Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25543 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25543 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
Art. 109 d.P.R. n. 917/1986 -effettività e certezza dei costi – onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7392/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce a l ricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso il quale elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 5167/6/2016, depositata in data 27 giugno 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE I notificava a NOME COGNOME , esercente l’attività di agente di assicurazione, l ‘avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad IRPEF ed IRAP per l’anno 2008, contestando la congruità dei costi e dei ricavi indicati in bilancio e rideterminando un maggior reddito di impresa in € 61.014,00.
Il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla CTP di RAGIONE_SOCIALE, deducendone la nullità per essere i costi indicati nella dichiarazione dei redditi, certi ed effettivi.
La CTP rigettava il ricorso ritenendo legittimo il recupero dei costi eseguito dall’Ufficio; in particolare, rilevava che nella contabilità il contribuente aveva inserito, in violazione del principio di effettività e correttezza di cui all’art. 109 d.P.R. n. 917/1986, costi non documentati e, come tali, non deducibili.
Il contribuente interponeva gravame innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio deducendo: a) l’erronea attribuzione, a suo carico, dell’onere della prova della effettività dell’operazione disconosciuta dall’Ufficio; b) il vizio di motivazione della sentenza di prime cure.
Sotto il primo profilo la CTR riteneva che gravasse effettivamente sul contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza dei fatti che danno luogo a costi e componenti negativi del reddito; nella specie l’COGNOME non era stato in grado di dimostrare, sin dalla fase del contraddittorio preprocessuale, la sussistenza del requisito – ex art. 109 d.P.R. n. 917/1986 – della effettività e della certezza degli abbuoni provvigionali (ovvero degli sconti commerciali concessi ai clienti), portati in deduzione per € 61. 014,00. In particolare, le quietanze informali sottoscritte dai clienti, con le quali il contribuente intendeva provare la minore somma percepita a titolo di provvigione, recavano date cancellate, erano prive di bollo e contenevano la dicitura ‘per uso amministrativo interno’.
Sotto il secondo profilo il giudice del gravame riteneva congruamente motivata la decisione della CTP, secondo cui le ricevute informali prodotte dal contribuente erano del tutto inidonee a provare l’esistenza dei costi per abbuoni provvigionali.
La RAGIONE_SOCIALE respingeva, quindi, l’appello .
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato ad un unico motivo. L ‘RAGIONE_SOCIALE ha chiesto unicamente di partecipare all’udienza di discussione della causa ex art. 370 comma 1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione il contribuente deduce la «violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc, con riguardo all’art. 2697 cc DPR 633/1972 omesso esame di un punto decisivo della controversi art. 360 n. 5 cpc» ; da una parte, lamenta l’illegittimità della motivazione della sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto incombente sul contribuente l’onere della prova della effettività e della certezza degli abbuoni provvigionali; dall’altra, si duole de lla « omessa valutazione di circostanze determinanti », ovvero RAGIONE_SOCIALE quietanze/ricevute prodotte, ritenute non idonee a provare l’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni.
Il motivo, da ritenersi coacervato in quanto contiene in sostanza due differenti doglianze, sussumibili l’una nell’ambito applicativo del numero 3 del comma primo dell’articolo 360 cod. proc. civ. (violazione di legge) l’altra in quello del numero 5 (omess o esame di un fatto decisivo), è in parte infondato ed in parte inammissibile.
Precisamente, è infondato nella parte in cui si deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE regole in tema di onere della prova in subiecta materia , avendo la CTR fatto corretta applicazione dei principi enucleati da questa Corte.
Invero, secondo la giurisprudenza pacifica di questa Corte « in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, nel quadro dei
generali principi che governano l’onere della prova, spetta all’amministrazione finanziaria dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell’esistenza di un maggiore imponibile, mentre grava sul contribuente l’onere della prova circa l’esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri e/o a costi deducibili, ed in ordine al requisito dell’inerenza degli stessi all’attività professionale o d’impresa svolta. La corretta applicazione del principio concernente la distribuzione dell’onere della prova dettato dall’art. 2697 cod. civ. impone quindi al giudice di merito di accertare, in primo luogo, se la pretesa tributaria dedotta in giudizio derivi dall’attribuzione al contribuente di maggiori entrate oppure dal disconoscimento di costi o oneri deducibili esposti dallo stesso, perché solo l’esatta individuazione della parte tenuta per legge a dare la prova afferente consente al giudice di porre a carico di essa le conseguenze giuridiche derivanti dall’accertata inosservanza di detto onere » (Cass. 08/06/2011, n. 12424). È, quindi, onere del contribuente « provare la sussistenza dei presupposti di eventuali esenzioni d’imposta o componenti negativi del reddito, non determinando alcuna inversione dell’onere della prova la circostanza che l’Erario abbia in giudizio svolto deduzioni ed argomentazioni per dimostrare l’insussistenza di oneri e costi deducibili ed inerenti alle attività produttive del contribuente stesso» .
Nella specie la CTR ha correttamente ritenuto non assolto l’ onus probandi incombente sull’COGNOME, a fronte di plurime circostanze di fatto (differenza tra importi versati dall’agente alla compagnia di assicurazione, e da questa registrati in contabilità, ed importi indicati nelle quietanze sottoscritte dai clienti, la cancellazione RAGIONE_SOCIALE date nelle dette quietanze, la dicitura ‘per uso ammini strativo interno’) e, pertanto, non integrato il requisito della effettività e correttezza di cui all’art. 109, d.P .R. n. 917/1986.
Il motivo è, invece, inammissibile sotto il profilo del paventato omesso esame di circostanze decisive ai fini della decisione.
3.1. L’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2012 (d.l. 83/2012) ed applicabile ratione temporis , prevede, per quanto qui rilevi, che le sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti .
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato, evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione della norma, molto criticata in dottrina, ha generato numerose questioni interpretative e questa Corte è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo .
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazione che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U. 07/04/2014 n. 8053, Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406, Cass. 08/05/2019, n. 12111).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso , che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo ; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del
discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. 31/01/2017, n. 2474).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. 13/04/2017, n. 9637).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. 13/04/2021, n. 9637), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. 31/03/2022, n. 10525).
3.2. Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esa me di un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
3.3. Infine, il vizio in esame non è denunciabile qualora le sentenze di merito siano fondate sulle medesime ragioni di fatto (cd. doppia conforme), incombendo al ricorrente in cassazione l’onere di allegare che, di contro, le due decisioni si fondino su ragioni diverse.
3.4. Nella specie, a fronte di due decisioni di merito dello stesso tenore (rigetto del ricorso dell’COGNOME) e fondate sul medesimo accertamento in fatto, il contribuente non ha minimamente precisato, al fine di rendere ammissibile il motivo in parte qua , una eventuale diversità RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto poste a base RAGIONE_SOCIALE medesime ; di qui l’inammissibilità del motivo.
In base alle considerazioni svolte il ricorso va integralmente rigettato.
Nulla sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva dell’RAGIONE_SOCIALE.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio del l’11 settembre