Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21108 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21108 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 29/07/2024
Oggetto: tributi -accertamento -accertamenti bancari – onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28281/2016 R.G. proposto da:
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) e dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna, n. 202/01/2016, depositata in data 27 giugno 2016 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il contribuente COGNOME, professionista esercente l’attività di avvocato, ha impugnato un avviso di accertamento (NUMERO_DOCUMENTO2011) relativo al periodo di imposta 2006 con il quale, all’esito di indagini bancarie (incentrate sia su versamenti, sia su prelevamenti), veniva accertato maggior reddito imponibile per € 331.779,00 rispetto al reddito dichiarato di € 10.299,00 , con recupero di IRPEF, IRAP e IVA, oltre sanzioni e accessori.
La CTP di Nuoro ha parzialmente accolto il ricorso.
La CTR della Sardegna, con sentenza qui impugnata, ha accolto parzialmente l’appello principale del contribuente, nonché l’appello incidentale dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello -per quanto qui ancora rileva – preliminarmente inammissibili i motivi aggiunti proposti dal ricorrente. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello che gli accertamenti bancari posso no essere utilizzati, ancorché l’atto di autorizzazione alle indagini non sia stato esibito al contribuente. Nel merito, è stata ritenuta irrilevante l’assoluzione del contribuente in sede penale ed è, invece, stata valorizzata -quanto agli accertamenti sui prelevamenti, in relazione ai quali è stato parzialmente accolto l’appello del contribuente – la sentenza del Giudice delle Leggi (Corte cost., 6 ottobre 2014, n. 228), espungendo conseguentemente dall’accertamento i prelevamenti dei conti bancari, in quanto accertamento esperito, in relazione ai lavoratori autonomi, sulla base di una presunzione dichiarata incostituzionale. Infine, il giudice di appello ha accolto parzialmente l’appello incidentale dell’Ufficio , in
relazione ad alcune partite attinenti a versamenti, ritenendo corretta nel resto la ripresa a tassazione.
Propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a nove motivi; resiste con controricorso l’Ufficio. Il ricorrente ha depositato due memorie.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha fatto applicazione della pronuncia della Corte costituzionale n. 228/2014 in relazione ai soli prelevamenti, laddove la sentenza della Consulta avrebbe attitudine a operare, per i lavoratori autonomi, anche sui versamenti , in considerazione del fatto che l’inciso di incostituzionalità relativo ai « compensi » riguarderebbe tutte le movimentazioni bancarie, sia in relazione ai versamenti, sia in relazione ai prelevamenti.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione sempre dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in quanto abrogato dal d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito dalla l. 1° dicembre 2016, n. 225, con conseguente venir meno della presunzione legale relativa anche in relazione ai versamenti oggetto di indagini bancarie, dovendo pertanto -la presunzione riferirsi unicamente agli imprenditori. Nella sostanza, l’abrogazione dell’inciso riferito ai compensi, già indicato nell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. cit. avrebbe fatto venire meno tout court la presunzione di ripresa a reddito delle movimentazioni bancarie in relazione ai lavoratori autonomi e ai professionisti.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione sempre dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2697 cod. civ. , per avere la sentenza impugnata confermato la legittimità dell’atto impositivo nonostante il contribuente avesse dato prova contraria idonea a superare la presunzione posta dall’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, dovendo il giudice del merito dare conto di ciascuna specifica posta ai fini della giustificazione dell’avviso impugnato ; anche in relazione a tale motivo il ricorrente insiste nel venir meno della presunzione legale anche in relazione ai versamenti.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere il giudice di appello omesso di valorizzare documentazione prodotta in grado di appello che dimostrerebbe analiticamente come i versamenti oggetto di ripresa a reddito risulterebbero giustificati ed estranei alle riprese dell’Ufficio.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa o carente motivazione in ordine alla giustificazione dei movimenti bancari contestati dal contribuente, in violazione degli artt. 36, d. lgs. n. 546/1992, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111, sesto comma Cost. Il ricorrente evidenzia come il giudice di appello non avrebbe dato conto nella parte motiva delle ragioni per le quali è stato ritenuto che le movimentazioni indicate nella memoria in data 28 ottobre 2015 e depositata in data 30 ottobre 2015 (già menzionata nei due motivi precedenti e oggetto di analitica trascrizione nel motivo di ricorso: pagg. 35-60) non fossero giustificate ai fini delle riprese impositive. Nella specie, deduce il ricorrente che -al momento dell’accertamento egli svolgesse l’attività di praticante
avvocato abilitato al patrocinio, essendo risultato abilitato solo nell’anno 2008 ; pertanto, deduce il ricorrente, egli non avrebbe potuto svolgere incarichi se non per cause di importo esiguo e, in particolare, nel settore stragiudiziale dell’infortunistica stradale. La prassi era -prosegue il ricorrente -quella di incassare l’indennizzo dovuto agli assistiti, provvedendo a girare loro l’importo loro spettante al netto del proprio compenso. La motivazione del giudice di appello non darebbe, pertanto, contezza dell’esame delle suddette deduzioni.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, costituito all’esame delle giustificazioni a lle movimentazioni bancarie di cui al superiore motivo.
