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Onere della prova cessioni intracomunitarie: la Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21735/2024, ha chiarito l’onere della prova a carico del cedente nelle cessioni intracomunitarie. Una società si è vista negare il regime di non imponibilità IVA per aver effettuato vendite a clienti con codici IVA inesistenti. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che spetta al venditore dimostrare non solo la spedizione della merce, ma anche e soprattutto lo status di soggetto passivo IVA del cessionario. La mancanza di questa prova, considerata un requisito sostanziale, impedisce di beneficiare dell’esenzione, indipendentemente dal solo adempimento formale del controllo del codice IVA.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova nelle Cessioni Intracomunitarie: Quando il Cedente Rischia di Perdere l’Esenzione IVA

Nel complesso mondo del commercio europeo, le cessioni intracomunitarie rappresentano la normalità per molte aziende. Tuttavia, il regime di non imponibilità IVA, pur essendo un vantaggio, nasconde delle insidie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’onere della prova per beneficiare dell’esenzione IVA grava interamente sul venditore. Quest’ultimo non deve solo dimostrare che la merce ha lasciato il paese, ma anche, e soprattutto, che l’acquirente è un soggetto passivo IVA nel proprio Stato. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Corte.

I Fatti di Causa: La Controversia sull’IVA

Una società operante in Italia si è vista recapitare un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate. L’oggetto della contestazione era l’omesso versamento dell’IVA su diverse fatture emesse nei confronti di clienti intracomunitari. Il motivo? I codici identificativi IVA dei clienti risultavano inesistenti o appartenenti a soggetti che avevano cessato l’attività.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Ufficio. Secondo i giudici di secondo grado, per l’esenzione IVA non basta la presenza dei requisiti territoriali (merce spedita all’estero) e oggettivi (cessione di beni), ma è cruciale il requisito soggettivo: l’acquirente deve essere un soggetto passivo IVA. La società, secondo la Corte regionale, non aveva svolto le necessarie verifiche con la dovuta diligenza, non potendo limitarsi a un controllo superficiale.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Onere della Prova

La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la violazione delle norme sull’IVA intracomunitaria e un difetto di motivazione da parte dei giudici d’appello. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sull’onere della prova.

La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza d’appello, seppur sintetica, era chiara: il punto centrale era la mancanza del requisito soggettivo. L’analisi si è poi concentrata sul fulcro della questione: la distinzione tra requisiti formali e sostanziali per ottenere la non imponibilità.

Le Motivazioni: Requisiti Sostanziali vs. Formali

La Cassazione, richiamando una consolidata giurisprudenza nazionale e unionale, ha spiegato che la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie si fonda su presupposti sostanziali. Questi sono:
1. Il trasferimento fisico dei beni dal territorio italiano a quello di un altro Stato membro dell’UE.
2. La qualità di soggetto passivo IVA dell’acquirente in tale Stato membro.

L’indicazione in fattura di un codice IVA valido e l’iscrizione al VIES sono considerati requisiti formali. La loro violazione non comporta automaticamente la perdita del beneficio fiscale, a due condizioni: che non si tratti di una frode fiscale e che non impedisca di fornire la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali.

Nel caso di specie, il problema non era il mero errore formale del codice IVA. La Corte ha sottolineato che l’onere della prova circa la sussistenza dei requisiti sostanziali è interamente a carico del contribuente che invoca il beneficio. La società cedente avrebbe dovuto dimostrare, con elementi oggettivi, che il suo cliente era effettivamente un operatore economico soggetto a IVA nel paese di destinazione. Le prove fornite (la spedizione dei beni e la ricezione dei pagamenti) sono state giudicate insufficienti a identificare con certezza la controparte e a confermarne lo status di soggetto passivo. È questa mancata dimostrazione del requisito soggettivo, un elemento sostanziale, che ha legittimato il recupero dell’imposta da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende

La decisione rafforza un principio cardine per le imprese che operano a livello europeo: la diligenza non si ferma al controllo del numero di partita IVA sul sistema VIES. Per assicurarsi il regime di non imponibilità, un’azienda deve essere in grado di dimostrare attivamente la natura di operatore economico del proprio cliente. Questo significa raccogliere e conservare documentazione adeguata che provi non solo la transazione e la spedizione, ma anche la reale identità e lo status fiscale dell’acquirente. In assenza di tale prova, il rischio di vedersi contestare l’operazione e di dover versare l’IVA, oltre a sanzioni e interessi, è concreto.

Chi deve provare i requisiti per l’esenzione IVA nelle cessioni intracomunitarie?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava interamente sul cedente, ovvero sull’azienda che vende e spedisce i beni. È il venditore a dover dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti, sia formali che sostanziali.

Un codice IVA del cliente errato o cessato fa perdere automaticamente il diritto all’esenzione?
No, non automaticamente. La mancanza o l’irregolarità del codice IVA è una violazione di un requisito formale. La perdita del beneficio si verifica se questa violazione impedisce di fornire la prova certa dei requisiti sostanziali (come lo status di soggetto passivo del cliente) o se il cedente ha partecipato consapevolmente a una frode fiscale.

Cosa deve dimostrare concretamente il venditore per beneficiare della non imponibilità IVA?
Il venditore deve provare due elementi sostanziali: l’effettivo trasporto o spedizione dei beni in un altro Stato membro dell’UE e, soprattutto, che l’acquirente possiede lo status di soggetto passivo IVA in quello Stato. La sola prova della spedizione e del pagamento non è sufficiente per dimostrare quest’ultimo punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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