Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13932 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13932 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
Sui ricorsi iscritti al n. 16937/2022 R.G. proposti da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME del foro di Milano, giusta procura speciale in atti
– ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-Ricorrente in via incidentale – avverso la sentenza n. 3438/23/2024 della Commissione tributaria regionale della Puglia -sez. distaccata di Lecce, depositata in data 31.12.2021;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 2.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.L’agenzia delle Entrate di Brindisi, espletate, previa autorizzazione, indagini bancarie nei confronti di COGNOME NOME, il quale non aveva presentato le dichiarazioni IRPEF, IRAP e IVA per l’anno di imposta 2009, inviava allo stesso un questionario, al fine di acquisire giustificazioni sugli accrediti dei conti correnti a lui riferibili. In assenza di riscontri, l’Agenzia delle Entrate accertava il
Imposte dirette e IVA -accertamento art. 39, comma 2, d.p.r. 600/73 e 55, comma 1, d.p.r. 633/72 -indagini bancarie -riparto oneri probatori.
reddito e le imposte evase, ai sensi dell’art. 39, comma 2, d.p.r. 600/73 e dell’art. 54, comma 1, d.p.r. 633/72, sommando ai compensi desunti dai modelli dai 770 trasmessi dai sostituti di imposta gli accrediti non giustificati dei conti correnti di cui COGNOME aveva la disponibilità. Riconosceva indi una percentuale di costi, applicava la percentuale di redditività desunta dalle dichiarazioni di tutti i commercialisti della provincia di Brindisi e l’aliquota IVA del 20%.
COGNOME NOME impugnava l’avviso di accertamento, chiedendone l’annullamento. La C.T.P. di Brindisi dichiarava il discorso inammissibile, in quanto tardivo.
Proposto appello, la C.T.R. riteneva il ricorso tempestivo e rigettava i restanti motivi di gravame ad eccezione di quello relativo al difetto di motivazione, ritenendolo fondato limitatamente alla percentuale di redditività dell’attività di commercialista determinata dall’Ufficio, che, a suo dire, era stata ricavata attraverso un campione a dir poco oscuro ed incomprensibile, sia perchè l’Ufficio non aveva indicato i nominativi dei soggetti che svolgevano la stessa attività nel bacino territoriale di Brindisi, sia perché l’appellante per buona parte dell’anno 2009 aveva esercitato l’attività di commercialista a Milano. Secondo la C.T.R., inoltre, l’Ufficio non aveva dato prova che tutti i conti correnti fossero di competenza del contribuente, per cui l’accertamento poteva dirsi fondato solo per i conti che il Ceci aveva riconosciuto come propri e per i quali non aveva fornito alcuna giustificazione. Tenuto conto della mancata presentazione delle dichiarazioni Irpef, Iva e Irap, il reddito andava pertanto determinato sull’importo di euro 8.390,00 derivante dai compensi percepiti e non dichiarati, come da dichiarazioni dei sostituti di imposta, nonché sui versamenti non giustificati dei quattro conti correnti riconosciuti come propri dal Ceci. Al fine di determinare l’esatto coefficiente di redditività, non avendo a disposizione i dati del comune di Milano,
non forniti dall’Ufficio né dalla parte privata, stimava congruo abbattere del 50% la percentuale di redditività calcolata dall’Ufficio.
4. Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOMECOGNOME
sulla base di un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso successivo, affidato a due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Deve darsi atto, in via preliminare, che il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’ordinario) di impugnazione in astratto operativi. Detto termine decorre dall’ultima notificazione dell’impugnazione principale nel caso in cui tale impugnazione sia stata notificata anche alla parte che propone l’impugnazione incidentale. (tra le più recenti, Cass. n. 27680/2021).
COGNOME NOME ha notificato il ricorso in data 27.6.2022. L’Agenzia delle Entrate ha notificato il proprio ricorso in data 30.6.2022 e lo ha depositato entro venti giorni, dal che consegue che quest’ultimo va qualificato ricorso incidentale.
Con l’unico motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.p.r. 600/73», il ricorrente in via principale deduce, in sintesi, che in presenza di una percentuale di redditività attribuita induttivamente dall’Ufficio definita dalla stessa C.T.R.
oscura ed incomprensibile, l’organo giudicante avrebbe semmai dovuto annullare l’avviso di accertamento per difetto di motivazione e non già ridurla del 50%. Precisa, al riguardo, che sia in primo che in secondo grado, aveva dedotto, fra l’altro, che l’Ufficio, nell’effettuare l’accertamento induttivo, aveva determinato la percentuale di redditività attribuibile induttivamente nella misura del 47,40% in modo totalmente arbitrario, oscuro e secondo criteri privi di fondamento giuridico ; che le informazioni non documentate erano comunque riferite al bacino di utenza di Brindisi che, nella fattispecie, non avrebbe potuto assumere alcuna rilevanza, dato che il ricorrente, nel 2009, era residente e svolgeva anche la sua attività professionale a Milano, come riconosciuto dallo stesso Ufficio, il quale aveva precisato che nel detto anno di imposta era socio dello studio Verna di Milano, sostenendo che i riferiti vizi motivazionali travolgevano inevitabilmente l’avviso di accertamento, in quanto incompleto nella motivazione, in violazione dell’art. 42, commi 2 e 3, d.P.R. n. 600/73.
