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Onere della prova costi deducibili: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14206/2024, ha ribadito il principio sull’onere della prova dei costi deducibili. A seguito di un accertamento fiscale verso una società di abbigliamento, la Corte ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto sufficiente l’ammissione del debito al passivo fallimentare per giustificare la deducibilità dei costi. La Suprema Corte ha specificato che spetta al contribuente dimostrare con prove concrete e oggettive (come DDT firmati e pagamenti tracciabili) l’esistenza, l’inerenza e la certezza dei costi, non essendo sufficiente la sola contabilizzazione o l’ammissione in sede fallimentare.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova sui Costi Deducibili: Guida alla Sentenza della Cassazione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14206/2024) offre un’importante lezione sull’onere della prova per i costi deducibili, un tema cruciale per ogni impresa. La Corte ha chiarito che non basta la semplice ammissione di un debito al passivo fallimentare per dimostrare la legittimità fiscale di un costo. È necessario fornire prove concrete e oggettive. Analizziamo insieme questo caso per capire come le aziende possono tutelarsi da contestazioni fiscali.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società operante nel settore della fabbricazione di abbigliamento, dichiarata fallita. L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento per imposte dirette e IVA relative all’anno 2009, contestando la deducibilità di alcuni costi per un importo considerevole, ritenendoli incerti.

La Commissione Tributaria Provinciale aveva inizialmente respinto il ricorso dell’azienda. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello della società. I giudici d’appello avevano basato la loro decisione su due elementi: la presunta falsità di documenti usati in un altro giudizio civile e il fatto che il credito contestato fosse stato ammesso al passivo del fallimento della società.

Insoddisfatta, l’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la CTR avesse errato nel non considerare gli elementi oggettivi che provavano l’incertezza dei costi.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova sui Costi Deducibili

La Suprema Corte ha accolto i motivi del ricorso presentati dall’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione di un principio fondamentale del diritto tributario: l’onere della prova dei costi deducibili grava interamente sul contribuente.

I giudici di legittimità hanno smontato la decisione della CTR, evidenziando come questa si fosse basata su elementi non decisivi ai fini fiscali, ignorando invece le prove concrete portate dall’Amministrazione finanziaria. Tra queste prove vi erano:

* La mancanza di un contratto scritto.
* Documenti di trasporto (DDT) non firmati dal destinatario, che non provavano l’effettiva consegna della merce.
* Il pagamento solo di una minima parte di un debito molto elevato, effettuato con assegni non riconducibili a fatture specifiche.
* La mancata compensazione tra il presunto debito e i crediti che il fornitore aveva a sua volta nei confronti dell’azienda.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che, per essere deducibile, un costo non deve solo essere contabilizzato. Il contribuente deve essere in grado di dimostrare l’esistenza, l’inerenza (cioè il collegamento con l’attività d’impresa) e la coerenza economica della spesa. Questo onere probatorio richiede una documentazione di supporto solida e inequivocabile.

Secondo la Corte, l’ammissione di un credito al passivo fallimentare non è una prova sufficiente in ambito tributario. La verifica del passivo in sede fallimentare segue logiche e richiede prove diverse da quelle necessarie per dimostrare la deducibilità fiscale di un costo. In sede tributaria, è indispensabile provare la certezza e l’inerenza della spesa, requisiti che nel caso di specie erano messi in dubbio da molteplici indizi oggettivi.

La CTR, limitandosi a valorizzare la vicenda fallimentare e un altro giudizio civile, ha compiuto un errore di diritto, non applicando i corretti principi in materia di prova. La presunta ammissione di un debito non può superare prove concrete che ne indicano l’incertezza o addirittura l’inesistenza ai fini fiscali.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito per tutte le imprese: la gestione contabile e documentale deve essere impeccabile. Per garantire la deducibilità dei costi ed evitare contenziosi con il Fisco, è essenziale non solo registrare le fatture, ma anche conservare tutta la documentazione che possa provare la realtà dell’operazione economica. Questo include contratti, documenti di trasporto firmati per ricevuta, prove di pagamento tracciabili e riconducibili alle singole forniture. Affidarsi a elementi esterni o a procedure di altre giurisdizioni, come quella fallimentare, senza avere una solida base documentale a supporto, è una strategia rischiosa che la Cassazione ha dimostrato essere perdente.

A chi spetta l’onere della prova per i costi deducibili?
L’onere di provare l’esistenza, l’inerenza e la coerenza economica dei costi deducibili spetta sempre al contribuente.

L’ammissione di un debito al passivo fallimentare è sufficiente per dimostrare la deducibilità del costo corrispondente?
No, la sentenza chiarisce che l’ammissione al passivo fallimentare non costituisce, di per sé, un elemento sufficiente per supportare la deducibilità di un costo sul piano fiscale, in quanto in tale sede è necessario dimostrare la sussistenza di requisiti specifici come la certezza e l’inerenza.

Quali prove concrete deve fornire il contribuente per difendersi da una contestazione sui costi?
Il contribuente deve fornire una documentazione di supporto completa, come contratti, documenti di trasporto firmati alla consegna, prove di pagamento tracciabili e qualsiasi altro elemento oggettivo che possa dimostrare la realtà e la congruità dell’operazione economica contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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