Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15154 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15154 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12953/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME;
-intimata- avverso la SENTENZA della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. BRESCIA n. 4087/2021, depositata il 10/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente NOME COGNOME fu destinataria di un avviso di contestazione con contestuale irrogazione di sanzioni per mancata
compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi sull’anno di imposta 2013. Nello specifico, l’Ufficio contestava la sua disponibilità ed effettiva movimentazione di capitali detenuti all’estero, in Paesi a fiscalità privilegiata, la cui esistenza dev’essere esposta in dichiarazione, con la compilazione del predetto quadro RW, diversamente incorrendo in illecito sanzionabile in via amministrativa, salva più grave ipotesi. Ne conseguiva, altresì, ripresa a tassazione, sulla presunzione di evasione fiscale dei capitali detenuti all’esterno, fatta salva la prova contraria, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, d.l. n. 78/2009.
I gradi di merito erano favorevoli alla parte contribuente.
La sentenza di appello indicata in epigrafe è stata impugnata con ricorso per cassazione -affidato a due motivi dall’ Agenzia delle entrate.
E’ rimasta intimata la parte contribuente.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si denuncia – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile – la nullità della sentenza siccome viziata da motivazione meramente apparente ed obiettivamente perplessa sui motivi di appello ai sensi degli articoli 36 e 132, secondo comma, numero 4 del codice di procedura civile e dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione, in violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 del codice di procedura civile.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile – la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 del codice civile e dell’articolo 12, secondo comma, del decreto-legge numero 78 del 2009. Nello specifico si contesta l’affermazione della sentenza di appello laddove si riferisce alle ampie possibilità probatorie
dell’Agenzia delle entrate, così invertendo surrettiziamente l’onere della prova liberatoria che spetta a carico della parte contribuente.
Il primo motivo non è fondato.
2.1. Infatti, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Nel caso in esame il giudice dell’appello ha indicato le proprie fonti di convincimento, nonché le ragioni per cui ha dato prevalenza ai diversi apporti probatori, ritenendo condivisibile la sentenza di primo grado. Pur errata in diritto, per quanto si illustrerà nell’esame del motivo successivo, la motivazione supera quel minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. ancora Cass. Sez. Un. 8053/2014, citata).
Il secondo motivo, attinente alla violazione del riparto probatorio, è, invece, fondato e merita accoglimento.
3.1. Affermare che le ampie possibilità probatorie dell’Agenzia possano sopperire alle carenze documentali della contribuente assoggettata ad accertamento equivale ad invertire l’onere della prova, in violazione del criterio fissato dal legislatore, ponendo a carico dell’Ufficio quello che è l’apporto di una prova liberatoria che fa capo alla parte contribuente.
Ed infatti, in tema di accertamento tributario, la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a regime fiscale
privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 102 del 2009, non ha natura procedimentale, bensì sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che non può ad essa riconoscersi efficacia retroattiva; l’Amministrazione finanziaria può comunque ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) sub specie di presunzione semplice (cfr. Cass. Sez. 5, n. 2990/2024; già in tal senso v. Cass. Sez. 5, n. 33893/2019).
Ne consegue che spetta al contribuente vincere la presunzione legale, allegando i necessari riscontri giustificativi a dimostrazione che le somme detenute in Paesi a fiscalità privilegiata non costituiscono maggior reddito occulto.
Peraltro, in materia di indagini bancarie, in senso più generale, il consolidato orientamento di questa Corte ha statuito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass. n. 15857 del 29/07/2016; Cass. n. 18081 del 4/8/2010).
La sentenza qui impugnata ha fatto malgoverno dei sopraesposti principi, alterando il riparto probatorio (avendo invertito il relativo onere) rispetto a quello previsto dal legislatore in ambito tributario.
In definitiva, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal secondo motivo, mentre va rigettato il primo, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e il derivante rinvio al giudice di merito, che si uniformerà ai sopra indicati principi e provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria della Lombardia, Sez. staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21/05/2025.