Con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 32, n. 7, d.P.R. n. 600/1973 per illegittima acquisizione della movimentazione bancaria, non essendo stato allegato all’atto impositivo il provvedimento autorizzativo del Comandante regionale, né essendo stato tale provvedimento comunicato al contribuente, circostanza che ha impedito al ricorrente di prendere cognizione del rispetto dell’obbl igo di motivazione del provvedimento e che comporterebbe l’inutilizzabilità degli elementi di prova in quanto acquisiti illegittimamente.
Con l’ottavo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 24, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, nella parte in cui il giudice di appello ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti dedotti in grado di appello. Osserva parte ricorrente che i motivi aggiunti attenevano alla contestazione di circostanze sopravvenute (scoperta di documenti sopravvenuti in relazione a un procedimento penale e in relazione alla insussistenza della carriera dirigenziale del funzionario sottoscrittore
l’avviso di accertamento ) e sarebbero ammissibili in ambito tributario, al pari che nel processo amministrativo.
Con il nono motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., assente o carente motivazione della sentenza impugnata, in violazione degli artt. 36, d. lgs. n. 546/1992, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111, sesto comma Cost. , nella parte in cui ha accolto l’appello incidentale dell’Ufficio, con particolare riferimento alla ritenuta natura non giustificata delle poste nn. 25, 28 e 42, ritenendo che la motivazione indicata dal giudice di appello, relativa alla differenza tra importi versati e fatture alle quali tali importi si riferirebbero e ne costituirebbero il pagamento, risulterebbe incomprensibile.
Deve darsi atto, come evidenziato nella prima memoria, depositata in data 13 febbraio 2024, che il ricorrente ha formulato una eccezione di giudicato esterno sulla base del dedotto passaggio in cosa giudicata delle sentenze della CTP di Salerno 4656/02/2017 (all. n. 4) e della CTR Campania n. 7490/05/2021 (all. n. 13), in quanto tali sentenze avrebbero annullato le cartelle, successivamente emesse -secondo quanto deduce il ricorrente -in base a ll’avviso di accertamento qui in esame (cartelle n. 074 2012 P_IVA e 074 2013 000494390000), giudicato formatosi in epoca successiva alla pronuncia impugnata e, quindi, deducibile con memoria. Tale eccezione è, tuttavia, infondata in quanto -in disparte la circostanza che la sentenza sub all. 4, prodotta in forma incompleta, riguarda questioni proprie della cartella e non dell’atto presupposto il ricorrente si è limitato a produrre copie conformi delle sentenze ma senza l’attestazione del passaggio in giudicato, unico elemento idoneo a ritenere sussistente il giudicato formale (Cass., Sez. V, 4 novembre 2014, n. 2021, n. 31625; Cass., Sez. III, 23 agosto 2019, n. 20974;
Cass., Sez. III, 9 marzo 2017, n. 6024; Cass., Sez. Lav., 8 maggio 2009, n. 10623).
