Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33088 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ASD art. 143 e ss. t.u.i.r. -natura commerciale dell’attività svolta – onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28161/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del difensore;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 3525/14/2017, depositata in data 6 settembre 2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L ‘associazione RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Varese l’avviso di
accertamento n. T93043b00071/2015 , con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione , per l’anno 20 10, maggior reddito, ai fini Ires ed Irap. L’ avviso scaturiva dalla qualificazione, come commerciale, dell’attività della ricorrente, sulla base di plurimi elementi formali e sostanziali, e, per l’effetto, dalla mancata applicazione del regime di esenzione previsto dall’art. 148 t.u.i.r..
La CTP rigettava il ricorso ritenendo condivisibili le valutazioni dell’Ufficio.
L’associazione proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che respingeva l’appello .
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a due motivi. L’Ufficio ha depositato atto col quale ha chiesto di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 28 novembre 2024.
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione la contribuente deduce la «violazione artt. 143 ss. tuir e norme di riferimento (art. 360 co. I° n. 3 c.p.c.); nullità della sentenza impugnata da erronea interpretazione della norma applicata (art. 360 co. I° n. 4 c.p.c.); da omesso esame ed errata valutazione circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 co I° n. 5)». Il motivo, articolato in 20 pagine, si sviluppa lungo plurime direttrici: a) in primo luogo, la contribuente lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata in quanto rinvia integralmente a quella di primo grado; b) in secondo luogo, la CTR avrebbe omesso l’esame delle argomentazioni svolte al fine di contrastare la conclusione dell’Ufficio in ordine alla natura commerciale dell’associazione (con particolare riferimento all’incompletezza del libro dei soci, alla mancata partecipazione dei soci alla vita associativa ed alle assemblee, alla differenziazione delle tariffe praticate); c) infine, l’avviso è l’esito di
un PVC caratterizzato da diverse anomalie ed incongruenze, sulle quali la CTR avrebbe omesso qualsiasi accenno.
1.1. Il motivo è inammissibile sotto plurimi profili, ciascuno idoneo ex se a fondarne la relativa declaratoria.
In primo luogo, il motivo sovrappone inestricabilmente nell’esposizione l’omessa motivazione, l’omess o esame e la violazione di legge; integra, in altri termini, un motivo cd. coacervato, senza possibilità di distinguere (salvo quanto a breve si dirà infra ) i vari vizi sostanzialmente denunciati, anche in contrasto logico tra loro, che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass, 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali.
Sotto altro profilo il motivo non si confronta criticamente con il contenuto della sentenza, ovvero con le due rationes decidendi (incompletezza dello statuto, da un lato, le diverse irregolarità riscontrate, dall’altro), limitandosi a contestare solo la seconda, ovvero a riproporre le argomentazioni svolte nei gradi di merito onde confutare la valutazione operata dall’Ufficio circa la natura commerciale dell’attività svolta dalla ricorrente.
Questa Corte costantemente afferma che «nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve
mirare alla cassazione della sentenza, ‘in toto’ o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggono. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato» (Cass. Sez. U. 08/08/2005, n. 16602; conf. Cass. 18/04/2019, n. 10815 e Cass. 06/07/2020, n. 13880).
Infine, il motivo è inammissibile perché, sotto la veste della denunzia della violazione di legge e/o di omesso esame di un fatto decisivo, attinge, nella sostanza, il merito della valutazione del materiale istruttorio effettuata dal giudice di merito, come non è consentito in questa sede (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476).
1.2. Il motivo è, in ogni caso, infondato nella parte in cui si deduce la motivazione apparente (o carente) della sentenza gravata.
Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 7/4/2014 n. 8053).
Con particolare riferimento alla tecnica motivazionale per relationem questa Corte ha ripetutamente affermato che detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14814). Il giudice di appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo
ai motivi di impugnazione proposti ( ex multis , Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla -in quanto meramente apparente -una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione, come nel caso di specie, non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infonda tezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello ( ex multis , Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112).
Invero, nel caso di specie, la CTR ha indicato i motivi per i quali ha ritenuto di confermare la sentenza di prime cure, non solo attraverso il richiamo ( per relationem ) alla stessa, ma anche mediante l’esposizione delle ragioni poste a fondamento dell’affermata legittimità dell’avviso di accertamento in punto di: a) validità della sottoscrizione; b) motivazione dello stesso; c) sussistenza degli elementi idonei ad esclu dere l’applicabilità del regime di favore previsto dall’art. 148 t.u.i.r..
La motivazione, pertanto, non può dirsi ‘apparente’ o ‘carente’.
Con il secondo motivo la contribuente lamenta l’«omesso esame ed errata valutazione circa un fatto decisivo (art. 360 co I° n. 5)». Sostiene che la CTR avrebbe erroneamente affermato la natura di ‘persona giuridica’ della ricorrente, mentre, di contro, l’assenza di personalità giuridica sarebbe elemento noto all’Agenzia delle Entrate. Inoltre, anche con riguardo alla validità della sottoscrizione dell’avviso, la CTR avrebbe deciso la questione in modo errato, ossia senza considerare che la ricorrente non aveva eccepito l’inesistenza della delega, bensì la sua invalidità, perché l’atto era stato sottoscritto da un ‘reggente’ decaduto in data 26.3.2015. Infine, errata sarebbe anche la conclusione, in termini di tardività ex art. 57 d.lgs. n. 546/1992, dell’eccezione di mancanza di data dell’avviso di accertamento, alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n. 199/2017.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni, ciascuna idonea ex se a fondarne la relativa declaratoria.
2.1. In primo luogo, si è al di fuori del paradigma applicativo della norma indicata nella rubrica del motivo.
L’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2012 (d.l. 83/2012) ed applicabile ratione temporis , prevede, per quanto qui rilevi, che le sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti .
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato, evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione della norma, molto criticata in dottrina, ha generato numerose questioni interpretative e questa Corte è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo .
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U. 7/4/2014 n. 8053, Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406, Cass. n. 12111/2019).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso , che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo ; di contro, non è
più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. n. 2474/2017).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. n. 9637/2017).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. n. 9637/2021), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. n. 10525/2022).
Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
Alla luce della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata deve osservarsi che nella specie le circostanze di fatto asseritamente omesse integrano piuttosto valutazioni (ovvero, la natura di persona giuridica dell’associazione, la validità della sottoscrizione e
l’ammissibilità della doglianza proposta solo in appello) ; né, tra l’altro, l’odierna ricorrente specifica le ragioni della decisività dell e dette circostanza (al fine di determinare un diverso esito della controversia).
2.2. Inoltre, in presenza di una cd. doppia conforme era onere della ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex multis , Cass. n. 8515/2020). A tale onere non ha adempiuto la contribuente, per cui anche sotto tale profilo il motivo è inammissibile.
3. I l ricorso va, per l’effetto, rigettato.
Nulla sulle spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Agenzia .
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre