Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9645 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9645 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
Oggetto: ASD accertamento dei requisiti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10354/2024 R.G. proposto da AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persone del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (con indirizzo PEC: EMAIL
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi ambedue dall’ avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale in atti (con indirizzo PEC: EMAIL
– controricorrenti –
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 6057/09/2023 depositata in data 27/10/2023;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
–NOME COGNOME proponeva ricorso, in proprio e nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, avverso gli avvisi di accertamento IVA/II.DD. per i periodi d’imposta 2013 e 2014, eccependo l’infondatezza della pretesa fiscale; tali atti derivavano dal P.V.C. con il quale la G.d.F. contestava l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, in quanto dette prestazioni di sponsorizzazione, a parere dei verificatori non sarebbero mai state effettuate;
-la CTP rigettava il ricorso; appellava il contribuente;
-con la sentenza qui gravata la CGT di secondo grado accoglieva l’appello;
-ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo;
-i contribuenti resistono con unico controricorso, illustrato da memoria;
Considerato che:
-secondo la parte ricorrente – che deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 e 2696 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la CGT di secondo grado ha accolto l’appello delle parti private valorizzando circostanze irrilevanti, affermando un inesistente divieto di c.d. doppia presunzione, violando le norme sulla formazione della prova presuntiva e infine disattendo l’indirizzo consolidato di
Codesta Corte di legittimità sul tema e invertendo l’onere probatorio gravante sulle parti;
-il motivo è inammissibile;
-esso infatti urta contro l’accertamento di fatto operato dalla sentenza impugnata, secondo la quale ‘la contabilità obbligatoria è stata offerta in comunicazione alla GdF dalla società, e altra documentazione risulta esibita in sede di adesione e giurisdizionale; da tale documentazione si evince la regolare registrazione delle fatture e il dettaglio dei pagamenti alle varie Associazioni sportive, avvenuti con bonifici e/o assegni; per l’attività svolta (vendita di spazi pubblicitari e promozione durante le gare e partecipazione alle competizioni) la società non aveva necessariamente bisogno di personale dipendente; la documentazione, anche fotografica, prodotta è idonea a dimostrare l’esistenza dei rapporti intercorsi coi clienti’;
-nell’operare tale accertamento, la Corte di secondo grado ha correttamente applicato i principi in materia di onere della prova, poiché dopo aver rilevato la presenza di elementi indiziari dedotti e provati dall’Ufficio idonei a ribaltare l’ onus probandi in capo al contribuente, ha esaminato gli elementi di prova contraria introdotti nel giudizio da parte dello stesso, ritenendoli -con accertamento in fatto non più rivedibile in questa sede -sufficienti a dar prova della esistenza delle prestazioni contestate;
-per costante giurisprudenza di questa Corte (per tutte, si rimanda a Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019) il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di
cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti;
-pertanto, il ricorso è rigettato;
-le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 9.000,00, oltre a euro 200,00 per esborsi e ulteriori accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2025.