Con seconda memoria depositata in data 14 marzo 2024 il ricorrente ha prodotto sub doc. 16 un estratto del cassetto fiscale, dal quale risulterebbe, ad avviso del ricorrente, l’avvenuto sgravio delle iscrizioni a ruolo in forza dell’ originario avviso di accertamento qui in esame. Tuttavia, il documento prodotto dal ricorrente si riferisce alla prima delle due cartelle oggetto dei due giudizi di merito di cui al superiore punto 10 (cartella n. 074 2012 0010537846000 oggetto del giudizio davanti alla menzionata sentenza CTP Salerno 4656/02/2017 sub doc. 4 mem. 13 febbraio 2014) e a una ulteriore cartella 074 NUMERO_CARTA, diversa dalla cartella 074 2013 0004943269000, già oggetto del giudizio davanti alla menzionata CTR Campania n. 7490/05/2021 (sub doc. 13 mem. 13 febbraio 2014). Nessuno dei due sgravi si riferisce, pertanto, all’originario avviso di accertamento (NUMERO_DOCUMENTO). Il ricorso va, pertanto, esaminato nel merito.
I primi due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 32, primo comma, n. 2, secondo periodo, d.P.R. n. 600/1973, a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, retroagiscono e si applicano anche ai rapporti giuridici non consolidati e non coperti da decisioni passate in giudicato oggetto di specifica impugnazione sul punto (Cass., Sez. V, 2 febbraio 2021, n. 2240), al fine di consentire al giudice di appello gli accertamenti di fatto necessari che consentano la corretta individuazione delle operazioni bancarie effettivamente incidenti sull’accertamento del maggior reddito (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2019, n. 34209; Cass., Sez. V, 20 gennaio 2017, n. 1519).
Ha avuto incidenza nel giudizio di merito la statuizione di illegittimità costituzionale della « doppia presunzione » di ripresa a
reddito dei prelevamenti operati dal lavoratore autonomo sui propri conti correnti (come risultante dalla novella dell’art. 32 cit. disposta da ll’art. 1 l. 30 dicembre 2004, n. 311), « essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito » (Corte cost., n. 228/2014).
14. Tuttavia, la presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari ex art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. cit., non viene meno tout court per i lavoratori autonomi all’esito della citata sentenza Corte cost., n. 228/2014 in relazione ai versamenti (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2023, n. 35618; Cass., Sez. V, 16 novembre 2018, n. 29572), sicché questi restano onerati di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili (Cass., Sez. V, 6 dicembre 2021, n. 38691; Cass., Sez. V, 26 settembre 2018, n. 22931; Cass., Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 7951; Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16697). La modifica normativa introdotta dalla l. 1° dicembre 2016, n. 225 di conversione del d.l. 22 ottobre 2016 n. 193 (articolo 7quater , comma 1), ha adeguato il dettato normativo alla citata sentenza del giudice delle leggi. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
15. Il settimo motivo, da esaminarsi preliminarmente in quanto questione pregiudiziale, è infondato, posto che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’autorizzazione prescritta ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie, risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d’imposta e non richiede alcuna motivazione, essendo atto meramente preparatorio (Cass., Sez. V, 24 luglio 2018, n. 19564). Pertanto, la mancata esibizione della stessa all’interessato non comporta né l’illegittimità dell’avviso di
accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall’Ufficio o dalla Guardia di Finanza, né implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2023, n. 1306; Cass., Sez. VI, 28 maggio 2018, n. 13353; Cass., Sez. VI, 10 febbraio 2017, n. 3628).
16. L’ottavo motivo, anch’esso da esaminarsi preliminarmente in quanto questione pregiudiziale, è infondato. Per costante giurisprudenza di questa Corte, nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado; il giudice deve -pertanto attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esclusivamente in caso di deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione (Cass., Sez. V, 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., Sez. VI13 aprile 2017, n. 9637).
