Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20551 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20551 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
Oggetto: Tributi
Dazi antidumping 2012
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 3308 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliate presso lo studio di quest’ultimo difensore in Roma , INDIRIZZO;
– controricorrenti – per la cassazione della sentenza della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della Lombardia, n. 2755/07/2018, depositata in data 15 giugno 2018; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera;
rilevato che:
-l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale della Lombardia aveva rigettato l’appello proposto dall’Ufficio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, nonché l’appello incidentale di queste ultime, avverso la sentenza n. 10229/47/2015 della RAGIONE_SOCIALE Tributaria Provinciale di Milano che, previa riunione, aveva accolto i ricorsi proposti dalle suddette società, rispettivamente importatrice e rappresentante indiretto, avverso: a) diversi avvisi di revisione di accertamento con i quali l’Ufficio, sulla base di indagini svolte dall’RAGIONE_SOCIALE a seguito di informazioni pervenute dalle Autorità filippine, aveva recuperato dazi antidumping in relazione ad importazioni, risalenti al 2012, di taluni elementi di fissaggio di acciaio inossidabile e di loro parti, ritenuti di origine da Taiwan, anziché come
dichiarato dalle Filippine, essendo risultati oggetto di un mero ‘trasbordo’ da un Paese all’altro senza aver subito nelle Filippine lavorazioni sostanziali atte a conferire ad essi una nuova origine; b) relativi atti di irrogazione sanzioni;
-in punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) gli accertamenti erano fondati su meri indizi atteso che la revoca dei certificati di origine Form A da parte RAGIONE_SOCIALE autorità filippine era intervenuta un anno dopo le importazioni in questione e la relazione NOME era successiva alla emissione degli atti impositivi impugnati né forniva certezze circa il reale produttore RAGIONE_SOCIALE viti; 2) mancava qualsiasi ‘ prova ulteriore ‘ non avendo l’Ufficio indicato con certezza il paese realmente d’origine della merce (Virgin Island o Taiwan), né avendo prodotto la prova dei precedenti trasbordi (la corrispondenza dei cartoni, del numero dei pezzi e del peso non costituiva prova sufficiente a dimostrare che nessuna trasformazione del prodotto fosse stata operata nelle Filippine) e dei prezzi di acquisto (sui quali avrebbe dovuto applicarsi il dazio antidumping essendo quelli praticati nel paese non preferenziale) ovvero qualunque altra prova fondante; come ritenuto dal giudice di prime cure, ‘ non era stato provato in modo inconfutabile e con prove evidenti -e non con semplici indizi- che i prodotti importati non avessero subito una sostanziale trasformazione nelle Filippine dando così luogo alla perdita dell’origine precedente e all’acquisto dell’origine da paese preferenziale’;
le società contribuenti resistono con controricorso;
le controricorrenti hanno depositato istanza di sospensione del procedimento ai sensi dell’art.1, comma 197, L.197/2022, dichiarando di volersi avvalere della definizione agevolata della controversia;
-all’udienza dell’8/03/2023, la Corte si riservava, ai sensi dell’art. 384, comma 3, c.p.c., assegnando al P.G. e alle parti termine di giorni trenta
dalla comunicazione della ordinanza per il deposito di osservazioni sulla questione rilevata d’ufficio della definibilità agevolata della controversia in materia di dazi ai sensi dell’art. 1, comma 197, della legge n. 197/22;
in data 29 marzo 2023 e in data 6 aprile 2023, rispettivamente il PG e l’RAGIONE_SOCIALE hanno depositato osservazioni in merito all’istanza di sospensione del giudizio;
in data 8 marzo 2023 e, in seconda riconvocazione in data 16 maggio 2023, con ordinanza interlocutoria, depositata il 10 luglio 2023, veniva sospeso il processo ai sensi dell’art. 1, comma 197, della legge n. 197/22 rinviando la causa a nuovo ruolo;
in data 17 ottobre 2023 le controricorrenti hanno depositato istanza di fissazione dell’udienza;
Considerato che
