Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32988 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32988 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22332/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME , domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPOBASSO n. 276/2015 depositata il 29/09/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Molise che aveva rigettato l’appello erariale contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Isernia di accoglimento del ricorso della contribuente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avverso l’avviso di accertamento per il 2004 recante recupero di IRES, IVA e IRAP a seguito della contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti con ditte importatrici di autovettura di provenienza intracomunitaria (ditte individuali RAGIONE_SOCIALE Minno e RAGIONE_SOCIALE D’COGNOME) costituenti ‘cartiere’.
Secondo la CTR l’Agenzia non aver fornito « elementi concreti » ma aveva avanzato « semplici supposizioni » in ordine alla effettiva consapevolezza da parte del cessionario di una interposizione fittizia.
Il ricorso è fondato su due motivi, illustrati con memoria.
Hanno resistito con controricorso NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME quali soci della cessata RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546/1992 lamentandosi la motivazione soltanto apparente della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 18, 19 e 21 del d.P.R. n. 633/1972 nonché dell’art. 2697 c.c., lamentandosi l’erronea applicazione da parte della CTR delle regole in materia di detrazione iva e di distribuzione dell’onere della prova.
Il primo motivo è infondato.
3.1. Non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica in modo da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).
3.2. La CTR, sia pure in termini estremamente sintetici, ha offerto una motivazione che attinge il c.d. ‘minimo costituzionale’ e
consente di cogliere il percorso logico -giuridico seguito dal Giudice d ‘appello : questi ha condiviso la decisione del Giudice di prime cure, che aveva escluso la responsabilità della cessionaria Castel Car per assenza di « prova concreta della consapevole conoscenza» da parte della appellata, concludendo che quelli offerti dall’Agenzia erano « semplici supposizion i» perché si deve dimostrare che « l’acquirente finale fosse effettivamente consapevole » del mancato versamento dell’IVA da parte del fornitore.
Il secondo motivo, invece, è fondato.
4.1. Come noto, laddove si contesti al soggetto passivo IVA il compimento di operazioni soggettivamente inesistenti e si neghi il diritto alla detrazione dell’IVA assolta in rivalsa, come ben chiarito da questa Corte (Cass., n. 9851 del 2018), l’Amministrazione finanziaria deve provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era in grado, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, di appurare che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (v. anche Cass. n. 2471 del 2022; Cass. n. 11873 del 2018; Cass. n. 27555 del 2018; Cass. n. 27566 del 2018; Cass. n. 5873 del 2019; Cass. n. 15369 del 2020).
4.2. La CTR non solo non ha fatto buon governo di questi principi ma ha reso affermazioni in contrasto con essi, in particolare laddove ha richiesto la prova dell ‘ effettiva consapevolezza della frode in capo al cessionario. Da ciò è derivata la sostanziale sottovalutazione degli elementi indiziari offerti dall’Ufficio, che la CTR ha omesso di esaminare nel dettaglio in quanto ritenuti inidonei a fornire la prova richiesta.
4.3. Sulla scorta dei principi sopra evidenziati, invece, gli elementi a disposizione, riportati per autosufficienza in ricorso, avrebbero meritato diversa considerazione, risultando una attività di mera interposizione da parte dei cedenti, con la fattiva partecipazione dello stesso cessionario, secondo modalità che evidenziavano l’anomalia economica della operazione : il cessionario pagava in anticipo l’intero prezzo pattuito prima che l’autovettura gli venisse consegnata direttamente dal fornitore intracomunitario, l’interposto fatturava un prezzo inferiore a quello d’acquisto.
4.4. I controricorrenti richiamano la sentenza del Tribunale penale di Isernia n. 437/2007, che ha assolto NOME COGNOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE perché il fatto non sussiste in relazione ai medesimi fatti, imputati ai sensi dell’art. 2 commi 1 e 3 d.lgs. n. 74/2000, oggetto dell’accertamento impugnato. L’allegazione non può avere rilievo decis ivo in questa sede, pur considerata alla luce dell’art. 21-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024, che riconosce efficacia di giudicato nel processo tributario alla sentenza penale dibattimentale irrevocabile di assoluzione, applicabile, quale ius superveniens , anche ai casi in cui detta sentenza è divenuta irrevocabile prima della operatività di detto articolo e, alla data della sua entrata in vigore, risulta ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli è stato irrevocabilmente assolto, in esito
a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso) (Cass. n. 23570 del 2024). Invero, non risulta alcuna attestazione di irrevocabilità della sentenza di assoluzione e, comunque, i fatti contestati nel giudizio penale riguardavano soltanto le operazioni con la ditta COGNOME e non anche quelle con la ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME.
Conclusivamente, accolto il secondo motivo e rigettato il primo, la sentenza deve essere cassata con rinvio al Giudice del merito.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 12/09/2024.