17. Nella specie, il ricorrente non ha indicato quali sarebbero i documenti prodotti dalle altre parti processuali che avrebbero indotto la proposizione di motivi aggiunti, laddove -al contrario -trattasi di documenti di cui il contribuente sarebbe venuto a conoscenza successivamente alla introduzione del ricorso, con riferimento a non meglio precisate « denunce penali » e ai relativi atti di indagine, oltre
che di atti presupposti degli atti impositivi, di cui non è predicata la produzione in giudizio ad opera dell’Ufficio.
I motivi dal terzo al sesto, attinenti all’onere della prova contraria che deve offrire il contribuente, possono essere esaminati congiuntamente e vanno accolti. Come risulta dalla sentenza impugnata, il ricorrente aveva dedotto in appello la non corretta applicazione delle presunzioni di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 in relazione alle singole movimentazioni bancarie e aveva prodotto memoria in data 30 ottobre 2015 in cui aveva passato « in rassegna le singole poste esaminate dalla sentenza di primo grado » (sent. imp.), producendo la relativa documentazione. Il ricorrente, in ossequio al principio di specificità, richiama nel ricorso la memoria indicata nella sentenza impugnata (pagg. 29 e 31 ric.); il ricorrente riproduce, inoltre, nel quinto motivo di ricorso il contenuto della memoria medesima (pagg. 35 -60 ricorso), dalla quale risulta l’indicazione di oltre una sessantina di movimentazioni, per alcune delle quali vi era stato accoglimento (in tutto o in parte) del ricorso originario in primo grado. Sempre nel rispetto del principio di specificità, il ricorrente menziona, infine, le parti dell’originario atto di appello principale relative alla suddetta censura (pag. 32 ricorso).
19. Con riferimento a tali deduzioni e produzioni, il giudice di appello si è limitato a sterilizzare le sole movimentazioni ascrivibili a prelevamenti, ma ha respinto nel resto l’appello del contribuente (« è respinto nel resto e la sentenza impugnata è modificata e consequenzialmente e confermata nel resto »). Invero, la costante giurisprudenza di questa Corte ritiene che, ancorché l’Ufficio non sia tenuto, in caso di accertamenti bancari (quanto ai versamenti), a dare prove ulteriori, ad esempio allegando l’esistenza di un adeguato coacervo indiziario (Cass., Sez. V, 30 giugno 2020, n. 13112), è onere del contribuente dare la prova piena che dimostri in modo analitico
l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili . Per l’effetto, il giudice di merito è tenuto a effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente, rispetto a ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., Sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10480; conf. Cass., Sez. V, 18 novembre 2021, n. 35258; Cass., 27 luglio 2021, n. 21546; Cass., Sez. V, n. 13112/2020, cit.; Cass., Sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10490; Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21800). Questa analitica verifica è mancata nella sentenza impugnata, la quale non si è, pertanto, attenuta ai suindicati principi.
20. Analogamente è fondato il nono motivo, peraltro connesso ai precedenti. La sentenza impugnata ha ritenuto di accogliere l’appello incidentale dell’Ufficio in relazione alle « poste nr. 25, 28 e 42 », motivato dal giudice di appello ritenendo « non sussistere la prova in relazione alla differenza tra gli importi versati e le fatture di cui tali importi, secondo il ricorrente, costituirebbero il pagamento ». Non è stato indicato il presupposto in base al quale il disallineamento quantitativo tra i versamenti intervenuti sul conto corrente del ricorrente e quanto oggetto di fatturazione ai propri clienti da parte del contribuente sia titolo per la ripresa a tassazione, motivazione che appare, pertanto, al di sotto del minimo costituzionale (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
21. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione ai motivi dal terzo al sesto, nonché in relazione al nono motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio, dovendo il giudice del rinvio esaminare le deduzioni di parte contribuente relative alla estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili e all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente riferite alle movimentazioni contestate, nonché dovendo riesaminare le poste già oggetto di accoglimento dell’ appello
incidentale dell’Ufficio ; al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie i motivi dal terzo al sesto e il nono motivo, rigetta gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 27 marzo 2024