-con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 9 del Reg. CE n. 1073/99 e degli artt. 12 e 21 Reg. CE n. 515/97 per avere la CTR – richiamando, peraltro, in modo improprio, la sentenza della Corte di giustizia de 16 marzo 2017 n. C- 47/16 afferente al diverso tema dei presupposti per invocare la buona fede ex art. 220, par. 2, lett. b) del Reg. CEE n. 2913/92- confermato la illegittimità degli atti impositivi negando valore probatorio alla relazione RAGIONE_SOCIALE e richiedendo, al riguardo, prove supplementari da parte dell’Ufficio ancorché, a fronte RAGIONE_SOCIALE risultanze di atti ispettivi degli organismi RAGIONE_SOCIALE comunitari (come l’RAGIONE_SOCIALE), ricadesse sul contribuente l’onere della prova contraria circa la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di applicabilità del regime agevolativo; peraltro, ad avviso dell’RAGIONE_SOCIALE, il giudice di appello non avrebbe attribuito valenza alla intervenuta revoca da parte
RAGIONE_SOCIALE autorità filippine dei certificati di origine emessi in favore RAGIONE_SOCIALE società esportanti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE);
– il motivo è fondato;
costituisce, infatti, orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui «il certificato di origine RAGIONE_SOCIALE merci (FORM-A, o EUR-1), emesso dalle autorità del Paese di esportazione, previsto dall’art. 26 del Regolamento CEE 12 ottobre 1992, n. 2913 e dagli artt. 80 e ss. Del Regolamento CEE 2 luglio 1993, n. 2454, costituisce titolo di legittimazione esclusivo per esercitare il diritto di fruizione dello specifico regime doganale previsto in relazione all’origine del prodotto (” condicio sine qua non “), ma non ha efficacia di “prova legale assoluta” (” iuris et de iure “) della effettiva origine della merce importata dal Paese terzo che ha emesso il certificato, attesa, da un lato, l’assenza di obblighi di controllo in capo al Paese terzo e, dall’altro, la possibilità, per il Paese importatore, in presenza di ragionevoli dubbi, di contestare l’effettiva origine del prodotto importato e rifiutare, indipendentemente dalla regolarità formale del certificato, l’applicazione dello specifi co regime doganale» (Cass. civ. Sez V 30 ottobre 2013, n. 24439; si veda, altresì, Cass. civ., Sez V, 15 marzo 2013, n. 6637; Cass. civ., Sez V, 3 agosto 2012, n. 14032); Con la medesima pronuncia si è, peraltro, precisato che sia il rifiuto del beneficio di applicazione di tariffe preferenziali, sia il recupero ” a posteriori ” dei dazi esentati o ridotti, non sono subordinati all’annullamento o alla revoca del documento (certificato FORM-A od EURTARGA_VEICOLO1) da parte RAGIONE_SOCIALE autorità del Paese emittente, in quanto l’adozione RAGIONE_SOCIALE misure recuperatorie è legittimata anche solo in base alle risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini effettuate dagli organi ispettivi comunitari, secondo il disposto dell’art. 26 del Regolamento CEE 12 ottobre 1992, n. 2913, e dell’art. 94, par. 5, del Regolamento CEE 2 luglio 1993, n.
2454. Ne consegue che l’efficacia probatoria del documento può essere disconosciuta anche in difetto di un procedimento giudiziario volto ad accertarne la falsità ideologica;
-a l riguardo, si è affermato che l’applicazione del regime di agevolazioni tariffarie concesse in base ad un regime preferenziale di origine della merce presuppone la prova della effettiva origine della stessa che, in applicazione del principio affermato dalla sentenza della Corte di Giustizia del 14 maggio 1996, C-153/94 e C-204/94, può essere fornita unicamente attraverso il certificato EURTARGA_VEICOLO, il quale, tuttavia, è passibile di verifica da parte RAGIONE_SOCIALE autorità doganali dello Stato di destinazione; di tale certificato deve ritenersi l’inesattezza non solo quando risulti positivamente accertato che i prodotti non soddisfano al requisito essenziale della origine, ma anche ove all’esito RAGIONE_SOCIALE indagini non sia possibile disporre di elementi sufficienti per conf ermare l’origine degli stessi, in quanto altrimenti si ammetterebbe al beneficio dell’esenzione doganale merce di origine ignota. Detta inesattezza integra il presupposto dell’errore imputabile all’esportatore, con conseguente inversione dell’onere della p rova a carico del debitore per evitare la contabilizzazione a posteriori dei dazi dovuti, quando il certificato sia stato rilasciato sulla base di una dichiarazione non verificabile dell’esportatore (Cass. civ., Sez. V, 27 luglio 2012, n. 13496);
