Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22118 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22118 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26133/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 1272/2018 depositata il 07/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR della Campania, con la sentenza 1272/27/2018, rigettava l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE confermando la sentenza di primo grado che, in parziale accoglimento, dell’impugnazione proposta dalla predetta società contribuente avverso l’avviso di pagamento TARSU anno 2012 notificatole dalla società RAGIONE_SOCIALE società concessionaria TARSU del comune di Caserta aveva annullato l’avviso limitatamente all’accertamento della TARSU dovuta per lo stabilimento industriale. 2. I giudici di secondo grado ritenevano che, a fonte delle specifiche contestazioni formulate dal concessionario, la società contribuente non aveva comprovato il diritto ad ulteriori esenzioni/riduzioni. Precisavano, in particolare, che la contribuente non aveva comprovato il diritto alla riduzione per essere il confine dell’opificio ubicato oltre mille metri da più vicino punto di raccolta.
Contro detta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 e 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e 24 Cost. con riferimento ai principi che regolano l’onere della prova ed il principio di vicinanza della prova e dell’art.115 c.p.c. in ragione della mancata specifica contestazione di elementi alla base della richiesta di riduzione della tariffa, lamentando la erroneità della decisione impugnata nella parte in cui aveva affermato che la società contribuente non aveva comprovato il diritto alla riduzione per essere il confine dell’ opificio ubicato oltre mille metri da più vicino punto di raccolta.
Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione dell’art. 4 del DM 55/2014 per avere i
giudici di appello nel liquidare le spese di lite violato i parametri fissati al DM citato.
Il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate.
Il primo motivo è privo di fondamento.
4.1. Occorre, infatti, ribadire che in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (tra le tante: Cass. Sez. 6^-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., Sez. Trib., 15 ottobre 2024, n. 26739).
In ogni caso, nessuna contravvenzione alle regole di ripartizione dell’onere probatorio può imputarsi al giudice di appello.
Difatti, l’infrazione alla regola generale dell’art. 2697 cod. civ. (che è stata lamentata dalla ricorrente) si può configurare soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., Sez. 1^, 20 aprile 2020, n. 7919; Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. 6^-5, 26 gennaio 2022, n. 2286; Cass., Sez. Trib., 7 aprile 2023, n. 9529; Cass., Sez. Lav., 23 maggio 2024, n. 14482; Cass., Sez. 1^, 25 novembre 2024, n.
30389; Cass., Sez. 1^, 14 febbraio 2025, n. 3761), ma non anche nell’ipotesi in cui oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, ritenendo che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è (nella prospettazione del ricorrente) un fallace apprezzamento sull’esito della prova, che è sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., nei limiti in cui questa censura è ammessa (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. Lav., 28 marzo 2022, n. 9933; Cass., Sez. Trib., 26 maggio 2023, n. 14766; Cass., Sez. Trib., 26 marzo 2025, n. 8031).
Si rammenta, inoltre, che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (sotto il profilo del risultato probatorio), occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), e cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo, a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza, mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 5^, 17 dicembre 2020, n. 28940; Cass.,
Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16016; Cass., Sez. 6^-5, 9 dicembre 2021, n. 39057; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2021, n. 40214; Cass., Sez. 5^, 24 marzo 2022, n. 9541; Cass., Sez. Trib., 31 agosto 2023, n. 25518; Cass., Sez. Trib., 31 ottobre 2023, n. 30303; Cass., Sez. 2^, 31 ottobre 2024, n. 28116), e la cui violazione è censurabile in sede di legittimità solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16016; Cass., Sez. Trib., 27 ottobre 2023, n. 29956; Cass., Sez. 2^, 20 ottobre 2024, n. 27585).
In tal senso, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne
attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. Trib., 22 novembre 2023, n. 32505).
4.2. Osserva il Collegio che la parte, in realtà, contesta la ricostruzione in fatto dei giudici di merito i quali hanno ritenuto che non vi era prova di quanto dedotto in ordine alla distanza dei punti di raccolta, precisando, che la ricorrente non aveva fornito nessun riscontro probatorio a sostegno alla suddetta allegazione non essendo ‘ state versate in atti le planimetrie, o l’aerofotogrammetria e tantomeno la documentazione concernente l’effettivo piano in raccolta a mezzo cassonetti attuato nel Comune di Caserta certamente nella disponibilità anche della contribuente (anche eventualmente mediante accesso in atti )’.
4.3. In conclusione nessuna violazione dell’art. 2697 c.c. è configurabile atteso che la causa di riduzione correlata alla distanza dell’immobile dai cassonetti di raccolta doveva essere dimostrata da parte contribuente che tale causa aveva eccepito né è ravvisabile, alla luce dei cennati principi, alcuna violazione del 115 c.p.c., ma la parte pone mere questioni che attengono alla valutazione delle prove.
Anche il secondo motivo non coglie nel segno.
5.1. Osserva questo Collegio che i compensi sono stati liquidati in favore della parte vittoriosa in misura inferiore ai valori medi in relazione allo scaglione di riferimento -non contestato ‘fino ad € 5.200,00 – per tre fasi (di studio, introduttiva e decisionale) per complessivi euro 1.500,00.
Per le tre fasi liquidate erano previsti i seguenti valori medi: € 605,00 (fase studio); € 405,00 (fase introduttiva); € 875,00 (fase decisionale) e quindi € 1.885,00 , sicchè le spese di lite sono state liquidate correttamente.
Deve precisarsi che la tardività della memoria di costituzione non ha rilevanza alcuna ai fini della spettanza delle relative voci tariffarie
inerenti lo studio della controversia e la redazione dell’atto di costituzione (rilevando la questione solo dal punto di vista processuale, ai fini della delimitazione del thema decidendum ) mentre la fase decisionale andava, comunque, liquidata alla stregua del condivisibile principio di diritto per cui in tema di liquidazione delle spese di lite, qualora non siano state depositate le comparse conclusionali e le memorie di replica, spetta comunque il riconoscimento dei compensi per la fase decisionale, in quanto essa, ai sensi dell’art. 4, comma 5, lett. d) del d.m. n. 55 del 2014, ricomprende un’ampia serie di attività, tra cui la precisazione delle conclusioni e l’esame del provvedimento conclusivo del giudizio. (Cass. Sez. 6, 20/02/2023, n. 5289, Rv. 667062 – 01).
Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato.
6.1. Nulla va disposto in ordine alle spese della presente fase processuale stante la mancata costituzione della RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data