Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5005 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5005 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
Opp. PDA (Avv. Acc. IRPEF 2010)
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24484/2023 R.G. proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Messina, INDIRIZZO avv.EMAILpec.giuffreEMAIL
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della CORTE DI RAGIONE_SOCIALE II GRADO SICILIA n. 3958/10/2023, depositata in data 2 maggio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, notificato in data 30 dicembre 2015, l’Agenzia delle Entrate direzione provinciale di Messina contestava al sig. COGNOME l’omessa dichiarazione, per l’anno 2010, di redditi diversi, per complessivi € 186.091,00, con recupero di IRPEF per € 75.728,00, addizionale regionale all’IRPEF per € 3.322,00 e addizionale comunale all’IRPEF per € 960,00, cui aggiungere sanzioni pari a € 72.009,90, contestualmente irrogate.
Avverso l’avviso il contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Messina; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Messina, con sentenza n. 2352/11/2017, rigettava il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.g.t. di II grado della Sicilia; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 3958/10/2023, depositata in data 2 maggio 2023, la C.g.t. di II grado adita rigettava il gravame del contribuente.
Avverso la sentenza della C.g.t. di II grado della Sicilia, il contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
Sul ricorso, ritenuto inammissibile, veniva effettuata proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis. cod. proc. civ.; quest’ultima veniva comunicata alle parti e il contribuente presentava istanza di opposizione alla stessa in data 4 luglio 2024 chiedendo, a norma dell’art. 380 bis, secondo comma cit., di decidere la causa.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 14 gennaio 2024 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 5 bis , del D.LGS. 31 dicembre 1992, n. 546, introdotto dall’art. 6 L. 31 agosto 2022, n. 130, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. -Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.g.t. di II grado non ha tenuto in debito conto le giustificazioni in fatto allegate nei giudizi di merito in ordine alla movimentazione bancaria in conto corrente.
Il motivo di ricorso proposto è inammissibile.
2.1. Invero, questa Corte ha avuto modo di precisare che «In materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria» (Cass. n. 2746/2024).
2.2. Così, il Giudice del merito, richiamando correttamente i principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio e prova contraria che il contribuente deve fornire in materia di movimentazioni bancarie, ha poi stabilito che: «Nel caso di specie il contribuente, titolare di attività di impresa individuale, come sopra osservato, in sede di contraddittorio non ha fornito alcuna concreta indicazione circa la natura dei prelevamenti e versamenti rilevati. Il riferimento a tale COGNOME NOME quale destinatario di assegni e origine di versamenti, non è in alcun modo idoneo a giustificare la movimentazione bancaria, dal momento che non viene in alcun modo specificata e documentata la destinazione lecita dei movimenti e la corretta contabilizzazione degli stessi ai fini della contabilità dell’impresa o, in alternativa, l’estraneità della movimentazione all’attività di impresa formalmente esercitata dall’imprenditore verificato. tanto più che, come risulta dalla stessa documentazione esibita dall’appellante, il detto COGNOME era imputato insieme all’COGNOME di reati
di usura e con questo condannato. Tanto basta per rendere legittimo l’accertamento, essendo rimasta insuperata la presunzione di legge».
2.3. Tanto premesso, il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile in quanto la censura proposta non fa che risolversi nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal Giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al Giudice di legittimità (Cass., SS.UU., sent. n. 34476/2019).
2.4. Vieppiù che nella memoria depositata, il contribuente declina la necessità della correttezza della motivazione dell’avviso di accertamento laddove avvenga per relationem; tale riflessione si profila assolutamente inconferente rispetto al motivo di ricorso.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
4.1. Il contribuente deve essere anche condannato al pagamento di somme -liquidate in dispositivo – in favore della controricorrente, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, terzo comma, cod. proc. civ., nonché della cassa delle ammende, ai sensi del combinato disposto degli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 3.500,00, oltre spese prenotate a debito nonché al pagamento dell’ulteriore somma pari ad € 1.750,00, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
Condanna, inoltre, il ricorrente al versamento di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 14 gennaio 2025.