Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9659 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9659 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.7416/2016 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso cui è domiciliata ope legis in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la sentenza n.957 della Commissione tributaria regionale della Liguria, pronunciata in data 10 giugno 2015, depositata in data 18 settembre 2015 e non notificata.
tributi
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME ricorre, con tre motivi, nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE, che resiste con controricorso, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello del contribuente, in controversia relativa all’impugnazione di un avviso di accertamento per Irpef, Irap ed Iva per l’anno di imposta 2007;
l’atto impositivo scaturiva dalle seguenti circostanze: a) 146.588,00, euro per costi non documentati; b) 48.000,00 euro quali costi relativi a ll’ utilizzo di fatture per operazioni inesistenti; c) riguardo ai rilievi ai fini sanzionatori in materia di IVA, si contestava la violazione degli obblighi di regolarizzazione degli acquisti senza fattura, in riferimento alla detrazione degli elementi negativi non documentati per 146,588,00 euro di cui al punto a);
il contribuente presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale, che, con decisione del 14.12.2012, accoglieva in parte il ricorso, determinando in 38.000,00 euro l’importo dei costi relativi all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e confermando nel resto l’atto impugnato;
NOME ricorreva avverso tale decisione, con atto di appello del l’ 11.06.2013, proposto alla Commissione tributaria regionale, ribadendo, sostanzialmente, le argomentazioni svolte in primo grado e depositando, con memoria integrativa del 05.05.2015, la sentenza di assoluzione del Tribunale di La Spezia, con la quale veniva assolto dalle imputazioni di cui all’art. 2 d.lvo n.74/2000, relativamente all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, perchè il fatto non sussisteva;
con la sentenza impugnata, la C.t.r. rilevava che la prova del l’esistenza ed inerenza dei componenti negati vi del reddito incombeva al contribuente, il quale non aveva fornito alcuna
dimostrazione neanche in appello, per cui doveva essere confermato il giudizio logico della C.t.p.;
in particolare, la RAGIONE_SOCIALE rilevava che lo stesso emittente RAGIONE_SOCIALE fatture aveva ammesso che i lavori effettuati per conto del contribuente non avevano un valore superiore a 22.000,00 euro, il che appariva probabile, atteso il ‘tempo ristretto’ della loro es ecuzione, la mancanza di dipend enti ed attrezzature e l’irrilevanza della successiva smentita di quanto inizialmente dichiarato dal terzo ai verbalizzanti, priva di qualsiasi motivazione;
il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 20 marzo 2024, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31 agosto 2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197;
CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione de ll’art.116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. , riguardo l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti;
con riferimento ai costi dedotti per euro 146.588,00, il ricorrente sostiene che il giudice di appello abbia solo enunciato il principio dell’inerenza dei costi e dell’onere probatorio a carico del contribuente che li voglia dedurre, senza spiegare perché la scrittura privata, prodotta dal contribuente (circostanza di cui si dà atto in sentenza), non costituisca una prova idonea sull’effettività ed inerenza dei costi dedotti;
1.2. il motivo, per come formulato, appare inammissibile;
di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che <> (Cass. S.U. n. 20867/2020);
nella fattispecie trova applicazione ratione temporis (ai sensi dell’art. 54, co. 3 dl 83/2012) il nuovo testo dell’art. 360 co.1 nr. 5 c od. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data successiva al 10 settembre 2012 sicchè il vizio della motivazione è deducibile soltanto in termini di ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ‘ ;
il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
al compito assegnato alla Corte di Cassazione dalla Costituzione resta estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e
le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito;
l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti;
nella specie, il ricorrente adduce di aver usufruito RAGIONE_SOCIALE prestazioni di manodopera di un connazionale, col quale, in seguito, sarebbero sorti dissidi che non avevano consentito il relativo pagamento della prestazione medesima;
in particolare, il ricorrente si duole del mancato esame di un foglio scritto da tale artigiano edile, in cui sarebbero specificati i lavori effettuati, l’anno in cui sono stati eseguiti e l’ammontare complessivo del dovuto;
la RAGIONE_SOCIALE.t.r. nella sentenza impugnata dà atto della produzione di tale foglio e richiama in generale i principi sull’onere della prova a carico del contribuente in ordine all’effettività ed inerenza dei costi, evidentemente ritenendo che tale documento non sia decisivo;
il ricorrente, nella censura in esame, nel lamentare la carenza motivazionale della sentenza in ordine alla ritenuta inidoneità probatoria del documento (peraltro sostanzialmente affermando di non aver sostenuto i costi in oggetto), non chiarisce in che modo e per quali sue caratteristiche (quali, ad esempio, la provenienza o la data certa) tale documento assuma, invece, carattere decisivo per la soluzione della controversia;
