Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14222 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14222 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.21930/2016 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore , domiciliata ope legis in Roma, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente principale – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME, pec EMAIL;
-controricorrente-
ricorrente incidentale- avverso la sentenza n. 912/2016 (Sez. 40) della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, pronunciata il 27 gennaio 2016, depositata il 22 febbraio 2016 e non notificata.
tributi
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle entrate ricorre con un unico motivo contro RAGIONE_SOCIALE che resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale affidato ad un motivo, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello dell’ufficio e parzialmente accolto l’appello incidentale della contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della citata società ai fini delle imposte dirette (Ires ed Irap) e dell’ Iva per l’anno di imposta 2009.
Per quanto ancora di interesse, l’ufficio aveva ritenuto, con il rilievo n.7 dell’atto impositivo, l’indeducibilità di costi afferenti a servizi prestati dalla soc. coop. RAGIONE_SOCIALE, perché privi di certezza, determinabilità ed inerenza all’attività di impresa, nonché, con i rilievi nn. 1 e 2, l’indeducibilità dei costi per provvigioni in favore di COGNOME NOME le e COGNOME NOME (figli del socio unico COGNOME NOME).
La C.t.r, con la sentenza impugnata, ha confermato l’indeducibilità dei costi relativi alle provvigioni, di cui ai rilievi nn. 1 e 2, mentre ha riconosciuto la piena deducibilità di quelli di cui al rilievo n.7.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 7 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con l’unico motivo del ricorso principale, l ‘Agenzia ricorrente denunzia la violazione dell’art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art.360, primo comma, n.3, c. p. c.
Secondo l’ufficio, il giudice di appello ha erroneamente ritenuto che la produzione di due contratti di appalto relativi all’anno 2009 conclusi con la RAGIONE_SOCIALE costituiscono prova dell’effettività, entità ed inerenza dei costi dedotti dalla società contribuente, costituendo il necessario riscontro per il completamento della pronuncia di primo grado (che aveva escluso la deduzione dei costi per i primi otto mesi del 2009, in assenza di contratto per quel periodo).
L’Agenzia ricorrente rileva che, con l’atto di accertamento, aveva contestato sia l’assenza di requisiti di certezza e di determinabilità dei costi in questione, sia la loro inerenza all’attività d’impresa, in quanto la cooperativa RAGIONE_SOCIALE svolgeva attività di pub, birreria, bar, cioè un’attività del tutto estranea a quella della contribuente (una tipografia).
1.2. Il motivo è fondato e va accolto.
Per giurisprudenza costante di questa Corte, in caso di contestazioni dell’Ufficio in odine ai costi portati in deduzione, il contribuente è tenuto provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé (v., per tutte, Cass. 18/08/2022, n. 24880).
Questa Corte ha, in particolare, chiarito che la prova deve investire i fatti costitutivi del costo, sicché, per quanto riguarda il contribuente, il suo onere è, per così dire, originario, poiché, ancor prima dell’esigenza di contrastare la maggiore pretesa, egli è tenuto a provare (e documentare) quanto sopra (Cass. 17/07/2018, n. 18904; Cass. 17/01/2020, n. 902; Cass. 18/02/2024, n. 22664).
Quanto all’inerenza che costituisce un requisito fondamentale per la determinazione del reddito di impresa e che esprime la relazione tra i costi e l’attività produttiva di reddito soggetta a tassazione la prova
incombe sul contribuente, mentre spetta all’Amministrazione la prova della maggiore pretesa tributaria (Cass. 18/08/2022, n. 24880, Cass. 02/02/2021, n. 2224, Cass. 21/11/2019, n. 30366, Cass. 17/07/2018, n. 18904).
Da ultimo, anche in tema di IVA, questa Corte ha ribadito che la detrazione dei costi richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, secondo una valutazione qualitativa e non quantitativa o utilitaristica, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé. Quando l’Amministrazione ritenga gli elementi dedotti dal contribuente mancanti, insufficienti od inadeguati, oppure riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare gli elementi allegati, può contestare l’inerenza con due modalità: da un lato, può prospettare la carenza degli elementi di fatto portati dal contribuente e, quindi, la loro insufficienza a dimostrare l’inerenza; dall’altro, può addurre l’esistenza di ulteriori elementi tali da far ritenere che il costo non è correlato all’impresa (cfr., da ultimo, Cass. 13/02/2025, n. 3747).
Inoltre, in fattispecie relativa a prestazioni di consulenza rese tra società appartenenti allo stesso gruppo, esaminando il caso di costi collegati all’esecuzione di un contratto quadro valido per una pluralità di annualità, questa Corte ha sottolineato che non è sufficiente la mera indicazione formale della misura fissa percentuale dei costi, ma occorre la prova degli specifici costi sostenuti in relazione alle operazioni
effettivamente realizzate nel periodo di imposta di riferimento (Cass. 13/02/2025, n. 3750).
1.3. Nella specie, la C.t.r., dopo aver genericamente definito il concetto di inerenza dei costi, senza correlare adeguatamente i principi al caso concreto, e dopo aver solo accennato all’esistenza di ‘ingente materiale probatorio di base’ e ad una successiva ‘integrazione istruttoria’ , ha ritenuto che la produzione dei contratti fosse sufficiente a giustificare la deducibilità dei costi , nonostante l’ufficio ne avesse contestato l’inerenza e l’effettività, per l’estrema genericità delle previsioni contrattuali, l ‘omessa indicazione dell’orario lavorativo, del personale impiegato, dei turni e di eventuale straordinario, la mancata coincidenza degli importi pattuiti con quelli portati in deduzione e la natura dell’attività effettivamente svolta dall’appaltatrice.
La C.t.r., dunque, non si è uniformata ai principi sopra richiamati, con la conseguenza che la sentenza impugnata va cassata sul punto, con rinvio al giudice di appello, perché proceda a nuovo esame del materiale probatorio a sua disposizione legittimamente acquisito al giudizio.
2.1. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, la società contribuente denunzia la violazione dell’art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dell’art. 5 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, dell’art. 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, degli artt. 2697 e 1738 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c. p. c.
Secondo la ricorrente, il giudice di appello non avrebbe -erroneamente – riconosciuto la deducibilità delle provvigioni degli agenti NOME e NOME COGNOME nonostante l’effettività delle prestazioni risultasse dal conferimento d’incarico, dalle fatture e da altra documentazione relativa agli affari procacciati.
2.2. Il motivo è inammissibile perché tende a sollecitare questa Corte a procedere ad una rivalutazione del merito e, quindi, ad un diverso
apprezzamento degli elementi istruttori già adeguatamente considerati dal giudice di appello.
La C.t.r , infatti, ha rilevato la genericità del conferimento dell’incarico, l’inesistenza di un contratto in forma scritta che prevedesse la tipologia dei servizi e le modalità della loro effettuazione, la mancanza di corrispondenza con documentazione attestante l’effettività delle prestazioni, la mancanza di regolare fatturazione da parte della contribuente e di contabilizzazione degli importi da parte degli agenti di commercio, la mancanza nelle fatture esistenti dell’indicazione dei riferimenti al conferimento di incarico ed alle attività svolte in sua esecuzione. Per la genericità delle fatture, nonché per tutti gli altri elementi evidenziati, il giudice di appello ha ritenuto, quindi, che non fosse stata fornita la prova dell’effettività e dell’inerenza dei costi per provvigioni, secondo una valutazione di merito -congruamente motivata – che non può essere censurata nella presente sede di legittimità.
3. In conclusione, deve essere accolto il ricorso principale e va dichiarato inammissibile quello incidentale, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso ritenuto fondato, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2025