Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 740 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 740 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 26526/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO giusta procura speciale a margine del ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della SICILIA, n. 7872/2019/16, depositata in data 30 dicembre 2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Messina, con sentenza n. 58/2011, depositata il 27 gennaio 2011, aveva rigettato il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE contro l’avviso di accertamento, con cui veniva contestata la rettifica del Modello Unico 2007 per la minore perdita dichiarata pari ad euro 87.708,00 ai fini IRAP e l’illegittima detrazione IVA per euro 684.467,86 pari alla differenza dell’Iva ribaltata dalle consortili con aliquota al 2 0%, ritenendo sussistente il difetto di prova, per la mancata produzione degli atti costitutivi intercorsi tra le ATI e le società consortili, da cui sarebbe dovuto risultare che tra le stesse intercorreva un rapporto di mandato senza rappresentanza e non piuttosto un rapporto di appalto.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società contribuente sulla base delle seguenti considerazioni:
-) la stessa società aveva riconosciuto di aver errato nell’omettere di imputare all’anno 2006 la sopravvenienza passiva tanto che nell’a nno successivo (2007), attraverso una rettifica contabile, l’aveva inseriva tra i componenti positivi di reddito e, nel caso di specie, era indubbio che le sopravvenienze possedevano già nel 2006 i requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità, pertanto erano legittime la tassazione e le sanzioni irrogate;
-) circa l’aliquota Iva, i rapporti intercorrenti tra le consortili e le ATI apparivano essere dei rapporti di subappalto in relazione ai quali le fatture emesse tra loro scontavano l’aliquota prevista per l’oggetto dei
lavori eseguiti, ovvero il 10%, indipendentemente dall’aliquota con la quale le consortili avevano acquistato i materiali, per eseguire i lavori; la società appellante, sebbene in sede di appello aveva dichiarato di depositare gli atti costitutivi delle consortili e i patti parasociali, dai quali doveva risultare la natura di rapporto intercorrente tra le stesse e le due ATI, non aveva prodotto nulla, così come in primo grado; i liquidatori, inoltre, successivamente sostituitisi alla gestione ordinaria de lle consortili (e prima dell’accesso dei militari verificatori), avevano emesso note di rettifica per il pregresso e successivamente avevano emesso le fatture di ribaltamento, con Iva al 10%.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dall’Agenzia delle Entrate nel controricorso , in quanto il ricorso è stato notificato a mezzo del servizio postale con notifica spedita il 5 ottobre 2020 (ricevuta dalla Direzione centrale il 9 ottobre 2020 e dalla Direzione provinciale di Messina il 7 ottobre 2020), con termine di scadenza il 3 ottobre 2020 (sabato), tenuto conto sia dei termini di sospensione per la pandemia da Covid 19 ( dal 9 marzo all’11 maggio 2020 ex art. 83 del decreto legge n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020 e art. 36, comma primo, del decreto legge n. 23 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 40 del 2020) , sia del disposto di cui all’art. 155, quinto comma, cod. proc. civ. secondo cui la proroga prevista dal quarto comma (al primo giorno seguente non festivo) si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali fuori udienza che scadono nella giornata del sabato (norma applicabile anche nel processo tributario, cfr. Cass., 31 maggio 2016, n. 11269).
2. Il primo mezzo deduce la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale, contrariamente a quanto sostenuto, non aveva valutato le prove pure prodotte dalla società contribuente, che aveva allegato agli atti del giudizio i contratti ed i patti parasociali da cui (solo) poteva emergere la natura dei rapporti tra ATI e consorziate, ciò costituendo un accertamento con valenza di pregiudiziale logica rispetto a quello sulla legittimità della detrazione IVA con aliquota al 20% e non al 10%. I giudici di secondo grado avevano omesso la disamina degli atti negoziali prodotti in giudizio (ovvero gli atti costitutivi delle consortili «Ognina» e «Lercara» e i patti parasociali contenenti la regolamentazione dei loro rapporti con le ATI), volti a comprovare la natura giuridica dei rapporti riconducibili al mandato senza rappresentanza e non al sub-appalto tra le consortili e le ATI, da ciò dipendendo la legittimità del ribaltamento dei costi sostenuti dalla ricorrente alla stessa aliquota di quella fatturata dalle società Ognina e Lercara.
