Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26257 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26257 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16410/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO DEL LAZIO n. 270/02/24 depositata il 09/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 270/02/24 del 09/01/2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio (di seguito CGT2), previa riunione dei procedimenti: i) accoglieva l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) e respingeva l’appello incidentale di Banca Ifis s.p.a. (di seguito RAGIONE_SOCIALE) proposti nel procedimento R.G. n. 5836/2019 avverso la sentenza n. 4661/39/19 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso della società contribuente nei confronti di un diniego di un rimborso IVA di euro 83.300,00 relativo all’anno di imposta 20 14 ; ii) accoglieva l’appello proposto da AE nel procedimento RG. n. 6740/2019 avverso la sentenza n. 7833/14/19 della CTP, che aveva accolto il ricorso di Ifis avverso la sospensione di un rimborso IVA di euro 5.096,00 relativo all’anno d’imposta 2017.
Come emerge dalla sentenza impugnata, con riferimento al procedimento R.G. n. 5836 del 2019, il credito IVA vantato da RAGIONE_SOCIALE, era stato oggetto di cessione da parte del curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE; l’Ufficio aveva parzialmente disconosciuto detto credito per euro 5.096,00 e, per la restante parte, pari ad euro 78.204,00, lo aveva sospeso a causa dell’esistenza di carichi pendenti nei confronti della società fallita relativi al periodo precedente l’apertura del fallimento e di importo esorbitante il credito.
2.1. La CGT2 accoglieva l’appello principale di AE e rigettava l’appello incidentale di Ifis, evidenziando quanto segue: a) il credito IVA chiesto a rimborso si fondava sulla minore eccedenza del triennio 2012, 2013 e 2014 e non vi era prova, gravante sul cessionario, che detto credito fosse effettivamente pari ad euro 83.300,00; b) anzi, la stessa Ifis, con apposito atto ricognitivo sottoscritto tra cedente e cessionaria, aveva riconosciuto che il credito dovuto con riferimento
all’anno 2014 era di euro 78.204,00, in quanto chiesto a rimborso dalla curatela fallimentare con la dichiarazione integrativa dell’anno 2015; c) la residua parte di euro 5.096,00 era stata chiesta a rimborso con la dichiarazione integrativa 2017 e riguardava l’anno 2016; d) la sospensione del rimborso concernente il credito di euro 78.204,00 era legittima in quanto Ifis, che ne aveva il relativo onere, non aveva provato «che l’eccedenza fiscale da rimborsare sarebbe maturata ex novo in pendenza della procedura per effetto di operazioni concorsuali»; e) restava, pertanto, insuperata l’obiezione dell’Ufficio, costituente mera difesa, «secondo cui il credito 2004, riconducibile al periodo ante procedura per complessivi € 262.210,00, sarebbe stato riportato negli anni successivi ed utilizzato in compensazione sia verticale che orizzontale con gli importi a debito maturati nel corso del fallimento, in tal modo integrando compensazioni non consentite stante la disomogeneità tra credito IVA antecedente l’inizio della procedura e gli importi a debito maturati nel corso del fallimento»; f) infondato era anche il rilievo dell’assenza di controcrediti pretesi dall’Ufficio in compensazione, gravando «sulla parte attorea dimostrare, mediante idonea documentazione relativa alla situazione tributaria della società cedente, l’inesistenza del credito addotto in compensazione dall’Ufficio» (che aveva depositato, in proposito, un apposito elenco analitico e un ‘riassunto contabile’) .
Con riferimento, invece, al procedimento R.G. n. 6740/2019, il credito di euro 5.096,00, già oggetto del precedente diniego con riferimento all’anno 2014, era stato oggetto di successivo riporto ed esposto nella dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 2017.
3.1. La CGT2 accoglieva l’appello di AE evidenziando che la sospensione era legittima in ragione di quanto già ampiamente evidenziato con riferimento all’altro procedimento riunito.
Ifis impugnava la sentenza della CGT con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ..
AE resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di Ifis è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si contesta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 24, 25, 26, 45 e ss. del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 , dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 56 l.fall., per avere la CGT2 violato le norme e i principi che regolano l’onere della prova dei crediti che l’Ufficio pretende di opporre (anche in compensazione) al contribuente. Invero, «la prova dei carichi pendenti posti a motivo di un rifiuto/sospensione (e compensazione) di rimborso non può ritenersi validamente raggiunta sulla base di meri atti interni dell’Amministrazione quali tabelle o ‘Riassunto contabile’ occorrendo fornire la prova della notifica illo tempore della cartella esattoriale e poi degli atti interruttivi della prescrizione».
