ex art. 116 TUIR, come conseguenza del maggior reddito determinato in capo alla società.
La RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE impugnavano i suddetti avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la quale, con sentenze nn. 60/02/12 del 6 marzo 2012, 202/05/12 e 203/05/12 del 18 maggio 2012, rese nel contraddittorio dell’RAGIONE_SOCIALE, accoglieva i ricorsi proposti, rispettivamente, dalla società e dai soci.
Gli appelli separatamente spiegati dalla predetta RAGIONE_SOCIALE, riuniti in un unico procedimento, venivano respinti dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia -sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 1068/27/14 depositata il 12 maggio 2014.
Rilevava il giudice regionale: -che dai processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emergevano «numerosi indizi rilevanti per far ritenere che la RAGIONE_SOCIALE posto in essere una frode fiscale nell’àmbito della commercializzazione di prodotti vinosi» ; -che, tuttavia, «dall’esame del PVC redatto durante la verifica fiscale eseguita nei
confronti della RAGIONE_SOCIALE» non erano emersi elementi che potessero «far ritenere la consapevolezza della predetta società del comportamento fraudolento della RAGIONE_SOCIALE» ; -che «attraverso la contabilità ordinaria (fotocopie dei DDT, registrazione RAGIONE_SOCIALE fatture sia ai fini Iva che II.DD., pagamento RAGIONE_SOCIALE stesse con assegni di c/c) la RAGIONE_SOCIALE (veva) fornito ogni prova utile della effettività e della regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni in contestazione e, in assenza di altri indizi di segno contrario, riconducibili direttamente alla stessa RAGIONE_SOCIALE, non si desum (eva) no ulteriori elementi idonei a sorreggere la tesi dell’Ufficio» ; -che doveva, pertanto, «darsi atto della buona fede della RAGIONE_SOCIALE» .
Contro tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE, la COGNOME e il COGNOME sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., viene denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.
1.1 Si rimprovera alla C.T.R., con specifico riferimento all’operazione sottesa alla fattura n. 6 del 28 agosto 2006, di aver attribuito esclusivo rilievo, ai fini della decisione della causa, allo stato soggettivo di buona fede della RAGIONE_SOCIALE, laddove, trattandosi di operazione indicata come in parte oggettivamente inesistente, doveva anzitutto accertarsi se la stessa fosse realmente avvenuta. Segnatamente, al giudice regionale viene imputato di aver omesso di valutare le dichiarazioni rese dall’autista NOME COGNOME, indicato nel documento di trasporto ed escusso a sommarie informazioni dai militari della Guardia RAGIONE_SOCIALE in sede di verifica;
dichiarazioni dalle quali emergeva che in realtà la merce fatturata
non aveva mai viaggiato.
Con il secondo motivo sono prospettate, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 21, comma 7, D.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2967 ( recte : 2697 -n.d.r.) e 2727 c.c..
2.1 Si contesta alla C.T.R. di aver illegittimamente invertito l’onere della prova fra le parti, in quanto, a fronte degli elementi indiziari offerti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a supporto della dedotta inesistenza oggettiva dell’operazione commerciale contestata -costituiti, in particolare, dalle sommarie informazioni rese dall’autotrasportatore NOME COGNOME -, spettava ai contribuenti dimostrare l’effettività della suddetta operazione.
Avrebbe, quindi, errato il giudice d’appello nell’incentrare il proprio ragionamento decisorio sulla valorizzazione dello stato soggettivo di buona fede della società, ritenuta inconsapevole della frode fiscale posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE emittente.
3. Il primo motivo è inammissibile.
Come si ricava dall’epigrafe della decisione impugnata, gli appelli avverso le tre sentenze emesse dalla C.T.P. di RAGIONE_SOCIALE sui ricorsi separatamente proposti dalla RAGIONE_SOCIALE, dalla RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE sono stati depositati in date successive all’11 settembre 2012 (precisamente: il 30 ottobre 2012 quello contro la sentenza n. 60/2/12 del 6 marzo 2012, l’11 marzo 2013 quelli contro le sentenze nn. 202/5/12 e 203/5/12 del 18 maggio 2012).
Per tale ragione, secondo quanto stabilito dall’art. 54, comma 2, D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, deve ritenersi applicabile ratione temporis alla presente controversia la norma risultante dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 348 -ter c.p.c., in base alla quale, in presenza di una duplice conforme pronuncia di merito (cd. doppia conforme), il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4) c.p.c. (cfr. Cass. n. 11439/2018, Cass.
n. 26860/2014).
