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Onere della prova costi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14222/2025, chiarisce l’onere della prova costi in materia tributaria. Una società si era vista contestare la deducibilità di costi per servizi da un fornitore con attività estranea e per provvigioni. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che il contribuente deve provare non solo l’esistenza del costo, ma anche la sua effettività e inerenza all’attività d’impresa. La sola presentazione di un contratto non è sufficiente a soddisfare tale onere probatorio.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della prova costi: chi deve dimostrare la deducibilità?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 14222 del 2025, offre un importante chiarimento sul tema dell’onere della prova costi ai fini della loro deducibilità fiscale. La decisione sottolinea come non sia sufficiente per un’impresa presentare un contratto per dimostrare la legittimità di un costo, ma sia necessario provarne l’effettività e, soprattutto, l’inerenza all’attività aziendale. Questo principio è fondamentale per ogni imprenditore e professionista che gestisce la contabilità aziendale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società tipografica. L’amministrazione finanziaria contestava la deducibilità di due tipologie di costi relativi all’anno d’imposta 2009:
1. Costi per servizi asseritamente prestati da una cooperativa la cui attività (gestione di pub, birreria, bar) era del tutto estranea a quella della società contribuente.
2. Costi per provvigioni corrisposte a due agenti, figli dell’unico socio della società.

La Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, riconoscendo la deducibilità dei costi per i servizi della cooperativa, ma confermando l’indeducibilità delle provvigioni. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, mentre la società ha risposto con un controricorso e un ricorso incidentale.

L’Onere della Prova Costi e il Principio di Inerenza

Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nella riaffermazione dei principi che regolano l’onere della prova costi. Secondo la giurisprudenza costante, quando l’Ufficio contesta la deducibilità di un costo, spetta al contribuente dimostrare non solo l’esistenza e la natura del costo stesso, ma anche i fatti che lo giustificano e la sua concreta destinazione alla produzione. In altre parole, il contribuente deve provare che il costo è strettamente correlato all’attività d’impresa (principio di inerenza).

La Corte ha specificato che questo onere probatorio è “originario”, ovvero sorge ancor prima della pretesa fiscale. Non basta esibire documenti formali come fatture o contratti; è necessario fornire prove concrete che attestino l’effettività della prestazione e il suo collegamento funzionale con l’attività aziendale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate e ha dichiarato inammissibile quello incidentale della società.

Per quanto riguarda i costi dei servizi della cooperativa, i giudici hanno ritenuto che la Corte territoriale avesse errato nel considerare la produzione dei contratti di appalto come prova sufficiente della deducibilità. L’Ufficio aveva sollevato dubbi specifici e circostanziati: l’estrema genericità delle previsioni contrattuali, l’omessa indicazione di dettagli operativi (orari, personale, turni), la discrepanza tra gli importi pattuiti e quelli dedotti, e soprattutto la natura dell’attività svolta dal fornitore, palesemente estranea a quella della società contribuente. Di fronte a queste contestazioni, il contribuente avrebbe dovuto fornire prove più solide per superare l’onere della prova costi, cosa che non è avvenuta. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio, affinché il giudice di appello riesamini il materiale probatorio alla luce di questi principi.

Relativamente al ricorso incidentale sulle provvigioni, la Corte lo ha dichiarato inammissibile in quanto mirava a una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità. La decisione del giudice di appello, che aveva negato la deducibilità per la genericità del conferimento d’incarico, l’assenza di un contratto scritto dettagliato e la mancanza di una regolare fatturazione, è stata ritenuta congruamente motivata.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano su un principio cardine del diritto tributario: la prevalenza della sostanza sulla forma. La Corte ha ribadito che l’Amministrazione finanziaria può contestare l’inerenza di un costo in due modi: evidenziando la carenza degli elementi di prova forniti dal contribuente oppure adducendo ulteriori elementi di fatto che dimostrino la non correlazione del costo con l’impresa. Nel caso di specie, l’Agenzia aveva fatto entrambe le cose. La semplice esistenza di un contratto non può giustificare la deducibilità se mancano prove concrete sulla sua effettiva esecuzione e, soprattutto, sulla sua utilità per l’attività d’impresa. Il fatto che il fornitore operasse in un settore completamente diverso (ristorazione vs. tipografia) costituiva un forte indizio, non superato dal contribuente, della mancanza di inerenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito per tutte le imprese. La gestione contabile e fiscale richiede non solo una corretta documentazione formale, ma anche la capacità di dimostrare, in caso di controllo, la sostanza economica delle operazioni. Per garantire la deducibilità di un costo, è essenziale conservare tutta la documentazione idonea a provare l’effettività della prestazione ricevuta e il suo nesso funzionale con l’attività aziendale. L’onere della prova costi grava interamente sul contribuente, e affidarsi unicamente a documenti formali, specialmente in presenza di elementi di anomalia, è una strategia rischiosa che può portare a significative conseguenze fiscali.

Chi ha l’onere di provare la deducibilità di un costo aziendale?
L’onere della prova spetta al contribuente. Egli deve dimostrare non solo l’esistenza e la natura del costo, ma anche i fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, cioè la sua inerenza all’attività d’impresa.

La presentazione di un contratto è sufficiente a dimostrare che un costo è deducibile?
No. Secondo la Corte, la sola produzione di un contratto non è sufficiente a giustificare la deducibilità di un costo, specialmente se l’amministrazione finanziaria contesta l’inerenza e l’effettività della prestazione sulla base di elementi specifici (es. genericità del contratto, attività estranea del fornitore).

Cosa significa ‘inerenza’ di un costo?
L’inerenza è un requisito fondamentale che esprime la relazione tra i costi sostenuti e l’attività produttiva di reddito soggetta a tassazione. Un costo è inerente se è funzionale e direttamente collegato all’esercizio dell’attività d’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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