2.1. con il secondo motivo, il ricorrente denunzia l’omessa , insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ.;
il contribuente, con riferimento ai costi dedotti per euro 146.588,00, già oggetto del primo motivo di ricorso, sostiene di aver contabilizzato il rateo del costo maturato ma non corrisposto, senza emettere la relativa fattura, poichè si trattava di una prestazione di servizi, in cui era fatto obbligo di emettere e registrare la fattura solo all’atto di pagamento ex art. 6, comma 3, d.P.R. n. 633/72;
pertanto, secondo il contribuente, l’RAGIONE_SOCIALE aveva errato nel ritenere l’omessa fatturazione per i costi ritenuti indeducibili perché inesistenti;
di conseguenza, il ricorrente sostiene che risulta contraddittoria la motivazione data dalle commissioni di merito per relationem ;
2.2. anche tale motivo risulta inammissibile, in quanto denunzia la contraddittorietà della motivazione , secondo il vecchio testo dell’art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ., ratione temporis non più applicabile alla fattispecie in esame, peraltro facendo riferimento ad una motivazione per relationem alle ragioni dell’amministrazione che non si rinviene nella sentenza impugnata;
né la censura sarebbe ammissibile, ove riferita alla diretta impugnazione dell’atto impositivo e non del la sentenza di secondo grado;
3.1. con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell’art.116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ., riguardo l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti;
con riferimento ai 48.000,00 euro relativi a fatture per operazioni inesistenti, il contribuente rileva come, oltre ad un errore aritmetico che portava l’ammontare complessivo a 38.000,00 euro, come già accertato dalla C.t.p., le sole dichiarazioni del soggetto emittente (il
quale riferiva di aver eseguito la prestazione in parte) non sono sufficienti a ritenere fondato il rilievo;
il contribuente deduce che la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto logicamente plausibile il ragionamento offerto dalla Commissione di primo grado, riguardo alla dimostrazione d ell’ inesistenza RAGIONE_SOCIALE fatture utilizzate, unicamente sull’assunto che i lavori svolti dal soggetto emittente fossero stati effettuati in un arco di tempo ristretto e in assenza di personale dipendente, giustificando, in tal guisa, il possibile valore effettivo dell’opera pari a €. 22.000 ,00 come dichiarato in un primo tempo dallo stesso soggetto emittente ai verificatori;
secondo il ricorrente, il ragionamento presta il fianco a due ordini di censure;
in primo luogo, non si comprende sulla base di quale criterio, il giudice di appello abbia definito come “ristretto” l’arco temporale, di ben tre mesi, nel quale i lavori oggetto di fatturazione si sono svolti; in secondo luogo, nessuna motivazione è stata offerta relativamente agli accertamenti fattuali, sviluppati nella sentenza emessa dal Tribunale di La Spezia (prodotta dal contribuente solo in giudizio di appello, poichè la decisione è stata depositata in data 25.11.2014), in ordine alla valutazione di insussistenza del delitto di emissione ed utilizzo di fatture false per operazioni inesistenti;
3.2. il motivo è inammissibile;
la prima censura tende a contestare la valutazione di merito dei plurimi elementi indiziari compiuta dal giudice di appello;
la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicchè rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che
il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, cod. proc. civ., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità RAGIONE_SOCIALE fonti di prova;
la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. non consente di censurare la complessiva valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (v. Cass. n.20553/2021);
come questa Corte ha chiarito, <> (Cass. n. 29730/2020);
alla luce di tali principi, tenuto conto che l’accertamento in sede penale non vincola il giudice tributario, trattandosi di fattispecie anteriore alla legge n.130/2022, anche la seconda censura, relativa al mancato esame RAGIONE_SOCIALE risultanze della sentenza penale di assoluzione, sono inammissibili, in quanto costituisce costante insegnamento di questa Corte che in tema di prova spetti in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilit à e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo,
quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicit à dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonch é la facolt à di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante;
peraltro, il ricorrente sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuto tener presente che la sentenza penale di assoluzione aveva accertato l’effettiva esecuzione RAGIONE_SOCIALE opere e l’esistenza di prelievi di cassa astrattamente compatibili con pagamenti frazionati del dovuto;
tuttavia, tali circostanze, per come riportate, risultano prive di decisività, poiché non incompatibili con la sovrafatturazione dei compensi accertata dal giudice tributario;
pertanto il ricorso va dichiarato complessivamente inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore dell’RAGIONE_SOCIALE controricorrente;
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a pagare all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2024