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Onere della prova: Cassazione su costi e IVA

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribaltato la decisione di una corte tributaria regionale, riaffermando un principio fondamentale: l’onere della prova per la deducibilità dei costi e la detrazione dell’IVA spetta interamente al contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare non solo la certezza della spesa, ma anche la sua diretta connessione (inerenza) con l’attività d’impresa. La semplice mancata contestazione dell’esistenza di una fattura da parte dell’amministrazione finanziaria non è considerata una prova sufficiente.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della prova: la Cassazione ribadisce chi deve dimostrare i costi aziendali

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su un tema cruciale per ogni impresa e professionista: l’onere della prova per la deducibilità dei costi e la detrazione dell’IVA. La Suprema Corte ha chiarito, ancora una volta, che spetta esclusivamente al contribuente dimostrare in modo inequivocabile non solo l’effettiva esistenza di un costo (certezza), ma anche il suo legame indissolubile con l’attività d’impresa (inerenza). Vediamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una ditta individuale operante nel settore dell’autotrasporto. L’Ufficio contestava l’indebita detrazione dell’IVA per l’anno 2008, relativa a costi per circa 15.000 euro, sostenendo che non fossero né documentati né inerenti all’attività. Le fatture in questione, infatti, erano state emesse da un’altra società ed intestate al coniuge della titolare dell’impresa.

La contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. Anche in appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione alla contribuente, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. La motivazione della CTR si basava su un presupposto errato: poiché l’Ufficio non aveva contestato esplicitamente la falsità delle fatture, la loro esistenza, e di conseguenza la certezza del costo, doveva considerarsi provata.

La decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione delle norme tributarie relative alla deducibilità dei costi e alla detrazione IVA. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa per un nuovo esame.

Il punto centrale della decisione è proprio il principio dell’onere della prova. I giudici di legittimità hanno smontato il ragionamento della CTR, definendolo incongruo. Collegare la certezza di un costo alla semplice mancata contestazione dell’esistenza delle fatture è un errore logico e giuridico. La certezza e l’inerenza di un costo non possono essere desunte da un comportamento passivo o omissivo della controparte (in questo caso, l’Agenzia delle Entrate).

Le motivazioni della Corte

La Corte ha ribadito che, in tema di imposte sui redditi e di IVA, l’onere della prova grava sul contribuente. È quest’ultimo che deve fornire la dimostrazione rigorosa di tutti gli elementi che legittimano la deduzione di un costo o la detrazione dell’imposta.

Nello specifico, il contribuente deve provare:

1. L’esistenza e la natura del costo: Non basta esibire una fattura. È necessario dimostrare che l’operazione economica descritta nel documento è stata effettivamente realizzata e che il pagamento è avvenuto.
2. L’inerenza del costo: Bisogna provare che la spesa è stata sostenuta nell’esercizio dell’attività d’impresa e che era funzionale alla produzione del reddito. Vengono esclusi tutti i costi che rientrano nella sfera personale o estranea all’attività.

La Cassazione ha sottolineato come la sentenza impugnata si sia basata su elementi deboli, come un contratto-scrittura privata privo di data certa, la cui rilevanza probatoria era stata erroneamente rafforzata dalla mancata contestazione dell’Agenzia. Questo approccio viola i canoni giurisprudenziali consolidati e si traduce in una falsa applicazione delle norme fiscali.

Conclusioni: Implicazioni pratiche per imprese e professionisti

Questa ordinanza è un monito importante per tutti gli operatori economici. La gestione contabile e fiscale non può basarsi su approssimazioni. Per poter legittimamente dedurre un costo e detrarre la relativa IVA, non è sufficiente possedere un documento contabile. È indispensabile essere in grado di dimostrare, con prove concrete e documentali, che la spesa è reale, effettiva e direttamente collegata alla propria attività. Affidarsi alla speranza che l’amministrazione finanziaria non contesti specificamente un documento è una strategia rischiosa e, come dimostra questo caso, perdente. La parola d’ordine è, e rimane, documentazione rigorosa.

Chi deve dimostrare che un costo è deducibile ai fini fiscali?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta interamente al contribuente. È lui che deve dimostrare l’esistenza, la certezza e l’inerenza del costo all’attività d’impresa.

È sufficiente avere una fattura per poter dedurre un costo e detrarre l’IVA?
No, non è sufficiente. Oltre al documento formale (la fattura), il contribuente deve essere in grado di provare l’effettività dell’operazione economica sottostante e il suo collegamento funzionale con l’attività svolta.

Se l’Agenzia delle Entrate non contesta l’esistenza di una fattura, il costo si considera automaticamente provato?
No. La Corte ha chiarito che la mancata contestazione dell’esistenza del documento contabile da parte dell’amministrazione finanziaria è un dato neutro e non è di per sé sufficiente a dimostrare la certezza del costo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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