Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16207 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16207 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 2135/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
(PEC: EMAIL);
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 1389/26/2015, depositata il 14.09.2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello principale proposto dalla
Oggetto:
Tributi
RAGIONE_SOCIALE e dichiarava inammissibile quello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di NOME che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla predetta contribuente avverso l’ avviso di accertamento, per imposte dirette e IVA, in relazione a ll’anno 2008 , dichiarando legittimo il recupero limitatamente all’impo rto di euro 5.000,00;
i giudici di appello hanno osservato, per quanto ancora qui rileva, che:
-il primo giudice aveva rilevato l’indeducibilità dei costi indicati nella fattura emessa dalla RAGIONE_SOCIALE per difetto del requisito della competenza, solo per le spese riferibili agli anni 2006 e 2007;
il disconoscimento dei costi relativi alla fattura emessa dalla RAGIONE_SOCIALE era legittimo, avuto riguardo alla descrizione generica contenuta in tale fattura, riferita a presunti servizi di segreteria, resi in mancanza di accordo scritto, dalla RAGIONE_SOCIALE a favore della contribuente, tenuto conto anche del fatto che entrambe le società avevano sede presso lo stesso indirizzo;
la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, resa da NOME COGNOME, legale rappresentante della Sarreda, era in contrasto con le risultanze della visura camerale prodotta dall’Agenzia delle entrate, da cui risultava che l’oggetto sociale della RAGIONE_SOCIALE non prevedeva servizi di segreteria o amministrativi per conto terzi;
-la statuizione della indeducibilità dei costi, per mancanza di inerenza, aveva effetto assorbente della questione relativa alla competenza per i costi riferibili agli anni 2006 e 2007;
-l’inammissibilità, per tardività, dell’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate, tuttavia, precludeva la riforma della sentenza impugnata per i costi riferibili all’anno 2008;
-il terzo motivo di appello, riguardante la presunta ‘omessa pronuncia secondo diritto’ era inammissibile per mancanza specificità del motivo;
la contribuente impugnava la sentenza con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
l ‘Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 75 (ora 109) del TUIR, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente indeducibili i costi indicati nella fattura contestata solo perché riferiti ad anni solari diversi da quello di competenza di detta fattura e per avere errato nel ritenerli non inerenti, nonostante la fattura emessa dalla RAGIONE_SOCIALE fosse idonea a rappresentarli, avendo la contribuente dimostrato, sulla base della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, che sussistevano i requisiti della inerenza, certezza, competenza e congruità di detti costi;
il motivo, che, nel denunciare una violazione di legge, indica erroneamente la fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., presenta profili di inammissibilità, non solo per mancanza di chiarezza e specificità, ma anche perché cerca di proporre un nuovo apprezzamento dei fatti e degli elementi di prova, operato dal giudice di merito in ordine all’inerenza e alla competenza dei costi fatturati;
il motivo è in ogni caso infondato;
come ha più volte precisato questa Corte, ‘In tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata
dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa’ ( ex plurimis , Cass. 26.05.2017, n. 13300);
anche in tema di IVA, questa Corte ha condivisibilmente affermato che, ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente, in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato (Cass. n. 18904 del 17/07/2018);
a tale proposito occorre altresì considerare che, sia in tema di imposizione diretta sia in tema di IVA, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell’impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dall’art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e, quindi, idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate (Cass. n. 21980/15, n. 21446/14, n. 24426/13, n. 9108/12, n. 5748/10), sebbene il contribuente possa integrare il contenuto della fattura con elementi di prova idonei a dimostrare la deducibilità dei costi (Cass. n. 1147/2010);
colui che chiede la detrazione dell’IVA, pertanto, ha l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, quindi, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’Amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta; le indicazioni richieste dall’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972 rispondono ad una oggettiva finalità di trasparenza e di conoscibilità, essendo funzionali a
consentire l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione, da indicarsi specificandone natura, qualità e quantità, e, di conseguenza, a permettere l’espletamento delle attività di controllo e verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 21980/2015);
questo collegio intende dare continuità al richiamato orientamento, anche recentemente confermato (Cass. n. 18208/2021), conforme, per quanto riguarda, in particolare, l’IVA, alla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 15 settembre 2016, causa C-516/14, COGNOME RAGIONE_SOCIALE e Aduaneira ), secondo la quale la normativa unionale prescrive l’obbligatorietà dell’indicazione dell’entità e della natura dei servizi forniti (art. 226, punto 6 della direttiva n. 2006/112, di contenuto analogo all’omologa norma della sesta direttiva), nonché della specificazione della data (art. 226, punto 7) in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi, al fine di consentire alle Amministrazioni finanziarie di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA, anche se l’Amministrazione finanziaria non si può limitare all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come emerge, d’altronde, dall’art. 219 della direttiva 2006/112, che assimila a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale;
la CTR si è attenuta ai suddetti principi, in quanto, a fronte della sola fattura contenente indicazioni generiche sulle prestazioni effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE avendo la contribuente prodotto a supporto solo una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ritenuta in contrasto con la visura camerale della società emittente,
ha ritenuto non provata l’inerenza e la certezza dei costi dedotti dalla contribuente;
con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, 40 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, 25 del d.lgs. n. 446 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel rigettare il motivo di appello, con il quale la contribuente aveva eccepito il vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, in considerazione del fatto che non riportava le osservazioni difensive al PVC, presentate dalla contribuente, per violazione del principio di buona fede e del contraddittorio endoprocedimentale;
– con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che il terzo motivo di appello, ‘ concernente la presunta omessa pronuncia secondo diritto ‘ andava dichiarato inammissibile ex art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, per mancanza di specificità, sebbene fossero state indicate le ragioni della parte contribuente e gli argomenti di dissenso rispetto alla sentenza di primo grado e fosse stato chiesto al giudice di appello di pronunciarsi su tutte le questioni sollevate con il ricorso introduttivo, avendo la decisione impugnata evidenziato, ‘nella parte riassuntiva degli sviluppi di causa, che con l’appello la ricorrente ha inteso evidenziare i vizi di decisione sulla legittimità della emissione e detrazione della fattura della RAGIONE_SOCIALE ;
entrambi i motivi, che per ragioni di connessione vanno esaminati unitariamente, sono inammissibili per difetto di specificità ed autosufficienza, non avendo la ricorrente riportato, nel testo del ricorso per cassazione, né il contenuto dell’avviso impugnato né gli atti difensivi e processuali necessari per comprendere le censure proposte;
– come è stato già precisato da questa Corte, infatti, anche a seguito della sentenza della Corte EDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME altri c/Italia), il motivo di censura deve essere pur sempre modulato secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. 4.2.2022, n. 3612);
le stesse Sezioni Unite (n. 8550 del 2022) hanno fatto applicazione di un orientamento di questa Corte ( ex multis , Cass. 7.3.2018, n. 5478), consolidatosi già anteriormente alla decisione della Corte EDU del 28 ottobre 2021, dalla cui motivazione (cfr. § 110), peraltro, si trae conferma della necessità che la Corte di legittimità, leggendo il ricorso nella sua globalità, debba poter “comprendere l’oggetto della controversia, così come il contenuto delle critiche che dovrebbero giustificare la cassazione della decisione impugnata “, senza, dunque, fare riferimento ad elementi esterni, quali gli allegati al ricorso (Cass. n. 26007 del 2022 cit.);
in conclusione, il ricorso va rigettato e la parte ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro 1.500,00, oltre alle spese prenotate a debito; dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12 febbraio 2025