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 24, 25, 26 e 45 del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 38 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) , dell’art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 , dell’art. 56 l.fall . e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CGT2 violato le norme che regolano i casi in cui è consentita all’Ufficio la sospensione del rimborso di un credito IVA.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in base agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., agli
artt. 24, 25, 26 e 45 del d.P.R. n. 602 del 1973 , all’art. 38 bis del decreto IVA , all’art. 23 del d.lgs. n. 472 del 1997, all’art. 56 l.fall. e all’art. 2697 cod. civ., fatto costituito dal riconoscimento operato dalla stessa Agenzia in ordine alla genesi endofallimentare del credito chiesto a rimborso.
I primi due motivi di ricorso possono essere unitariamente esaminati per ragioni di connessione e sono fondati.
2.1. Secondo un recente arresto di questa Corte, « L’Amministrazione finanziaria, se è presentata istanza di rimborso di un credito IVA maturato nel corso di una procedura concorsuale e successivamente ceduto, può legittimamente opporre in compensazione al cessionario istante crediti erariali “omogenei”, cioè maturati anch’essi dopo l’inizio della procedura concorsuale, non ostando alla compensazione gli effetti esdebitatori riconnessi alla chiusura della procedura medesima; in tal caso, peraltro, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di fornire in giudizio la prova dell’esistenza dei crediti erariali opposti in compensazione, non essendo sufficiente la produzione di semplici estratti di ruolo » (Cass. n. 11464 del 29/04/2024).
2.2. Il superiore principio si giustifica in ragione del principio ricavabile dall’art. 56 l.fall. (oggi art. 155 CCII), il quale deroga alle regole ordinarie in tema di compensazione. Pertanto, a fronte della richiesta di rimborso, l’Amministrazione finanziaria può opporre in compensazione l’esistenza di crediti erariali, purché omogenei a quelli indicati nell’istanza: vale a dire che a fronte di crediti maturati antecedentemente (crediti concorsuali) o in corso di procedura concorsuale (crediti di massa), possono essere opposti in compensazione crediti erariali maturati, rispettivamente, ante procedura o in corso di procedura; non possono, invece, essere opposti in compensazione crediti erariali maturati antecedentemente
alla procedura concorsuale a crediti di massa ovvero crediti erariali maturati nel corso della procedura concorsuale a crediti concorsuali.
2.3. Peraltro, nel caso di contestazione dei crediti erariali alla base del provvedimento di sospensione o diniego, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare compiutamente i fatti costitutivi del credito opposto in compensazione, non essendo sufficiente la produzione del semplice estratto di ruolo che, come noto, è un atto interno all’Amministrazione finanziaria (cfr., ex multis, Cass. n. 22507 del 09/09/2019; Cass. n. 22184 del 22/09/2017).
2.3.1. Non si tratta, infatti, di procedere all’ammissione di detti crediti al passivo di una procedura fallimentare (per la quale è sufficiente una prova ‘semplificata’), ma della opponibilità degli stessi in sede contenziosa ad un soggetto terzo (il cessionario), qual è oggi Ifis.
2.4. La sentenza impugnata non si è conformata ai superiori principi di diritto. Invero, a fronte delle contestazioni di parte ricorrente, ha sostenuto che la semplice produzione di un elenco circostanziato delle cartelle di pagamento sulle quali si fonda la richiesta di compensazione ovvero di sospensione, unitamente alla produzione di un ‘Riassunto contabile’, sarebbe sufficiente a comprovare il proprio controcredito, ritenendo erroneamente che spetti al creditore fornire la prova dell’inesistenza di detti crediti.
2.4.1. Orbene, se è vero che l’Amministrazione finanziaria non debba fornire alcuna prova certa della esistenza di controcrediti ai fini del diniego di rimborso o dell’emissione del provvedimento di sospensione, è altrettanto vero che detta prova deve necessariamente essere fornita nel giudizio nel quale si discute della legittimità del diniego ovvero della sospensione, non essendo sufficiente la mera elencazione, per quanto analitica e circostanziata, dell’esistenza di cartelle di pagamento recanti i predetti crediti.
Il terzo motivo, con il quale si solleva un vizio motivazionale, è, invece, inammissibile.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie » (Cass. n. 17005 del 20/06/2024; Cass. n. 27415 del 29/10/2018).
3.2. Nel caso di specie, la CTR ha indicato -con motivazione logica ed esauriente -le ragioni per le quali ha ritenuto la natura concorsuale e non di massa del credito IVA ceduto ad Ifis dalla curatela fallimentare e, quindi, non vi è nessun fatto omesso.
3.3. Si tende, dunque, a contrapporre una diversa interpretazione dei medesimi fatti storici già presi in considerazione dalla CTR, sicché la censura implica la proposizione di un vizio di insufficiente motivazione e si rivela inammissibile anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
3.4. Del resto, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
contro
llarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
In conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, rigettato il terzo; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento Così deciso in Roma, il 08/04/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME