Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29583 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29583 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, con AVV_NOTAIO;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’AVV_NOTAIO generale dello Stato ;
controricorrente –
Avverso la sentenza n. 5597/2021 resa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio e depositata in data 6 dicembre 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L a contribuente ha impugnato un avviso di accertamento emesso per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2010, pur fruendo la stessa di redditi da fabbricati non dichiarati per € 201.800,00, avendo concesso in locazione tali immobili siti in Formello. La stessa risultava soccombente tanto in primo grado quanto in grado d’appello, per cui la stessa proponeva ricorso in
OPP. PDA
cassazione affidandosi a un motivo, mentre l’RAGIONE_SOCIALE resisteva a mezzo di controricorso.
Successivamente veniva depositata proposta di definizione accelerata, a fronte della quale la stessa ricorrente proponeva istanza di decisione e da ultimo depositava memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c., per avere la CTR imposto alla convenuta sostanziale odierna ricorrente e non invece all’RAGIONE_SOCIALE, attrice sostanziale -odierna resistente, l’onere della prova in ordine alla mancanza da parte della ricorrente della titolarità del diritto di superficie, presuntivamente ascrittole dalla Gdf, su diverse unità immobiliari come da visura catastale storica, non esaminata dal giudice del gravame.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Sebbene la rubrica del ricorso faccia riferimento all’art. 360, primo comma, n.4, cpc in realtà la contestazione operata dalla contribuente attinge al vizio di cui al n.5 dello stesso articolo, in quanto la ricorrente, seppur divagando su diversi aspetti non del tutto conferenti alla questione in oggetto, censura l’omesso esame di un fatto (la non titolarità dei diritti immobiliari in capo al ricorrente emergente da una visura catastale) ritenuto decisivo per il giudizio.
Tuttavia, deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso, giusto il disposto dell’art. 360, quarto comma, c.p.c., in base al quale la sentenza d’appello che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (c.d.: “doppia conforme”) non è censurabile con il mezzo di cui all’articolo 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (ex multis Cass. S.S.U.U. n. 8053 del 07/04/2014). Ricorre, infatti, nel presente giudizio l’ipotesi di “doppia conforme”, con conseguente operatività
della preclusione già prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. e attualmente dall’art. 360, comma 4, c.p.c., in quanto la sentenza di primo grado e quella di secondo grado partecipano della medesima ratio decidendi. Nello specifico sia la CTP (che fa riferimento a ‘doglianze di parte ricorrente palesemente infondate e prove di idonea e valida documentazione’, facendo riferimento alle doglianze di merito attinenti appunto alla titolarità dei beni) sia la CTR (la quale afferma che ‘nulla supporta la doglianza difensiva secondo cui gli immobili di INDIRIZZOnon sarebbero di proprietà della contribuente, ciò al di là del rilievo che, in realtà, in quell’allegato la contribuente è indicata come titolare per l’intero di proprietà superficiaria’, quindi sempre avuto riguardo all’asserito difetto di titolarità del bene che invece le indagini condotte e la documentazione apportata dall’ufficio riconducevano proprio alla contribuente) hanno rigettato il ricorso del contribuente sulla scorta della inidoneità RAGIONE_SOCIALE prove contrarie prodotte.
Il ricorso è inoltre, infondato, laddove ha offerto una errata interpretazione del criterio di riparto dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. (così come applicato nel processo tributario). Secondo quanto affermato dalla contribuente essa non rivestirebbe la veste di attore in senso sostanziale nel presente procedimento e non sarebbe quindi gravata dell’onere di provare alcunché, dovendo invece essere l’Ufficio a provare il fondamento della pretesa tributaria. Tale assunto non è condivisibile. Se infatti è sicuramente vero che l’Ufficio deve dimostrare i fatti che hanno portato alla formulazione dell’accertamento è altresì vero che ciò non altera i generali principi che regolano il regime della prova nel processo. Una volta, infatti, emesso un accertamento provvisto di motivazione (circostanza quest’ultima non contestata), spetta al contribuente fornire la prova che la ricostruzione operata dall’Ufficio è sprovvista di fondamento.
Il ricorso dev’essere quindi rigettato, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Visto il combinato disposto degli artt. 380-bis e 96, terzo comma, cpc, condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente di una somma equitativamente determinata in € 2.900,00.
Visto il combinato disposto degli artt. 380-bis e 96, quarto comma, cpc, condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, della somma di € 1000,00.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese che liquida in € 5.800,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente dell’ulteriore somma di € 2.900,00.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, della somma di € 1000,00.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)