Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14206 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ordinanza
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO sul ricorso iscritto al n. 27422/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa Portoghesi n. 12;
-ricorrente –
Contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Abruzzo n. 411/01/2016, depositata il 22.04.2016.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 dicembre 2023.
RILEVATO CHE
– La CTP di Teramo rigettava il ricorso proposto dal fallimento della RAGIONE_SOCIALE, già esercente l’attività di fabbricazione di articoli di abbigliamento, avverso l ‘avviso di accertamento per imposte dirette e IVA , in relazione all’ anno 2009, a seguito di recupero a tassazione di costi ritenuti incerti;
Oggetto:
Tributi
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale dell ‘Abruzzo accoglieva l’appello proposto dalla contribuente, osservando, per quanto ancora qui interessa, che:
il primo giudice aveva ritenuto che l’inesistenza del credito azionato fosse stata dimostrata dall’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE;
dalla documentazione prodotta si evinceva la falsità dei documenti utilizzati per il giudizio di opposizione, tanto che il credito in questione era stato ammesso al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE, come aveva riferito il difensore della società contribuente in sede di discussione e non contestato dalla parte appellata;
-l’RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
la contribuente rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la ricorrente RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione degli artt. 2700 cod. civ., 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione a ll’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato che la contribuente non aveva contestato l’inesistenza dei costi recuperati, non avendo replicato al contenuto dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo promosso dalla RAGIONE_SOCIALE, letto in pubblica udienza nel giudizio di primo grado dal rappresentante dell’Ufficio, nel quale la contribuente aveva riconosciuto la fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di recupero, tanto che il primo giudice aveva ritenuto pacifica la loro inesistenza, e per avere rimesso in discussione detta statuizione, sebbene nell’atto di appello non sia stata formulata sul punto una adeguata censura;
-con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello, in quanto non
rivolto verso l’intero contenuto della sentenza impugnata, non avendo il primo giudice fondato la propria decisione solo sul contenuto dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, ma anche sugli altri elementi riportati nella documentazione prodotta dall’Ufficio e non contestata dalla contribuente (la mancata sottoscrizione dei DDT relativi alle fatture contestate, il pagamento di una minima parte di tale debito da parte della contribuente, la non riconducibilità ad alcuna fattura e alla successiva nota di credito degli assegni con cui tale pagamento era avvenuto, il pagamento dei minori debiti che il fornitore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, senza procedere alla compensazione con il cospicuo credito vantato dallo stesso fornitore verso la contribuente);
-con il terzo motivo, denuncia la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per mancanza di motivazione sulla asserita falsità dell’attestazione della legale rappresentante della società fornitrice RAGIONE_SOCIALE, prodotta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, con la quale veniva riconosciuta la parziale simulazione del credito vantato nei confronti della contribuente;
-con il quarto motivo, censura l’omesso esame di fatti decisivi e oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato gli altri elementi posti a base della decisione di primo grado, da soli sufficienti a dimostrare l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni o, comunque, ad attestare la loro non dimostrazione, e, segnatamente, la mancata sottoscrizione dei DDT relativi alle fatture contestate, il pagamento di una minima parte di tale debito da parte della contribuente, la non riconducibilità ad alcuna fattura e alla successiva nota di credito degli assegni con cui tale pagamento era avvenuto, il pagamento dei minori debiti che il fornitore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva nei confronti della HMS,
senza procedere alla compensazione con il cospicuo credito vantato dallo stesso fornitore verso la contribuente;
-con il quinto motivo, lamenta la violazione dell’art. 109 TUIR, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR seguito i principi in materia di deducibilità dei costi, avendo l’Ufficio contestato l’incertezza dei costi oggetto di ripresa, dovuta: alla mancanza di un titolo, non essendo stato prodotto alcun contratto; alla mancata corrispondenza di detti costi a beni effettivamente consegnati, essendo risultati i relativi DDT non firmati; al fatto che si trattava di spese di elevato importo, pagate solo in minima parte e con assegni non riconducibili ad alcuna fattura, ritenute inesistenti dallo stesso creditore che non aveva compensato almeno parte di detto credito con i debiti che aveva nei confronti della contribuente e che, invece, aveva provveduto a saldare;
il secondo motivo e il terzo motivo, che per priorità logica vanno esaminati per primi, sono infondati;
il secondo motivo è infondato, in quanto la ricorrente non censura la carenza di specificità dei motivi di appello, ma contesta la loro errata formulazione che attiene, tuttavia, al merito della pretesa;
-quanto al terzo motivo, occorre rilevare che l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez.U. n. 8053 del 7.04.2014);
-deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale (Cass. n. 23940 del 12/10/2017);
solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo” , in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232);
la sentenza impugnata non è affetta da tale grave vizio, in quanto presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua correttezza o meno, palesa l’iter logico seguito dai giudici di appello, che hanno ritenuto di annullare l’avviso di accertamento impugnato, in considerazione di alcuni documenti prodotti dalla contribuente;
le argomentazioni svolte esplicitano le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
il quarto e il quinto motivo, che per connessione vanno esaminati unitariamente, sono, invece, fondati;
sul punto occorre ribadire che ‘In tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la
coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa’ ( ex plurimis , Cass. 26.05.2017, n. 13300);
anche in tema di IVA, questa Corte ha condivisibilmente affermato che, ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato (Cass. n. 18904 del 17/07/2018);
colui che chiede la detrazione dell’IVA, pertanto, ha l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, quindi, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’Amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta;
-a fronte della contestazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE dell’esistenza di alcuni costi, di importo particolarmente elevato (pari ad € 425.762,01), relativi all’anno 2009, fondata su una serie di elementi oggettivi – quali la mancanza di un titolo, la mancata prova della consegna dei relativi beni , stante l’assenza di firma sui relativi documenti di trasporto, l’elevato importo di dette spese, pagate solo in minima parte e con assegni non riconducibili ad alcuna fattura, la mancata compensazione del credito relativo a detti costi con i debiti che il fornitore aveva nei confronti della contribuente e che aveva provveduto a saldare – la CTR si è limitata a dare rilevanza alla presunta falsità della documentazione utilizzata per il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e al fatto che il difensore aveva riferito che il credito contestato sarebbe stato ammesso al passivo del fallimento, non attenendosi al principi sopra enunciati;
l ‘ ammissione al passivo del credito che la RAGIONE_SOCIALE vantava nei confronti della contribuente non poteva, in ogni caso, costituire per quest’ultima un elemento sufficiente per supportare la deducibilità dei relativi costi sul piano fiscale, in quanto in sede tributaria occorre dimostrare la sussistenza dei requisiti per la deducibilità di detti costi, tra cui la loro certezza e inerenza.
-l’accoglimento di detti motivi assorbe l’esame della prima censura;
la sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto e il quinto motivo, rigetta il secondo e il terzo, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia in relazione ai motivi accolti alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 5 dicembre 2023.