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Onere della prova costi: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8012/2024, ha chiarito l’onere della prova costi in materia fiscale. Se l’Agenzia delle Entrate fornisce indizi sull’inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente provare la loro effettività, non bastando la sola fattura. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente addossato all’Ufficio ulteriori compiti investigativi.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Costi: Fatture Insufficienti se l’Agenzia Fornisce Indizi

In materia fiscale, la questione dell’onere della prova costi rappresenta un punto cruciale nei contenziosi tra contribuente e Amministrazione Finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8012 del 25 marzo 2024) ha ribadito un principio fondamentale: di fronte a un solido quadro indiziario fornito dall’Ufficio che suggerisce l’inesistenza delle operazioni fatturate, la semplice esibizione delle fatture e dei documenti contabili non è sufficiente. Spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza e inerenza dei costi sostenuti.

I Fatti del Caso: La Contestazione Fiscale

Il caso riguarda un’impresa individuale che aveva impugnato un avviso di accertamento per maggiori imposte IRPEF, IVA e IRAP relative all’anno 2007. L’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di alcuni costi e la detrazione dell’IVA, sostenendo che le operazioni sottostanti fossero fittizie. L’accertamento si basava su diversi elementi, tra cui la valorizzazione delle rimanenze e il recupero di IVA per operazioni inesistenti e per altre effettuate in regime di reverse charge senza i necessari presupposti.

Il Giudizio di Merito: Un Errore sulla Ripartizione della Prova

Nei primi due gradi di giudizio, le Commissioni Tributarie avevano parzialmente dato ragione al contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva rigettato l’appello dell’Agenzia, sostenendo che l’Ufficio non avesse svolto le dovute verifiche per smentire la documentazione e le spiegazioni fornite dall’imprenditore. Secondo la CTR, l’Amministrazione si era ‘trincerata dietro argomenti formali’, omettendo di verificare, ad esempio, se nei cantieri indicati fossero stati effettivamente eseguiti dei lavori. In questo modo, i giudici di merito avevano di fatto imposto all’Agenzia un onere investigativo ulteriore, invertendo le regole di ripartizione della prova.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova sui Costi

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR e chiarendo la corretta applicazione delle regole sull’onere della prova costi. I giudici supremi hanno riaffermato un principio consolidato: una volta che l’Amministrazione Finanziaria assolve al proprio onere di provare l’oggettiva inesistenza delle operazioni attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti (ad esempio, dimostrando che il fornitore è una ‘società cartiera’ o ‘fantasma’), la palla passa al contribuente. È quest’ultimo che deve fornire la prova contraria, dimostrando l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Tale prova non può limitarsi all’esibizione della fattura o alla regolarità formale delle scritture contabili, strumenti spesso utilizzati proprio per mascherare operazioni fittizie.

Le Motivazioni

La Corte ha sottolineato come la CTR avesse condotto un esame superficiale e parziale, ignorando il ‘corposo quadro indiziante’ fornito dall’Ufficio. Tra gli indizi presentati dall’Agenzia vi erano:
* Genericità delle fatture: Le descrizioni delle prestazioni erano vaghe (es. ‘lavori eseguiti per vs conto…’).
* Irregolarità contabili: Le operazioni erano state registrate in modo anomalo.
* Mancanza di contratti: Non esistevano contratti a supporto delle prestazioni svolte nei cantieri.
* Incongruità economica: Per alcuni cantieri, i costi documentati erano quasi pari ai ricavi, con un utile quasi nullo.
* Fornitore ‘fantasma’: La società che aveva emesso le fatture era risultata ‘svanita nel nulla’ poco dopo l’emissione dei documenti, senza avere una sede operativa reale all’indirizzo indicato.
Di fronte a un simile quadro, la CTR avrebbe dovuto valutare complessivamente questi elementi e non porre a carico dell’Ufficio ulteriori e non previsti compiti di indagine.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio cardine della giustizia tributaria: la collaborazione tra le parti non può trasformarsi in un’inversione dell’onere probatorio a svantaggio dell’Erario. Per le imprese, questa ordinanza costituisce un monito importante sull’importanza della due diligence nella scelta dei propri fornitori e sulla necessità di mantenere una documentazione completa e sostanziale a supporto dei costi sostenuti. Non basta la forma: di fronte a contestazioni fondate su indizi concreti, è la sostanza dell’operazione economica che deve essere provata, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Quando l’onere della prova per i costi deducibili passa dall’Agenzia delle Entrate al contribuente?
L’onere della prova si sposta sul contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti (presunzioni) che suggeriscono la non esistenza delle operazioni documentate dalle fatture, ad esempio dimostrando che la società fornitrice è una cosiddetta ‘cartiera’ o ‘fantasma’.

È sufficiente esibire la fattura e la prova del pagamento per dedurre un costo?
No. Secondo questa ordinanza, l’esibizione della fattura e della prova del pagamento non è sufficiente se l’Agenzia delle Entrate ha fornito prove indiziarie significative che l’operazione sottostante non è mai avvenuta. Questi documenti, infatti, possono essere creati appositamente per dare una parvenza di realtà a un’operazione fittizia.

Cosa deve fare il giudice quando l’Agenzia delle Entrate fornisce un quadro indiziario sull’inesistenza dei costi?
Il giudice deve prendere in considerazione il quadro probatorio complessivo fornito dall’Agenzia, senza condurre un esame superficiale o parziale. Non può imporre all’Ufficio ulteriori compiti investigativi non previsti dalla legge, ma deve valutare le giustificazioni del contribuente alla luce degli specifici indizi di frode presentati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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