Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17413 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17413 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5994/2022 proposto da
AGENZIA ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
PETA ORESTE
-intimato – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 628/05/21 depositata in data 29/07/2021; Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: operazioni ogg. inesistenti – onere della prova
Rilevato che:
–NOME impugnava l’avviso di accertamento notificatogli per il periodo d’imposta 2012 nel quale l’Ufficio contestava, a seguito di PVC redatto dalla Guardia di Finanza, l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
-la CTP accoglieva il ricorso; appellava l’Ufficio;
-con la sentenza oggetto di ricorso di fronte a questa Corte il giudice del gravame ha confermato la pronuncia di primo grado;
-ricorre l’Agenzia delle entrate con atto affidato a due motivi di doglianza;
-il contribuente è rimasto intimato in questa sede di legittimità;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 61 e 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. ne c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere la CTR Reso una pronuncia sorretta da motivazione apparente e/o mancante;
-il motivo è infondato;
-come è noto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4 c.p.c. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d. Lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., si configura quando la motivazione manchi del tutto nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero (…) essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue
argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 01/03/2022, n. 6626). In particolare si è in presenza di una ‘motivazione apparente’ allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella ‘perplessa e incomprensibile’;
-nel caso di specie la Commissione regionale ha, sia pur in modo certo non brillante e salvo quanto si dirà in riferimento al secondo motivo di ricorso, reso esplicite le ragioni che l’hanno condotta a decisione;
-il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n.
3 c.p.c. per avere erroneamente ritenuto sprovvisti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza gli elementi presuntivi offerti dall’Ufficio;
-il motivo è fondato;
-invero, il giudice torinese ha mostrato di aver del tutto disapplicato i principi più volte enunciati da questa Corte, in primo luogo affermando che ‘…le fatture sono adeguatamente descrittive delle prestazioni ed i documenti di trasporto sono regolarmente compilati e sottoscritti…’;
-tale affermazione è errata in quanto per costante giurisprudenza di Legittimità (tra quelle recenti, fra molte, si vedano Cass. Sez. 5, Sentenza n. 28628 del 18/10/2021; ma anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 9723 del 10/04/2024 e ancora si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23118 del 26/08/2024) una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia;
-è quindi evidente la erroneità in diritto di tale affermazione, che si è limitata a esaminare gli aspetti puramente formali delle operazioni, vale a dire la documentazione contabile ed extracontabile, senza porre attenzione alla realtà concreta delle operazioni per verificarne la loro esistenza in natura anche alla luce degli indizi versati in atti dall’Amministrazione, da porsi a
confronto con gli elementi di segno contrario dedotti dal contribuente;
-analoga superficialità mostra l’ulteriore affermazione della Corte torinese secondo la quale ‘… gli indizi dell’ufficio non sono sufficienti a far ritenere che le operazioni non siano effettivamente avvenute e al pari di quelli dell’ufficio, il contribuente offre un indizio che è la testimonianza dei suoi dipendenti che confermano la tesi della effettività delle operazioni di consegna della merce’;
-tale statuizione dimostra non solo l’erronea attribuzione del difetto di prova presuntiva assegnato dal giudice di merito agli elementi dedotti e provati dall’Ufficio ma anche l’ulteriore difetto della sentenza impugnata, che ha mancato di dar rilevanza ai ridetti elementi di prova indiziaria, i quali dovevano esser presi in esame e adeguatamente valutati proprio quali elementi indiziari;
-in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso e va rigettato il primo motivo;
-la sentenza impugnata è cassata con rinvio al giudice del merito per nuovo esame del fatto nel rispetto dei superiori principi;
p.q.m.
accoglie il secondo motivo e rigetta il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.