Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 622 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 622 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 283/2020 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO pec ;
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difes a dall’Avv.
NOME COGNOME (PEC:
), con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma INDIRIZZO giusta procura speciale a margine del controricorso;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 7642/9/18, depositata il 7 novembre 2018, notificata il 14 gennaio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Oggetto: Accertamento
Lette le conclusioni depositate dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione, con un motivo, avverso la sentenza della CTR in epigrafe che, confermando la decisione di primo grado, aveva annullato l’avviso notificato alla società RAGIONE_SOCIALE per Iva, Ires e Irap per gli anni 20102012, con cui erano stati recuperati a tassazione gli interessi passivi su un finanziamento del socio unico sull’assunto che l’operazione coprisse ricavi ‘in nero’.
La società resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
L’unico motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, 2727, 2729 e 2697 c.c.
Lamenta l’Ufficio che la CTR ha violato i criteri di formazione del ragionamento presuntivo e di ripartizione dell’onere della prova posto che, nella specie, era stata contestata l’antieconomicità dell’operazione di finanziamento per un valore di € 1.600.000,00, tra l’altro materialmente erogata da un soggetto terzo (ossia la consociata RAGIONE_SOCIALE, anziché il socio NOME COGNOME), da ritenersi ingiustificata avendo la società già di suo una consistente liquidità e una posizione finanziaria ampiamente solida.
Evidenzia, inoltre, che ‘le argomentazioni non appaiono sufficienti per confutare la pluralità degli elementi posti a base del recupero’ e che ‘i giudici glissando ogni valutazione circostanziata sulla prova hanno, nei fatti, sollevato il contribuente da qualsiasi onere della prova’ ‘non avendo verificato la sussistenza e l’adeguatezza della
prova presuntiva fornita dall’Ufficio e di quella contraria di cui era onerato il contribuente’.
Il motivo -e, dunque, il ricorso -è inammissibile.
2.1. La doglianza, pur dedotta come violazione di legge, si risolve in una contestazione della motivazione impugnata e, ancor più, della stessa valutazione delle risultanze probatorie operata dal giudice di merito.
2.2. Va infatti escluso, in primo luogo, che la CTR abbia fatto mal governo dei principi in tema di ragionamento probatorio.
Come emerge dall’ampia e articolata motivazione, infatti, la CTR ha espressamente considerato tutte le circostanze introdotte dall’Ufficio e dalla contribuente, valutandole prima singolarmente, e apprezzandone l’inferenza e la consistenza, e poi globalmente, ritenendo , come giudizio di sintesi, che il contratto si sottraesse ad una valutazione di fittizietà e l’operazione ad una contestazione di antieconomicità sia in relazione consistenza della documentazione ( tra l’altro esistente già al momento dell’acce rtamento), sia per le ragioni che avevano indotto la società a concludere il finanziamento.
2.3. Dall’articolazione del motivo su evidenziata, del resto, emerge chiaramente che si contesta ‘la sufficienza’ delle argomentazioni della CTR, ‘la valutazione circostanziata’ della prova, ‘la verifica’ da parte della CTR della sussistenza e adeguatezza delle prove fornite dalle parti, tutte indicazioni univocamente riferite al merito del giudizio e alla motivazione resa e non ad una violazione di legge.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate in dispositivo, sono regolate per soccombenza. P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese a favore della controricorrente che
liquida in complessive € 13.800,00, oltre 200,00 per esborsi, Iva, spese generali ed accessori di legge.
Deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 8 novembre 2023