Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6262 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6262 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1155/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv . NOME COGNOME con domicilio eletto presso il proprio indirizzo PEC;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3919/2022, depositata il 14 ottobre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Nel corso del mese di marzo 2014 è iniziata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE -società che si occupa della fabbricazione di macchine utensili per la formatura di metalli per il mercato italiano e internazionale -una verifica fiscale per il periodo d’imposta 2011. Successivamente, l’attività di verifica è stata estesa anche alle annualità 2009, 2010 e 2012, limitatamente ad alcune operazioni compiute dalla società. Inoltre, il nucleo di verifica è stato integrato per eseguire un accesso informatico, sempre ai fini delle imposte dirette e IVA, per i periodi d’imposta 2009, 2010, 2011 e 2012. In data 17 giugno 2014 veniva redatto un processo verbale di constatazione. Nel corso delie operazioni di controllo, i verificatori si sono concentrati sulle provvigioni contabilizzate nei bilanci d’esercizio presentati per le annualità sottoposte a controllo e sui rapporti intercorsi con gli agenti che costituiscono la rete commerciale di vendita dei prodotti realizzati dalla società verificata e dei quali si è avvalsa per la distribuzione dei suoi prodotti in Italia ed all’estero. Da tale verifica sono scaturiti diversi avvisi d’accertamento che hanno dato luogo a di stinte controversie. A seguito di chiusura con esito negativo del procedimento con accertamento con adesione, la parte presentava ricorso.
L’Agenzia si costituiva in giudizio ribadendo la legittimità del proprio operato.
Con sentenza n. 353/2018, depositata in data 8 ottobre 2018, la Commissione tributaria provinciale di Varese, ha accolto il ricorso e ha condannato l’Ufficio a l pagamento delle spese legali.
-Avverso tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle entrate.
La contribuente resisteva con memoria e documenti.
Con sentenza n. 3919/2022, depositata il 14 ottobre 2022, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
La RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 85 comma 1 del d.P.R. n. 917/86, dell’art. 39 comma 1 lett. d) d.P.R. n. 600/73, 2697, 2727 e 2729 cod. civ ., nonché dell’art. 109 Tuir, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. La Commissione tributaria regionale ha accolto la tesi della contribuente e annullato il primo dei rilievi contenuti nell’avviso d’accertamento perché l’Ufficio non avrebbe provato l’occultamento di ricavi . Al fine di dimostrare l’erroneità della pronuncia si evidenzia che l ‘Ufficio, sulla scorta degli elementi indicati nell’avviso opposto , avrebbe ottemperato al proprio onere probatorio, introducendo una serie di elementi indiziari dimostrativi della contestata pretesa erariale. Vengono a tal fine richiamati gli elementi dedotti in giudizio che confermerebbero che i rapporti commerciali intrattenuti in Cina presentano le medesime criticità contestate nei due anni precedenti, per i quali è stata definita parte della provvigione nei confronti dei subagenti.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
A fronte di un’ipotesi di “doppia conforme” ex art. 348 ter , comma 5, cod. proc. civ., senza peraltro dedurre la diversità tra le ragioni di fatto alla base della sentenza di primo grado e quelle della conferma in grado di appello (Cass., Sez. III, 20 settembre 2023, n. 26934), la censura si risolve in una critica della valutazione delle
risultanze probatorie effettuata dalla Commissione regionale che non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (Cass., Sez. V, 11 maggio 2022, n. 14893).
2. – Con il secondo motivo si deduce la violazione dell ‘art. 109, co. 5 del d. P.R. 917/86 e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione a ll’ art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. Parte ricorrente sottolinea come parimenti censurabile sarebbe il capo di pronuncia afferente alla indebita deduzione di costi per servizi di gruppo non inerenti/documentati ai sensi dell’art. 109, comma 5, del d.P.R. 917/1986 per l’importo di euro 860.000,00. Il principio di inerenza consente solamente la deduzione dei costi correlati con l’attività che produce ricavi imponibili ai fini del reddito, rendendo indeducibili sia i costi correlati con attività che producono ricavi non imponibili o esenti sia i costi sostenuti per far fronte a bisogni estranei all’attività di impresa (es. bisogni personali e familiari). Nel caso di specie la società non avrebbe dimostrato il reale apporto del sig. NOME COGNOME all’attività aziendale e ai ricavi prodotti. A differenza di quanto affermato dai giudici di merito, dal contratto di ‘Consulting Agreement’ non si evince quali servizi abbia prestato il Bianchi , richiamando la circostanza che la società, in risposta alla richiesta di chiarimenti, ha dichiarato che l’attività di consulenza ‘tecnica e manageriale’ svolta dal Bianchi non è ‘documentabile in modo puntuale e preciso’ , tenuto altresì conto della sua età (settantasette anni).
2.1. -Il motivo è fondato.
In tema di imposte sui redditi delle società, la deducibilità di costi e oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna
valutazione in termini di utilità – anche solo potenziale ed indiretta secondo valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé (Cass., Sez. V, 18 agosto 2022, n. 24880).
Nel caso di specie, la contribuente avrebbe dovuto dimostrare l’inerenza del costo in questione e la motivazione resa dalla Commissione tributaria regionale non prende in considerazione i rilievi riproposti nel motivo di censura.