3. Il secondo mezzo deduce la nullità della sentenza per carente ed illogica motivazione; la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. (applicabile per rinvio operato dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992), in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.. La motivazione della sentenza impugnata era carente, in quanto il giudice aveva qualificato il rapporto tra le ATI e le consortili omettendo tuttavia di rivelare quali elementi di fatto aveva considerato e ritenuto decisivi onde sussumere il rapporto contrattuale in contesa al subappalto, piuttosto che al mandato senza rappresentanza ex art. 1705 cod. civ.. Né era stata oggetto di disamina la disciplina applicata, sì da doversi ritenere del tutto omessa (anche) l’esposizione delle ragioni giuridiche della decisione assunta. La motivazione era anche illogica posto che i giudici di secondo grado,
dopo avere rilevato che la società appellante non aveva prodotto gli atti costitutivi delle consortili ed i patti parasociali, non avrebbe allora potuto (e dovuto) operare alcuna qualificazione, né in termini di subappalto, né di mandato senza rappresentanza, in assenza della documentazione all’uopo occorrente.
Il secondo motivo, la cui trattazione è prioritaria, è infondato.
4.1 Ed invero, la Commissione tributaria regionale ha affermato che la stessa società aveva riconosciuto di avere errato nell’omettere di imputare all’anno 2006 la sopravvenienza , tanto che nell’a nno successivo (2007), attraverso una rettifica contabile, l’aveva inseriva tra i componenti positivi di reddito e, nel caso di specie, era indubbio che le sopravvenienze possedevano già nel 2006 i requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità e che, pertanto, erano legittime la tassazione e le sanzioni irrogate; inoltre, i giudici di secondo grado, sul l’aliquota Iva, hanno evidenziato che i rapporti intercorrenti tra le consortili e le ATI apparivano essere dei rapporti di subappalto in relazione ai quali le fatture emesse tra loro scontavano l’aliquota del 10%, indipendentemente dall’aliquota con la quale le consortili avevano acquistato i materiali, per eseguire i lavori, precisando che la società appellante, sebbene in sede di appello avesse dichiarato di depositare gli atti costitutivi delle consortili e i patti parasociali, dai quali doveva risultare la natura di rapporto intercorrente tra le stesse e le due ATI, non aveva prodotto nulla, così come in primo grado.
4.2 R
da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302).
Il primo motivo è inammissibile sia per difetto di autosufficienza, sia perché non si confronta con il contenuto del provvedimento impugnato.
5.1 Sotto il primo profilo, perché « Qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione » (Cass., 21 maggio 2019, n. 13625; Cass., 1 luglio 2021, n. 18695).
5.2 E ciò anche a volere considerare quanto, di recente, statuito dalle Sezioni Unite della Corte secondo cui « Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può, tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti
richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito » (Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950), che, pur escludendo l’eccessivo rigore nella imposizione di oneri di integrale trascrizione e allegazione di documenti, hanno comunque sottolineato come i motivi debbano comunque indicare puntualmente, per le parti di rilievo, il contenuto degli atti richiamati, in modo da consentire al giudice l’esatta comprensione e portata della doglianza, oltre che l’esatta collocazione del documento nel fascicolo di causa.
5.3 Sotto il secondo profilo, in quanto, in disparte il rilievo che il vizio dedotto non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 23 maggio 2014, n. 11511), nel caso in esame, il provvedimento impugnato, lungi dal non considerare le argomentazioni difensive della società appellante, le ha, invece, esaminate specificamente, poiché la Commissione tributaria regionale ha affermato che la società ricorrente, pur avendo allegato la circostanza di avere prodotto in giudizio gli atti costitutivi delle consortili e i patti parasociali, che avrebbero riscontrato la natura del rapporto intercorrente tra le stesse e le ATI, non aveva prodotto nulla, né in primo grado, né in secondo grado, così da un lato rimanendo indimostrata la stipula di contratti di mandato senza rappresentanza e dall’altro ritenendo sussistenti i rapporti regolati dalle regole del subappalto.
5.4 La sentenza impugnata ha, dunque, motivato secondo il prudente apprezzamento delle concrete circostanze acquisite al processo e
nell’esercizio del potere giurisdizionale tipicamente attribuito al giudice del merito, che, come già detto, non è suscettibile di valutazione in sede di legittimità.
5.5 Resta, anche, inammissibilmente invocato l’art. 115 cod. proc. civ., la cui violazione postula che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, ossia abbia giudicato o contraddicendo espressamente la regola, dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa fuori dai casi consentiti dalla legge (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4699; Cass., 26 ottobre 2021, n. 30173).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dall ‘ Agenzia controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell ‘ Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023.