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Onere della prova costi: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18144/2025, ha riaffermato un principio cardine in materia fiscale: l’onere della prova sui costi deducibili grava sempre sul contribuente. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente invertito tale onere, addossando all’Agenzia delle Entrate il compito di dimostrare la mancata ultimazione di lavori a fronte di un costo significativo ma privo di fattura. La sentenza chiarisce che il contribuente deve fornire prova positiva della certezza e inerenza dei costi che intende dedurre.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova sui Costi Aziendali: La Cassazione Ribadisce le Regole

L’onere della prova costi deducibili è uno dei temi più dibattuti nel diritto tributario. A chi spetta dimostrare che un costo è legittimamente detraibile dal reddito d’impresa? Al contribuente che lo ha sostenuto o all’amministrazione finanziaria che lo contesta? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul punto, offrendo chiarimenti cruciali e riaffermando un principio fondamentale: la palla è sempre nel campo del contribuente.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguardava un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un imprenditore per l’anno d’imposta 2005. L’Agenzia contestava la deduzione di due principali elementi: un importo di 270.000 euro iscritto a bilancio come “fatture da ricevere”, relativo a un contratto di appalto, e un importo di circa 21.000 euro per rimanenze iniziali.

Secondo il Fisco, il costo di 270.000 euro, sebbene basato su un contratto di appalto stipulato con un’altra ditta, era privo della necessaria documentazione giustificativa, in primis la fattura. La Commissione Tributaria Regionale (CTR), tuttavia, aveva dato ragione al contribuente, sostenendo che il costo fosse documentato dal contratto e che la mancata emissione della fattura fosse giustificata dal fatto che non vi era prova dell’ultimazione dei lavori. In sostanza, la CTR aveva addossato all’Agenzia delle Entrate l’onere di provare che i lavori fossero stati completati, invertendo di fatto il principio generale.

I Motivi del Ricorso e l’Onere della Prova sui Costi

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due motivi. Il primo, e più rilevante, denunciava la violazione dell’art. 109 del TUIR, la norma che disciplina i requisiti di deducibilità dei costi.

L’Agenzia sosteneva che la CTR avesse errato nel non valutare correttamente i requisiti di certezza, inerenza e determinabilità del costo. In particolare, il Fisco lamentava che:
1. La sentenza di secondo grado aveva indebitamente rovesciato l’onere della prova costi sul Fisco, chiedendogli di dimostrare la conclusione dei lavori.
2. Era stata attribuita eccessiva rilevanza al solo contratto d’appalto e alle scritture contabili della ditta appaltatrice, senza considerare l’assenza della fattura a distanza di anni.

Il secondo motivo di ricorso riguardava invece la gestione delle rimanenze di magazzino, che è stato però respinto dalla Suprema Corte come questione di merito non sindacabile in sede di legittimità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno stabilito che la CTR ha commesso un errore di diritto nell’invertire l’onere della prova costi.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un pilastro del diritto tributario: spetta al contribuente che intende portare in deduzione un costo dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge. Questi requisiti, stabiliti dall’art. 109 del TUIR, sono la certezza nell’esistenza del costo e la sua oggettiva determinabilità. La circostanza che, a distanza di diversi anni, la fattura relativa ai lavori non fosse stata ancora emessa rappresentava un forte indizio contrario alla certezza del costo stesso. Il giudice di merito, secondo la Cassazione, non può giustificare la mancata emissione della fattura addossando all’Ufficio l’onere di provare l’ultimazione dei lavori. È il contribuente che deve fornire la prova positiva dei fatti che costituiscono il fondamento del suo diritto alla deduzione. In assenza di tale prova, il costo non può essere considerato deducibile. La decisione della CTR è stata quindi cassata con rinvio ad altra sezione della stessa Commissione, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per le imprese. Ribadisce che la corretta documentazione è essenziale non solo per registrare un costo, ma per difenderne la deducibilità in caso di controllo. Non è sufficiente avere un contratto; è necessario poter dimostrare, con prove concrete e oggettive, che il costo è certo, effettivo e inerente all’attività d’impresa. L’onere della prova costi è una responsabilità che non può essere delegata o invertita. Per le aziende, questo significa mantenere una contabilità rigorosa e conservare tutta la documentazione idonea a supportare ogni singola voce di costo portata in deduzione, per evitare brutte sorprese in caso di accertamento fiscale.

A chi spetta l’onere di provare la deducibilità di un costo aziendale?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava sempre e solo sul contribuente. È quest’ultimo che deve dimostrare, in caso di contestazione, che il costo soddisfa tutti i requisiti di legge per essere dedotto dal reddito imponibile, come la certezza e l’inerenza.

Un contratto d’appalto è sufficiente a dimostrare un costo, anche in assenza della relativa fattura?
No. La sentenza chiarisce che il solo contratto non è sufficiente a provare la certezza di un costo. La mancata emissione della fattura per un lungo periodo di tempo è un elemento che gioca a sfavore del contribuente, il quale deve fornire prove concrete che il costo sia stato effettivamente sostenuto.

Cosa accade se il giudice di merito inverte l’onere della prova, addossandolo all’Agenzia delle Entrate?
Se un giudice di merito, come la Commissione Tributaria Regionale, commette l’errore di invertire l’onere della prova, la sua sentenza è viziata da un errore di diritto. La Corte di Cassazione può quindi cassare (annullare) la sentenza e rinviare la causa a un altro giudice perché la decida nuovamente applicando correttamente i principi di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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