Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2016 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2016 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6474/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresenta e difende dall’ avvocato COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. RAGIONE_SOCIALE n. 5982/2022 depositata il 07/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
sentite le conclusioni del Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori delle parti presenti;
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza n. 5982/14/2022 depositata in data 7 settembre 2022 e non notificata, rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE n. 1541/18/21 che aveva parzialmente accolto il ricorso avverso un avviso di accertamento con cui il Comune di RAGIONE_SOCIALE aveva determinato la TARI per l’anno 2018 relativamente all’attività agrituristica svolta dalla ricorrente.
1.2. I giudici di appello, nel premettere che alla luce dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità ai fini dell’ inquadramento dell’attività agrituristica in quella agricola era necessaria l’utilizzazione dell’azienda ai fini di agriturismo caratterizzata da un rapporto di complementarietà rispetto all’attività di coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame che deve comunque rimanere principale, osservavano che, nella specie, la parte contribuente, su cui gravava il relativo onere non aveva fornito la prova dell’esistenza del suo indicato presupposto, con la conseguenza che le censure proposte dovevano essere disattese.
Contro detta sentenza COGNOME NOME, in qualità di titolare dell’azienda agricola ‘RAGIONE_SOCIALE,
con sede in RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La contribuente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. per la mancanza di minimo costituzionale della motivazione.
Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Rileva che dalla lettura della sentenza impugnata risultava evidente che i giudici di appello non avevano dato conto di avere verificato i seguenti documenti allegati nel fascicolo di secondo grado e richiamati in ricorso (certificato di Iscrizione all’INP S nella gestione riservata ai coltivatori diretti; copia della dichiarazione dei redditi riferita all’anno 2018 dalla quale si evinceva che la parte dichiara esclusivamente redditi natura agricola di cui al quadro R.A. ‘Terreni’ e dal quadro R.G. ‘redditi in contabilità semplificata’ dove sono dichiarati redditi derivanti dall’attività classificata con codice 56 10 12 ‘attività di ristorazione connesse all’azienda agricola’; copia della dichiarazione Iva annuale per il 2018 dalla quale si evince che le att ività svolte sono quelle di cui al codice 015000 ‘coltivazioni agricole associate all’allevamento di animali’ e codice 561012 ‘attività di ristorazione connesse all’aziende agricole’; copia certificato di iscrizione alla sezione speciale della RAGIONE_SOCIALE con la qualifica di impresa agricola), documentazione dalla quale era dato univocamente evincere che la contribuente ricopriva la qualità di imprenditore agricolo e che l’ attività agrituristica, in realtà, non era nemmeno complementare a
quella agricola, ma era ‘addirittura insignificante rispetto all’attività principale’.
Assume, ancora, che il vizio della decisione consisteva pure anche nel non aver tenuto conto che nel verbale di sopralluogo congiunto prot. NUMERO_DOCUMENTO, allegato in atti ove nessuna contestazione era stata mossa alla contribuente in ordine all’attività effettivamente svolta e che i giudici di appello non avevano considerato che l’Ente impositore, all’ atto della sua costituzione, non aveva contestato che l’attività prevalente svolta dalla contribuente fosse quella di imprenditore agricolo.
3. Il primo motivo è infondato.
Deve, invero escludersi che si possa ravvisare una motivazione assente o apparente della sentenza impugnata. Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili ( ex plurimis : Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975);
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184).
Nel nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione che non può pertanto sopravvivere neppure se denunciato ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 cod. proc. civ., come avvenuto nella fattispecie in specie.
Come è dato desumere dal tenore della sentenza impugnata, dunque, il decisum raggiunge la soglia del minimo costituzionale, avendo i giudici di appello argomentato, dando atto delle carenze difensive in termini di oneri probatori.
Anche il secondo motivo non coglie nel segno.
4.1. Va preliminarmente ribadito che in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio (cfr. Cass. SU. n. 20867 del 30/09/2020, n. 15486 del 22/6/2017 in motiv.; Cass. n. 11892 del 10/5/2016).
A tanto va aggiunto che, in linea di principio, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (tra le varie, Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 24434 del 30/11/2016), dovendosi peraltro ribadire che, in relazione all’ attuale testo di questa norma, qualora il giudice abbia preso in considerazione il fatto storico rilevante, l’omesso esame di elementi probatori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo (Cass., SS.UU. n. 8053 del 7/04/2014), e, nella fattispecie, i giudici del gravame hanno preso in esame tutte le circostanze dedotte in ricorso, valutandole – sulla base degli elementi hinc et inde dedotti – diversamente da come dedotto dalla contribuente.
4.2. La censura va, dunque, ritenuta inammissibile, in quanto, sotto l’egida della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., introduce surrettiziamente una rivisitazione del merito della controversia, limitandosi a contrapporre alle argomentazioni dei giudici di merito, proprie valutazioni (peraltro non decisive), su elementi di fatto, finendo per formulare una richiesta di riesame del merito della controversia non consentita in questa sede di legittimità.
La Commissione tributaria regionale, al riguardo, infatti, ha motivato nel senso che gli elementi di prova offerti dalla contribuente non consentivano di ritenere comprovato il rapporto di ‘complementarietà’ dell’ attività agrituristica rispetto all’attivi tà di coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame che doveva rimanere principale.
4.3. Va, invero, ribadito che in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. Cass. n. 13485 del 13/06/2014, Cass. n. 16499 del 15/07/2009).
4.4. Occorre, ancora, rilevare che in ogni caso non può essere invocato il principio di non contestazione quanto alla deduzione relativa alla circostanza che l’attività prevalente svolta dalla contribuente era quella di imprenditore agricolo: nel processo tributario, caratterizzato dall’impugnazione di un atto affermativo
della pretesa fiscale, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato (preteso) mediante l’atto impositiv o, atto preesistente al processo nei quali i fatti costitutivi sono già stati allegati in modo difforme da quanto dal contribuente ritenuto in sede giudiziale’. ( cfr. Cass. civ. n° 16984/23).
Nel caso in esame l’ ente impositore sia in primo grado che in grado di appello aveva ribadito la legittimità del proprio operato e, quindi, non aveva altri oneri di allegazione.
Stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato.
5.1. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del comune controricorrente, liquidandole nella misura di euro
1.800,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data