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Onere della prova: chi dimostra il credito d’imposta?

Un’impresa si vede contestare un credito d’imposta per ricerca e sviluppo. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione d’appello, ha riaffermato un principio cardine: l’onere della prova per le agevolazioni fiscali spetta sempre al contribuente, che deve dimostrare di possedere tutti i requisiti di fatto e di diritto. La sentenza di secondo grado è stata annullata per illogicità e per aver erroneamente interpretato la ripartizione di tale onere.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della prova: spetta al contribuente dimostrare il diritto al credito d’imposta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia fiscale: l’onere della prova per beneficiare di agevolazioni, come i crediti d’imposta, grava interamente sul contribuente. Questa decisione chiarisce che non è l’Amministrazione finanziaria a dover dimostrare l’assenza dei requisiti, ma l’impresa a dover provare di possederli tutti. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un atto di recupero emesso dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una società a responsabilità limitata. L’Ufficio contestava l’utilizzo in compensazione di un credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, relativo agli anni 2017 e 2018, ritenendolo inesistente. Di conseguenza, venivano irrogate anche le relative sanzioni.

Il percorso giudiziario è stato altalenante:

1. Primo Grado: La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) respingeva il ricorso dell’impresa, dando ragione all’Agenzia.
2. Secondo Grado: La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (CGT-2) riformava la sentenza, accogliendo l’appello della contribuente.

Insoddisfatta della decisione d’appello, l’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali: la carenza di motivazione della sentenza e la violazione delle norme sull’onere della prova.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte di Giustizia Tributaria. La decisione si fonda su una critica netta alla sentenza impugnata, definita “gravemente illogica”.

Il punto centrale della controversia ruota attorno a chi debba provare la sussistenza dei presupposti per godere di un’agevolazione fiscale. La Corte di Cassazione ha ribadito che, trattandosi di norme derogatorie rispetto alla disciplina ordinaria (leges speciales), l’onere della prova di possedere tutti i requisiti di fatto e di diritto spetta unicamente al contribuente che intende beneficiarne.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha smontato la decisione del giudice d’appello evidenziando tre errori fondamentali:

1. L’assenza di obbligo di parere tecnico: La CGT-2 aveva sostenuto che l’Ufficio avrebbe dovuto chiedere uno “specifico parere tecnico” prima di emettere l’atto di recupero. La Cassazione ha chiarito che non esiste alcuna norma di legge che imponga un simile adempimento preventivo all’Amministrazione.
2. L’illogicità della motivazione: La Corte d’appello, pur ammettendo di non possedere le “conoscenze tecniche specializzate” per valutare i presupposti del credito d’imposta, aveva comunque concluso che l’atto di recupero non fosse provato. Questa è stata considerata una palese contraddizione logica.
3. La violazione dell’onere della prova: L’errore più grave è stato non applicare correttamente il principio sancito dall’art. 2697 del Codice Civile. Le norme sulle agevolazioni fiscali sono eccezionali. Di conseguenza, il contribuente che ne reclama l’applicazione deve fornire la prova rigorosa della sussistenza di ogni singolo presupposto richiesto dalla legge. Notificare un atto di recupero equivale a una contestazione, che fa scattare immediatamente questo onere probatorio in capo al contribuente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza è un monito importante per tutte le imprese che usufruiscono di crediti d’imposta e altre agevolazioni fiscali. La decisione della Corte di Cassazione sottolinea che non è sufficiente affermare di avere diritto a un beneficio; è indispensabile essere in grado di dimostrarlo con prove concrete e documentazione completa e rigorosa. Le aziende devono quindi adottare un approccio proattivo, conservando meticolosamente tutta la documentazione tecnica e contabile che attesti la natura, i costi e la conformità delle attività svolte ai requisiti di legge. Affidarsi a una presunta mancanza di prova da parte dell’Amministrazione finanziaria è una strategia difensiva destinata a fallire, poiché l’onere di dimostrare il proprio diritto è, e rimane, saldamente sulle spalle del contribuente.

A chi spetta l’onere della prova quando si richiede un’agevolazione fiscale come un credito d’imposta?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare la sussistenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto per godere di un’agevolazione fiscale spetta sempre ed esclusivamente al contribuente.

È obbligatorio per l’Amministrazione finanziaria chiedere un parere tecnico prima di emettere un atto di recupero per un credito d’imposta?
No, l’ordinanza chiarisce che non esiste alcuna norma di legge che imponga all’Amministrazione finanziaria di richiedere un parere tecnico preventivo prima di contestare la spettanza di un credito d’imposta.

Perché le norme sulle agevolazioni fiscali sono considerate “leges speciales”?
Sono considerate tali perché rappresentano una deroga alle regole fiscali ordinarie. Proprio per questa loro natura eccezionale, chi intende avvalersene deve dimostrare in modo rigoroso di rientrare pienamente nel campo di applicazione previsto dalla norma speciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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