Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17850 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17850 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13843/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 6238/2017 depositata il 26/10/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE era attinta da cartella di pagamento n. 05720120010556168 mediante la quale, a seguito di liquidazione automatica ai sensi dell’art. 54 -bis DPR n. 633 nel 1972, e previo invio di comunicazione di irregolarità, l’Ufficio, in riferimento all’anno di imposta 2008, richiedeva il pagamento di euro 1.302.614,00 a titolo di minor credito IVA, euro 390.784,20 a titolo di sanzione ed euro 136.964,40 a titolo di interessi, giacché, in sede di controllo automatizzato, era stato rilevato che il suddetto credito IVA di euro 1.302.614,00 era stato indicato nella dichiarazione relativa all’anno di imposta 2008 quale risultante dall’anno di imposta 2007, hanno per il quale tuttavia la dichiarazione era stata omessa.
La contribuente proponeva impugnazione dinanzi alla CTP di Latina. Si costituivano l’Agenzia delle entrate ed Equitalia s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso.
In particolare, nel silenzio della sentenza epigrafata e nell’estrema sintesi del controricorso riguardo alle posizioni assunte dalle parti (il controricorso, infatti, a p. 2, si limita a riferire che ‘la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso eccependo mancato riconoscimento del credito IVA da parte dell’Ufficio illegittima iscrizione al ruolo del medesimo importo richiesto alla ricorrente’), soccorre utilmente la narrativa del ricorso per cassazione, ove (a p. 3) si legge:
–‘Nel merito la contribuente rilevava che in data 28/12/1997 aveva acquistato un immobile sito in Latina e che a fronte di tale vendita la emetteva regolare fattura nei confronti
della RAGIONE_SOCIALE Dunque, a fronte di tale operazione l’RAGIONE_SOCIALE vantava un credito di imposta pari a lire 3.400.000.000. La ricorrente rilevava di aver richiesto il rimborso della somma dovuta nella dichiarazione per il 2008 (modello UNICO 2009)’;
–‘L’Ufficio si costituiva rivendicando la legittimità della cartella e, nel merito faceva presente che:
-la ricorrente con il modello IVA 98 aveva chiesto il rimborso della sola somma di lire 500.000.000;
-il rimborso era stato negato per mancanza dei requisiti previsti dalla vigente normativa con atto notificato al rappresentante della società NOME COGNOME in data 24/08/1998;
-il provvedimento di diniego seguiva all’emissione di un processo verbale di constatazione redatto il 24/04/1998;
-dopo tale momento la società non aveva più chiesto il rimborso del suddetto credito, limitandosi a distanza di molti anni, nella dichiarazione del 2008, ad indicare l’intendimento di chiederlo in compensazione.
La CTP di Latina, con sentenza n. 112/01/13, accoglieva il ricorso.
Proponeva appello l’Agenzia delle entrate, rigettato dalla CTR del Lazio, con la sentenza epigrafata, sulla base, per quanto odiernamente di rilievo, della seguente motivazione:
a fattispecie di cui è causa rientra nell’ipotesi di cui agli artt. 36 -bis del DPR n. 600/1973 e 54 -bis del DPR n. 633/1972, in quanto l’operazione automatica compiuta dall’Ufficio era intesa a correggere l’indicazione di un dato inesistente, poiché la società, nel compilare la dichiarazione relativa all’anno di imposta 2008, dichiarava, erroneamente, che dalla dichiarazione compilata nell’anno precedente (anno 2007) emergeva un credito di euro 1.302.614,00 quando per l’anno 2007 non era stata presentata, dalla società medesima, alcuna dichiarazione.
Orbene, nella specie, non è in discussione la sussistenza del credito vantato dalla società bensì la dichiarazione, asseritamente erronea della società, circa l’indicazione nella dichiarazione medesima del credito in questione essendo tenuto, ad avviso dell’Ufficio, il contribuente a presentare istanza di rimborso.
L’assunto dell’Ufficio non può essere condiviso in quanto ‘il contribuente , in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria ‘.
Il rigetto del predetto motivo di appello per le ragioni sostanziali evidenziate comporta l’assorbimento delle questioni concernenti motivi di appello residuali.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un unico articolato motivo. Resiste la contribuente con parimenti articolato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nonché degli art. 2727 e 2729 c.c., in ordine agli artt. 19 e 30, nonché all’art. 54 -bis DPR 633/1972, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.’.
Afferma l’Agenzia ricorrente che ‘il punto centrale della sentenza in esame è quello in cui la CTR afferma che nella specie ‘non è in discussione la sussistenza del credito vantato dalla società’, bensì solo la dichiarazione relativa all’anno di imposta 2008 . ‘impianto logico e giuridico della sentenza appare viziato non essendo vera la premessa da cui parte la CTR, ossia che non sarebbe in discussione la sussistenza del credito vantato dalla società. In effetti nell’atto di appello, riprendendo quanto dedotto in primo grado, l’Ufficio ha espressamente rilevato (pagg. 14 e 15) che ‘con provvedimento del 24/08/1998 stato negato il rimborso per mancanza dei requisiti previsti dall’allora vigente normativa con atto notificato all’allora rappresentante della società NOME COGNOME in data 24/08/1998 e che il provvedimento di diniego seguiva l’emissione di un processo verbale di constatazione redatto il 24/04/1998 e sottoscritto dall’allora rappresentante della società NOME COGNOME. Al proposito l’Ufficio depositava in giudizio i
documenti sopra richiamati, che si ritiene opportuno riprodurre per autosufficienza’. Segue, nel motivo, la fotoriproduzione di un ordine di sospensione dell’erogazione del rimborso per l’importo di lire 500 milioni con la motivazione: ‘Mancanza requisiti previsti dalla vigente normativa’ e di un processo verbale di constatazione dell’Ufficio imposta sul valore aggiunto di Latina del 24 aprile 1998 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con relativa estesa motivazione. Il motivo indi così riprende: ‘Alla luce della documentazione sopra riprodotta (depositata in primo grado) appare del tutto abnorme la sentenza in esame laddove afferma che ‘non è in discussione la sussistenza del credito di imposta’ ‘. Inoltre, ‘con riferimento al caso in esame, sulla scorta dei relativi atti processuali, non può legittimamente sostenersi né che controparte abbia fornito dimostrazione della sussistenza dell’eccedenza IVA portata a nuovo nell’annualità 1998 né che l’esistenza del credito possa assurgere a fatto non controverso’.
Preliminarmente deve rilevarsi che in controricorso è eccepita l’improcedibilità e/o inammissibilità del ricorso per cassazione ‘qualora, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate dall’Agenzia delle Entrate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio pec e relative ricevute, senza attestarne la conformità . Si eccepisce, altresì, la inammissibilità del ricorso in quanto notificato unitamente ad altri due ricorsi per cassazione relativi ad altri giudizi(!). Nel medesimo file allegato, infatti, non solo vi sono riferimenti giurisprudenziali e nomi di parti non attinenti al presente giudizio ma addirittura tre conclusioni diverse ‘.
Entrambe tali eccezioni sono infondate.
Quanto alla prima, in disparte dall’essere formulata solo dubitativamente, figura in atti l’attestazione di conformità.
Quanto alla seconda, il ricorso per cassazione che ne occupa è contenuto nelle pp. da 1 a 16. La circostanza che, dopo p. 16, seguano altri fogli non correlati con il ricorso ed il riferimento ad altro ricorso relativo ad altro contribuente non inficia la compiutezza del ricorso per cassazione che ne occupa, chiaramente percepibile, nell’indicata dimensione, come tale, in inequivoca connessione alla contribuente ed alla sentenza impugnata, con pertinente indicazione dell’antefatto procedimentale e dello svolgimento del processo nei gradi di merito e con chiara enunciazione del motivo e delle ragioni a sostegno di esso. D’altronde, la contribuente, in controricorso, non solo non indica alcun pregiudizio concretamente sofferto, ma anzi, in appresso all’eccezione che ne occupa, individua con nettezza il motivo di ricorso avversario e si difende correlativamente.
Fermo quanto innanzi, il motivo è fondato e merita accoglimento.
È noto l’insegnamento di Cass., Sez. U, n. 15777 del 2016, secondo cui, la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.
La successiva conforme giurisprudenza precisa che
la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta -che risulta da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno ed è dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto -va riconosciuta quando il contribuente ha rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; ne consegue che, nel giudizio di impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, non può essere negato il diritto alla detrazione quando il contribuente dimostra in concreto, ovvero non è controverso, di avere compiuto acquisti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili (Cass. n. 5129 del 2025).
In pedissequa applicazione del principio enunciato dalle Sezioni unite, questa S.C. ha, ad esempio, annullato ‘la decisione impugnata per mancanza di motivazione, essendosi nella stessa ritenuto assolto l’onere a carico del contribuente in forza del mero assunto per il quale il medesimo aveva prodotto copiosa documentazione a supporto della esposizione dei dati contabili’ (Cass. n. 8131 del 2018).
Sinteticamente, in osservanza di detto principio, è a ribadirsi che il contribuente, ai fini del riconoscimento di un credito chiesto a rimborso, deve offrire prova sia dell’osservanza di ‘tutti i requisiti sostanziali per la detrazione’, dimostrando in concreto (salvo che sia incontroverso), di avere compiuto acquisti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili, sia, più latamente, dell’esistenza e consistenza del credito stesso .
Nel caso di specie – parendo la sentenza impugnata finanche non cogliere l’effettivo oggetto del giudizio – l’Amministrazione ha offerto ampia prova documentale del disconoscimento del credito, giusta provvedimento non impugnato dell’allora Ufficio IVA ad esito di specifico PVC volto a contestare l’insussistenza dei relativi
presupposti, credito oltretutto esposto nel modello IVA del 1998 per una somma inferiore a quello indicato nella dichiarazione relativa all’a.i. 2008; la CTR, affermando che ‘non è in discussione la sussistenza del credito vantato dalla società’, è incorsa in duplice errore: in primo luogo, non ha tenuto conto di tale documentazione e, in secondo luogo, non ha considerato l’incombenza alla contribuente dell’onere di provare, come anzidetto, esistenza e consistenza del credito.
Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame (eventualmente, in via gradata, esteso anche alle questioni assorbite, come da controricorso) e per le spese (comprese quelle del grado).
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 10 aprile 2025.