– si è, altresì, precisato che, i n caso di revoca di un’agevolazione daziaria, le operazioni di importazione vengono assoggettate ex post all’ordinario dazio antidumping, sicché è legittimo il recupero a posteriori del tributo, in quanto il venir meno di un’agevolazione, in deroga al regime ordinario di tassazione, costituisce rischio normale per l’operatore commerciale ai sensi dell’art. 2 del Regolamento CE n. 268 del 2006 (Cass. civ. Sez V, 23 maggio 2019, n. 14020; Cass. 26 novembre 2019, n. 30768);
– peraltro, questa Corte ha affermato che gli accertamenti compiuti dagli organi esecutivi della RAGIONE_SOCIALE, ai sensi del Regolamento Consiglio CEE 23 maggio 1999, n. 1073, per la loro formazione ed il valore di atti pubblici ad essi attribuibile, ben possono essere posti, anche da soli, a fondamento degli avvisi di accertamento per il recupero dei dazi doganali sui quali siano state riconosciute esenzioni o riduzioni , spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria in ordine alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di applicabilità del regime agevolativo ( ex plurimis, Cass. civ., Sez . V, 8 marzo 2013, n. 5892; Cass. civ., Sez. V, 6 luglio 2016, n. 13770; Cass., Sez. V, 21 aprile 2017, n. 10118;Cass. civ., Sez. V, 11 maggio 2018, n. 11441); in particolare, si è precisato che in tema di dazi doganali, l’art. 9, comma 2, del Regolamento (CEE) n. 1073 del 1999 attribuisce piena rilevanza probatoria alla relazione finale redatta dall’RAGIONE_SOCIALE all’esito RAGIONE_SOCIALE indagini RAGIONE_SOCIALE, considerandola espressamente “equipollente” alle relazioni amministrative redatte dagli ispettori dello Stato membro, tanto ai fini RAGIONE_SOCIALE “regole di valutazione” applicabili, quanto ai fini del “valore” probatorio da attribuire in base alla disciplina legislativa dello Stato membro, ma non pone alcun limite all’utilizzabilità, nei procedimenti amministrativi e giudiziari di tale Stato, RAGIONE_SOCIALE altre fonti di prova acquisite dall’ RAGIONE_SOCIALE nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini, come si evince dall’art. 9, comma 3, e dall’art. 10, comma 1, del medesimo Regolamento, i quali prevedono, rispettivamente, la trasmissione alle autorità degli Stati membri interessati di “ogni documento utile” acquisito e la comunicazione di “qualsiasi informazione” ottenuta nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini ( Sez. 5, Sentenza n. 2139 del 30/01/2020; v. anche Cass., Sez. V, 27 luglio 2012, n. 13496);
– nella sentenza impugnata la CTR non si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere illegittimi gli avvisi di accertamento in questione, affermando, da un lato, che le revoche dei certificati di origine Form A da parte RAGIONE_SOCIALE autorità filippine erano ‘in tervenute un anno dopo le importazioni de quibus’ e dall’altro che la relazione dell’NOME ‘ successiva agli atti in esame e.. non forniva certezze cica il reale produttore RAGIONE_SOCIALE viti… per cui non era ‘ da considerarsi elemento di prova d vertenz a’; peraltro, richiamando impropriamente la sentenza della Corte di giustizia del 16 marzo 2017, n. C-47/16) afferente al diverso tema dei presupposti per invocare da parte dell’importatore la buona fede ai sensi dell’art. 220, par. 2, lett. b) del codice doganale, il giudice di appello ha affermato che mancava ‘ qualsiasi altra prova ulteriore ‘ fornita dall’Ufficio che non aveva indicato… con certezza il paese realmente d’origine della merce (Virgin Island o Taiwan) né aveva provato i precedenti trasbordi o i prezzi di acquisto né tantomeno prodotto qualunque altra prova fondante; la CTR ha quindi concluso che l’Ufficio non aveva provato ‘ in modo inconfutabile e con prove evidenti -e non con semplici indizi- che i prodotti importati non avessero subito una sostanziale trasformazione nelle Filippine dando così luogo alla perdita dell’origine precedente e all’acquisto dell’origine da paese preferenziale’; con ciò, mal governando i principi sopra richiamati, senza fare ricadere sulla società contribuente, a fronte della revoca dei certificati di origine Form A da parte RAGIONE_SOCIALE autorità filippine e RAGIONE_SOCIALE risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini RAGIONE_SOCIALE, l’onere della prova contraria circa la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di applicabilità del regime agevolativo;
– in conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma in data 13 marzo 2024