3. – Con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 172, comma 5 del d.P.R. n. 917/86 e 2697 cod. civ . in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. Parimenti censurabile sarebbe il capo di pronuncia afferente al terzo rilievo sulle riserve in sospensione di imposta non ricostituite dalla società incorporante per un importo pari ad euro 279.674,27, ai sensi dell’art. 172 comma 5 TUIR. L’Ufficio ha constatato che, a seguito della fusione, intervenuta l’11.12.2012 tra l’omonima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con sede a Modena, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE che è diventata loro unico socio, non ha ricostituito nel proprio bilancio post fusione le riserve in sospensione di imposta delle società incorporate. Pertanto, ai sensi dell’art. 172 , comma 5, TUIR, l’Ufficio ha provveduto al recupero a tassazione di tutte le riserve in sospensione per un importo pari ad euro 279.674,27. La Commissione tributaria provinciale aveva sostenuto che l’Ufficio non avesse dato prova che le riserve delle società incorporate fossero in sospensione d’imposta e che dunque rientrassero fra quelle riserve per le quali vi fosse obbligo di ricostituzione. La Corte di giustizia tributaria di II grado, in linea col giudice di prime cure, ha rigettato
l’appello dell’Agenzia. Al contrario di quanto affermato, il rilievo sarebbe analiticamente motivato.
-Il motivo è fondato.
L’art. 172, comma 5, TUIR 5 prevede che le riserve in sospensione di imposta, iscritte nell’ultimo bilancio delle società fuse o incorporate concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante se e nella misura in cui non siano state ricostituite nel suo bilancio prioritariamente utilizzando l’eventuale avanzo da fusione. Questa disposizione non si applica per le riserve tassabili solo in caso di distribuzione le quali, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per un ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre, concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di distribuzione dell’avanzo o di distribuzione del capitale ai soci; quelle che anteriormente alla fusione sono state imputate al capitale delle società fuse o incorporate si intendono trasferite nel capitale della società risultante dalla fusione o incorporante e concorrono a formarne il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza.
Dalla lettura della motivazione si evince che la Commissione tributaria regionale – in violazione delle norme richiamate – non ha tenuto conto delle deduzioni prospettate dall’Agenzia che evidenziavano come dall’esame dello schema di fusione degli stati patrimoniali al 1° gennaio 2012 (data a decorrere dalla quale la fusione ha prodotto effetti contabili in capo alla società incorporante) si evince che tutte le riserve di patrimonio netto, comprese quelle in sospensione di imposta, sono state imputate ad avanzo di fusione e non ricostituite nel bilancio della società verificata. Al riguardo, si evidenzia come il patrimonio netto della società incorporante post fusione è costituito unicamente dalle sue riserve in sospensione di imposta, dichiarate nell’ultimo bilancio d’esercizio ante fusione , e
anche le società incorporate disponevano delle riserve in sospensione di imposta. Riserve che la società ricorrente non avrebbe ricostituito nel suo primo bilancio successivo alla fusione per l’importo complessivo di euro 279.674,27.
4. -Con il quarto motivo si prospetta la violazione degli artt. 112, 132, comma 2°, n. 4, cod. proc. civ., 36 del d.lgs. n. 546/92 e 118 delle disp. att. cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 4. cod. proc. civ. – Nullità della sentenza affetta da sostanziale omissione di pronuncia sub specie di motivazione meramente apparente. Il rilievo in esame è relativo al calcolo dell’accantonamento fiscalmente deducibile a titolo di svalutazione dei crediti commerciali iscritti in bilancio, stabilito dal legislatore fiscale con l’art. 106 TUIR nella misura forfetaria dello 0,5%, calcolato sul valore dei crediti e finché il fondo di svalutazione non eccede il 5% del valore dei crediti medesimi. Al riguardo, si evidenzia che la Commissione tributaria provinciale aveva annullato tale rilievo affermando, in maniera del tutto apodittica, che nel caso di specie vi sarebbe un difetto di motivazione e di modalità di calcolo. La Corte di giustizia tributaria di II grado, nel rigettare il gravame dell’Agenzia , si sarebbe limitata a replicare quanto deciso in primo grado. La pronuncia non disvelerebbe quale sia stata la ratio decidendi seguita, atteso che la statuizione impugnata è di fatto priva di motivazione, in quanto meramente apparente.
4.1. -Il motivo è fondato.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, l’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta
da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598) per cui il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090).
Sul punto censurato del calcolo dell’accantonamento fiscalmente deducibile a titolo di svalutazione dei crediti commerciali iscritti in bilancio, la pronuncia viola il disposto di cui agli artt. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., 36 del d.lgs. n. 546/1992 e 118 delle disp. att. c.p.c., atteso che la statuizione impugnata è di fatto priva di motivazione.
-Risulta assorbito, a seguito del rigetto del primo, il quinto motivo con cui si denuncia la violazione dell’art. 6, c. 2 del d.lgs. 471/97 (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.) riguardo alle sanzioni derivanti dal rilievo della omessa documentazione e registrazione di operazioni non imponibili. Si tratta, peraltro, di una violazione di natura formale che la società contribuente, avvalendosi della possibilità concessale dall’art. 9 del d.l. n. 119/2018, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1 della L. n. 136/2018, ha regolarizzato versando il relativo importo.
6. -Il ricorso va dunque accolto nei termini di cui motivazione. La sentenza va dunque cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente in diversa composizione per l’ulteriore esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo, assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della
Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione