Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17498 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17498 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12088/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME;
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO PUGLIA n. 128/2024, depositata il 16/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/06/2025 dal Cons. COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME era ripreso a tassazione per maggior reddito sull’anno di imposta 201 3, accertato a seguito di movimenti bancari (versamenti) di cui non dava giustificazione. Infatti, invitato a chiarire la provenienza delle provviste, non forniva prova adeguata.
Il COGNOME impugnava il conseguente avviso di accertamento con ricorso che veniva respinto dalla CTP di Bari mediante pronuncia che era riformata dalla Corte di Giustizia di secondo grado in senso favorevole alla parte privata, con la sentenza riportata in epigrafe, attraverso la quale si perveniva alla declaratoria di nullità dell’avviso di accertamento.
Avverso la stessa ha proposto ricorso per cassazione l’ Agenzia delle entrate, affidandosi ad unico motivo.
E’ rimasta intimata la parte contribuente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
1.1. Con esso si denuncia la violazione dell’articolo 32, comma 1, n. 2) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3) del codice di procedura civile.
Nel concreto, si deduce la violazione del criterio di riparto dell’onere della prova, per aver il giudice di appello dato per superata la presunzione di legge in base a dichiarazioni scritte non verificabili, aggirando così il divieto di assunzione di prove testimoniali in forma scritta vigente ratione temporis e superato solo dalla l. n. 130/2022, peraltro entro i canoni precisi dell’art. 7, com ma quarto, del d.lgs. n. 546/1992.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
2.1. Infatti, questa Corte ha, in proposito, già statuito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede una presunzione legale in base alla quale
sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cfr. Cass. n. 25502/2011; Cass. n. 2781/2015 e Cass. n. 11102/2017).
2.2. In tema di accertamento fiscale, la presunzione legale relativa, ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, comporta l’onere probatorio, a carico del contribuente, di dare specifica giustificazione delle movimentazioni bancarie, oggetto di contestazione, al fine di dimostrare che le stesse non derivino da operazioni imponibili e tale conseguenza, oltre al regime legale, si riconnette altresì a quel principio di vicinanza della prova che è connaturato al disposto dell’art. 2697 c.c. e che attiene alla possibilità di conoscere, in via diretta o indiretta, i fatti materiali e storici che stanno alla base della loro evidenziazione probatoria (cfr., da ultimo, Cass. n. 26014/2024).
2.3. Più radicalmente, qualora il contribuente sia stato vanamente invitato a rendere giustificazioni sugli esiti di indagini bancarie, ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, le operazioni effettuate dal contribuente su conti correnti intestati a terzi legittimamente confluiscono nell’accertamento induttivo puro, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del citato d.P.R., con la conseguenza che l’Amministrazione non è gravata di alcun ulteriore onere probatorio in punto di riferibilità dei conti al contribuente e delle somme di cui alle suddette operazioni, spettando invece allo stesso
contribuente l’onere di fornire rigorosa prova contraria (cfr. Cass. n. 7360/2024), che non può risolversi -come, invece, ritenuto dalla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado – nella sola allegazione di dichiarazioni testimoniali scritte (considerandosi, oltretutto, che, nella fattispecie, il testo novellato dell’art. 7, comma 4, del D. Lgs. n. 546/1992 , non era applicabile ‘ratione temporis’), in difetto di idonei riscontri documentali.
Ne consegue che il ricorso è fondato, con derivante cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito, perché si uniformi ai principi sopra enunciati e provveda sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.