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Onere della prova credito IVA: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che l’onere della prova riguardo un credito IVA spetta sempre al contribuente. Il caso riguardava una società che aveva riportato un credito IVA in una dichiarazione annuale, pur avendo omesso la dichiarazione dell’anno precedente da cui tale credito scaturiva. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente considerato il credito come un fatto non controverso, nonostante l’Amministrazione Finanziaria avesse fornito prove del suo disconoscimento. Viene ribadito che il contribuente deve sempre dimostrare i requisiti sostanziali del proprio diritto alla detrazione.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Credito IVA: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo del Contribuente

L’ordinanza in commento affronta un tema cruciale nel diritto tributario: l’onere della prova del credito IVA. La Corte di Cassazione chiarisce che spetta sempre al contribuente dimostrare la legittimità del credito vantato, anche in presenza di vizi formali come l’omessa presentazione di una dichiarazione. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la sostanza prevale sulla forma, ma solo se adeguatamente provata.

I Fatti di Causa

Una società immobiliare si vedeva notificare una cartella di pagamento a seguito di un controllo automatizzato. L’Amministrazione Finanziaria contestava un ingente credito IVA indicato nella dichiarazione per il 2008, in quanto risultava come eccedenza riportata dall’anno precedente (2007), per il quale però la società aveva omesso di presentare la relativa dichiarazione.

La contribuente impugnava l’atto, sostenendo che il credito fosse reale e derivante da un’operazione di acquisto immobiliare risalente al 1997. L’Agenzia delle Entrate, dal canto suo, evidenziava non solo l’irregolarità formale, ma anche il fatto di aver già negato in passato (nel 1998) una richiesta di rimborso per una parte di quel medesimo credito per mancanza dei requisiti di legge.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le ragioni della società, ritenendo che la sussistenza del credito non fosse in discussione, ma solo le modalità della sua indicazione in dichiarazione.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova Credito IVA

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando completamente la prospettiva dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione risiede nell’errata applicazione del principio dell’onere della prova del credito IVA.

La Corte Regionale aveva affermato che la sussistenza del credito non era in discussione (fatto non controverso), focalizzandosi unicamente sull’aspetto procedurale. La Cassazione ha definito questo presupposto “viziato”, in quanto l’Ufficio aveva, sin dal primo grado, contestato la legittimità del credito, producendo documentazione relativa al diniego di rimborso del 1998. Ignorare tale documentazione e considerare il credito come un dato di fatto è stato un duplice errore.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione richiamando un consolidato orientamento, inaugurato dalle Sezioni Unite, secondo cui il principio di neutralità dell’IVA consente il riconoscimento di un’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale, ma a una condizione imprescindibile: che il contribuente dimostri in concreto di aver rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione.

In altre parole, non è sufficiente affermare di avere un credito; è necessario provarlo. Il contribuente deve dimostrare di aver effettuato acquisti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati a operazioni imponibili.

Nel caso specifico, la sentenza impugnata è stata cassata perché:

1. Non ha tenuto conto della documentazione prodotta dall’Amministrazione Finanziaria che contestava fin dall’origine la sussistenza del credito.
2. Non ha considerato l’incombenza del contribuente di fornire la prova rigorosa dell’esistenza e della consistenza del credito vantato, scaricando di fatto tale onere sull’amministrazione.

La causa è stata quindi rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame che valuti nel merito la fondatezza del credito, applicando correttamente il principio sull’onere della prova del credito IVA.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per tutte le imprese. La gestione dei crediti IVA richiede non solo una corretta compilazione formale delle dichiarazioni, ma soprattutto una solida documentazione a supporto. Non si può dare per scontato che un credito, una volta maturato, sia automaticamente riconosciuto dal Fisco, specialmente in presenza di irregolarità procedurali. L’onere della prova del credito IVA grava sempre sul contribuente, che deve essere pronto a dimostrare, in qualsiasi momento, l’effettiva esistenza dei presupposti sostanziali del proprio diritto.

A chi spetta l’onere della prova per un credito IVA richiesto a rimborso o in compensazione?
L’onere di provare l’esistenza e la consistenza del credito IVA spetta sempre al contribuente. Egli deve dimostrare di aver rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, come l’aver compiuto acquisti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati a operazioni imponibili.

È possibile recuperare un credito IVA anche se si è omessa la dichiarazione annuale dell’anno in cui è maturato?
Sì, è possibile, in virtù del principio di neutralità dell’IVA. Tuttavia, il contribuente deve dedurre tale credito entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione del secondo anno successivo e deve essere in grado di fornire al giudice tributario la prova rigorosa di tutti i requisiti sostanziali che danno diritto alla detrazione.

Il giudice può considerare un credito IVA come ‘fatto non controverso’ se l’Amministrazione Finanziaria ha presentato documenti che ne contestano l’esistenza?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se l’Amministrazione Finanziaria fornisce prove documentali che mettono in discussione la legittimità del credito (come un precedente provvedimento di diniego), il giudice non può considerare la sua esistenza come un fatto pacifico e deve, invece, valutare tali prove e richiedere al contribuente di adempiere al proprio onere probatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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