Detta norma, giova precisarlo, è applicabile anche al ricorso per cassazione avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale, dovendo ritenersi riferita unicamente alle disposizioni sull’appello la previsione contenuta nel comma 3 -bis dello stesso art. 54 innanzi citato (cfr. Cass. n. 6331/2016).
Il secondo motivo è fondato.
4.1 Con specifico riferimento all’operazione commerciale sottesa alla fattura n. 6 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il 28 agosto 2006 l’RAGIONE_SOCIALE aveva contestato alla RAGIONE_SOCIALE che tale operazione doveva considerarsi almeno in parte oggettivamente inesistente, come emerso, fra l’altro, dalle dichiarazioni rese dall’autista NOME COGNOME -raccolte nel corso della verifica fiscale condotta dai militari della Guardia di RAGIONE_SOCIALE -, il quale aveva riferito che il trasporto della merce indicata in quella fattura non era mai stato da lui effettuato, contrariamente a quanto risultava dal relativo documento.
4.2 Sul punto, la C.T.R. si è limitata ad osservare che le risultanze processuali inducevano a riconoscere la buona fede della RAGIONE_SOCIALE, in mancanza di elementi da cui poter desumere la sua consapevolezza circa il «comportamento fraudolento della RAGIONE_SOCIALE» , e che inoltre la predetta società, «attraverso la contabilità ordinaria (fotocopie dei DDT, registrazione RAGIONE_SOCIALE fatture sia ai fini IVA che II.DD., pagamento RAGIONE_SOCIALE stesse con assegni di c/c)» , aveva «fornito ogni prova utile della effettività e della regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni in contestazione» .
4.3 La soluzione offerta dal giudice d’appello appare errata.
4.4 Invero, per costante giurisprudenza di questa Corte, una volta che l’Ufficio dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non
potendo tale onere ritenersi assolto mediante l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (cfr. Cass. n. 28628/2021, Cass. n. 17619/2018, Cass. n. 17290/2017).
La suenunciata affermazione di principio rinviene il suo fondamento normativo nell’art. 54, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972 e nell’art. 39, comma 1, lettera d) (richiamato dal successivo art. 40, comma 1), D.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui le omissioni e le false o inesatte indicazioni contenute nella dichiarazione annuale presentata dal contribuente ai fini dell’IVA e RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi possono essere indirettamente desunte anche sulla base di presunzioni semplici, qualora queste siano gravi, precise e concordanti.
È stato, inoltre, ripetutamente affermato:
-che gli elementi assunti a fonte di una presunzione non devono necessariamente essere plurimi, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su un elemento unico, purché grave e preciso (cfr. Cass. n. 17596/2021, Cass. n. 14150/2021, Cass. n. 43/2019);
-che l’onere della prova gravante sull’Amministrazione Finanziaria con riferimento ad operazioni oggettivamente inesistenti non si estende anche alla mala fede del contribuente, in quanto, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se e in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo (cfr. Cass. n. 24345/2023, Cass. n. 2470/2023, Cass. n. 28628/2021, Cass. n. 22851/2020);
-che il giudice tributario di merito, ove sia investito della controversia sulla legittimità e fondatezza di un atto impositivo, è tenuto ad apprezzare singolarmente e complessivamente gli
elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; soltanto in un secondo momento, se ritiene che i suddetti elementi siano dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente (cfr. Cass. n. 35453/2023/ Cass. n. 28121/2023, Cass. n. 28628/2021).
4.5 Orbene, a fronte degli indizi addotti dall’RAGIONE_SOCIALE a dimostrazione dell’oggettiva fittizietà (quantomeno parziale) dell’operazione fatturata, la RAGIONE_SOCIALE, senza procedere a una disamina, anche solo sintetica, degli stessi, per un verso, ha soffermato la sua attenzione sulla ritenuta mancanza di prova della mala fede della RAGIONE_SOCIALE (laddove, alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità innanzi esposto, l’indicato profilo soggettivo è da considerare sussistente in re ipsa in ipotesi di operazioni oggettivamente inesistenti), per altro verso, ha reputato integrare prova sufficiente dell’effettività dell’operazione l’accertata regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili della società contribuente (in particolare, l’avvenuta registrazione della fattura in discorso) e dei mezzi di pagamento (assegni di conto corrente) da questa adoperati, pur trattandosi, alla luce di quanto si è avuto modo di chiarire sopra, di elementi non significativi al riguardo.
Risultando, in tal modo, falsamente applicate, nella concreta fattispecie, le norme in tema di riparto dell’onere probatorio in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, va disposta, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, perché proceda a un nuovo esame di merito uniformandosi al principio di diritto sopra espresso.
5.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385,
comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione