Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7163 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
Oggetto: notifica cartella pagamento -contestazione contenuto atto notificato -onere prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16695/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL, domiciliato presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante;
-intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 1554/6/2016, depositata il 19.12.2016 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 17 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1554/6/2015 depositata il 19.12.2016 veniva rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE oggi Agenzia delle Entrate Riscossione, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Verbania n. 1/2/2015, la quale aveva accolto il ricorso della società in liquidazione RAGIONE_SOCIALE NOME Galli RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto l’intimazione di pagamento per IVA e sanzioni relativamente all’anno di imposta 2007.
Il giudice di prime cure riteneva che la notifica della cartella di pagamento, quale atto recettizio propedeutico all’intimazione di pagamento, fosse stata ritualmente notificata ex art.26 d.P.R. n.602/1973 direttamente dall’agente della riscossione a mezzo posta. Tuttavia, riteneva non assolto l’onere a carico del mittente di fornire la prova dell’esatto contenuto della cartella di pagamento notificata, che la contribuente contestava di aver effettivamente ricevuto, dimostrazione che non poteva fondarsi sulla mera esibizione della sola cartolina di ritorno, essendo l’agente della riscossione tenuto ad esibire la copia integrale della cartella di cui era obbligato alla conservazione per cinque anni ex art.26, comma 4, d.P.R. n.602/1973, adempimento non compiuto nel caso. Né la produzione della copia della cartella in giudizio era idonea a sanare il vulnus ex art.58 d.lgs. n.546/1992, trattandosi di nuova prova e non di nuovo documento e come tale preclusa. Dalla ritenuta assenza di prova della rituale notifica della cartella il giudice derivava l’invalidità
dell’intimazione di pagamento. La decisione e la motivazione del giudice di prime cure venivano interamente condivise dalla CTR.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’agente della riscossione deducendo quattro motivi (di cui il secondo articolato in due sub-cesure), mentre la contribuente è rimasta intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia da parte del giudice, incorso in error in procedendo , non avendo deciso sull’eccezione di inammissibilità della questione, a dire della ricorrente tardivamente introdotta, secondo cui l’agente della riscossione non aveva adempiuto all’onere probatorio proprio circa il contenuto della busta, mentre nel ricorso introduttivo aveva solo contestato la ritualità della notifica a mezzo posta.
Il motivo è infondato, dal momento che la CTR ha deciso nel merito la questione e così ne ha implicitamente stabilito la tempestività. 3. Con il secondo motivo di ricorso, articolato in due sub censure, viene dedotta, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt.18 e 24 del d.lgs. n.546/1992, per aver il giudice mancato di riconoscere che avrebbe dovuto limitare la decisione al thema proposto nel ricorso introduttivo, che atteneva genericamente alla omessa notificazione della cartella, ed ha invece accolto il ricorso proprio sul motivo irritualmente introdotto con la memoria illustrativa, ossia l’omessa prova circa il contenuto della busta, onere che il giudice territoriale pone a carico dell’agente della riscossione.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata chiarisce che sin dal ricorso introduttivo veniva contestata dalla contribuente la mancata regolare notificazione dei titoli propedeutici all’intimazione di pagamento . La specificazione della contestazione, contenuta nella memoria illustrativa in primo grado, nei due versanti della irrituale notifica diretta a mezzo posta della cartella sottostante e nella mancata materiale ricezione dell’atto contenuto nella busta si rivela così essere una precisazione successiva alla costituzione in giudizio dell’Agenzia che ha reso nota la notifica della cartella di pagamento. La precisazione costituisce una mera difesa idonea a contestare i fatti costitutivi della pretesa azionata dall’agente della riscossione , non tale da ampliare il thema decidendum , che è rimasto focalizzato sulla notifica dell’atto sottostante all’intimazione di pag amento, questione introdotta con il ricorso.
4. Con il terzo motivo, la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 e 1335 cod. civ. per aver il giudice ritenuto che la ricevuta della raccomandata con annotazione del numero della cartella ed il riferimento all’estratto del ruolo parimenti prodotto non fossero sufficienti a provare la notificazione a mezzo posta ex art. 26 d.P.R. 602/1973 della cartella di pagamento, dovendo essere
dall’agente della riscossione fornita anche la dimostrazione del contenuto della busta.
5. Il motivo è fondato.
In tema di notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo, la prova del perfezionamento è assolta mediante la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata, salvo che il destinatario dimostri di essersi trovato, senza colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione, non essendo invece necessario il deposito dell’originale o della copia autentica dell’avviso di accertamento. (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 34765 del 12/12/2023).
Conclusioni non dissimili devono raggiungersi anche con riferimento al caso di specie, in cui l’atto di cui è con testata la ricezione è una cartella di pagamento, sottesa all’intimazione impugnata.
La sentenza impugnata cita la decisione Cass. Sez. 6-5, n.18252/2013 nel senso che, nel caso di notifica della cartella di pagamento mediante l’invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, è a carico del mittente il plico raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, allorché risulti solo la cartolina di ricevimento ed il destinatario contesti il contenuto della busta medesima, ma si tratta di un risalente orientamento non più condiviso e superato.
Già la sentenza della Sez. 5 della Cassazione n. 16528 del 22/06/2018 ha stabilito, proprio con riferimento alla notifica della cartella di pagamento mediante raccomandata, che la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall’avviso di ricevimento fa presumere, ai sensi dell’art. 1335 cod. civ., in conformità al principio di cd. vicinanza della prova, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova (nello stesso senso, cfr. Cass. Sez . 5, ordinanza n. 237 del 12/01/2021).
La Sezione ha poi ulteriormente affermato (Cass. Sez . 5, ordinanza n. 30787 del 26/11/2019 che nel caso di contestazione dell’atto comunicato a mezzo raccomandata, la prova dell’arrivo di questa fa presumere l’invio e la conoscenza dell’atto, spettando al destinatario, in conformità al principio di vicinanza della prova, l’onere eventuale di dimostrare che il plico non conteneva l’avviso. Tale presunzione, però, opera per la sola ipotesi di una busta che contenga un unico atto, mentre ove il mittente affermi di averne inserito più di uno e il destinatario contesti tale circostanza, grava sul mittente l’onere di provare l’intervenuta notifica e, quindi, il fatto che tutti gli atti fossero contenuti nel plico, in quanto, secondo l’ id quod plerumque accidit , ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione.
Nel caso di specie non vi è alcuna deduzione secondo cui la busta avrebbe contenuto un atto ulteriore rispetto alla cartella di pagamento.
L’accoglimento del terzo motivo incentrato sull’onere della prova, comporta l’assorbimento del quarto relativo ad un’ulteriore v iolazione di legge con riferimento al contenuto della prova, in cui viene anche prospettata la violazione o falsa applicazione degli artt. 57 e 58 d.lgs. n. 546/1992 da parte del giudice che ha svalutato la produzione in appello da parte del l’ agente della riscossione della ristampa della cartella di pagamento, poiché il documento è stato ritenuto non più producibile in giudizio.
La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di
7 Giustizia di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma il 17.1.2025