3. Con il primo motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione degli articoli 32, comma 1 n. 7 d.p.r. 600/73 e 51 comma 2 n. 7 d.p.r. 633/72 e dell’art. 2967 c.c.. », l’Agenzia delle Entrate, ricorrente in via incidentale, assume che la C.T.R. abbia invertito le regole sul riparto dell’onere probatorio, dovendo essere il Ceci a dimostrare che gli altri conti correnti non erano a lui riferibili e a fornire la prova contraria con riferimento a ciascuna operazione di versamento o incasso. Operando in violazione delle regole sul riparto dell’onere della prova, la CTR non aveva tenuto conto: a) delle operazioni rilevate sul conto corrente intestato al contribuente, acceso presso a Banca Popolare Commercio ed Industria s.p.a. ed in particolare l’operazione « giro saldo area recupero crediti » (allegato n. 5 all’avviso di accertamento, prodotto come doc. 1 del ricorso introduttivo dal contribuente); b) delle « operazioni extraconto » eseguite direttamente dal Ceci presso la
Banca Unicredit s.p.a., consistenti, in grandissima parte, in incassi di assegni circolari (allegato n. 3 all’avviso prodotto come doc. 1 unitamente al ricorso introduttivo dal contribuente), operazioni che, anche se prive di un conto corrente di riferimento, in quanto gli importi erano stati riscossi in contanti, costituivano una manifestazione di reddito.
4. Con il secondo motivo, rubricato « nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 111 Cost., 1, 2 e 36 del decreto legislativo n. 546/92, 132 e 118 disp. Att. C.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. », l’Agenzia delle Entrate lamenta che la CTR, nell’abbattere la percentuale di redditività del 50% non abbia in alcun modo spiegato il ragionamento sotteso a tale statuizione, oltre che rideterminato la percentuale in modo del tutto arbitrario. Il campione utilizzato, come si poteva evincere dalle pagine 5-14 dell’avviso (che trascrive in ricorso) non sarebbe affatto oscuro ed incomprensibile, perché l’A.F. aveva considerato le dichiarazioni di tutti i commercialisti che operavano nel bacino territoriale di Brindisi, riportandone i dati significativi (totale compensi, volume d’affari, redditi dichiarati, totale componenti negativi dichiarati), senza indicare i nominativi solo per ragioni di privacy ed indi calcolato la redditività del settore ottenuta dal rapporto tra il totale dei redditi di lavoro autonomo e il totale ricavi e compensi. La riduzione operata dalla CTR si appaleserebbe pertanto arbitraria e del tutto ingiustificata, senza contare che la redditività della professione di commercialista a Milano, dove COGNOME aveva trascorso la maggior parte dell’anno 2009, sarebbe stata semmai più elevata di quella di una piccola città di provincia del meridione d’Italia. Il contribuente non aveva presentato le dichiarazioni IRPEF, IVA e IRAP ed era dunque un evasore totale che neppure aveva collaborato in fase amministrativa fornendo giustificazioni e chiarimenti, per come gli era stato formalmente richiesto.
Il secondo motivo del ricorso incidentale, da esaminarsi per primo per ragioni di priorità logica, è fondato.
Questa Corte ha in più occasioni precisato che l’inosservanza dell’obbligo di motivazione della sentenza integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa. Tale situazione si verifica nei casi di radicale carenza di motivazione o nell’ipotesi in cui la stessa di manifesti in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi o che siano fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da ‘error in procedendo’ , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (tra le più recenti, Cass. n. 22580/2023, Cass. n. 24199/2023).
5.1. Nella fattispecie in esame, a fronte di un metodo di calcolo della redditività media della professione agevolmente comprensibile e basato su dati certi provenienti dall’anagrafe tributaria (totale compensi, volume d’affari, redditi dichiarati, totale componenti negativi dichiarati dagli esercenti la medesima professione di commercialista), che la C.T.R. ha invece del tutto inopinatamente ritenuto oscuro ed incomprensibile, sol perchè non erano stati indicati ‘ nominalmente le asseritamente medesime attività ‘, la motivazione si appalesa illogica e contraddittoria, avendo il giudicante di secondo grado sostanzialmente affermato che, non avendo compreso il metodo di calcolo della percentuale di
redditività utilizzato dall’Ufficio e non avendo a disposizione la percentuale di redditività della professione di commercialista a Milano, da ciò doveva necessariamente conseguire una riduzione della percentuale calcolata dall’Ufficio. Ciò senza neppure spiegare da quali elementi abbia desunto che a Milano la redditività fosse inferiore a quella della provincia di Brindisi e quale criterio abbia utilizzato per operare la ‘congrua’ riduzione. Peraltro, il contribuente non aveva mai sostenuto che la redditività della professione a Milano fosse inferiore a quella di Brindisi, limitandosi ad evidenziare che per la maggior parte dell’anno di imposta 2009 aveva risieduto e lavorato a Milano.
La sentenza è pertanto nulla in parte qua per difetto di motivazione, dal che consegue il rigetto del ricorso principale.
Fondato è altresì il primo motivo del ricorso incidentale.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (da ultimo, Cass. n. 9681/2025), l’art. 32, comma 1, n. 7), d.P.R. n. 600 del 1973 prevede la possibilità di acquisire «dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari sopra indicati e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria». Il n. 2) della norma appena richiamata prevede, poi, che tali dati, notizie e documenti «sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei
predetti rapporti od operazioni.» La norma prevede una presunzione legale relativa, che consente, da un lato, all’amministrazione finanziaria di porre i dati risultanti dalle indagini bancarie alla base degli accertamenti e rettifiche ex art. 38, 39, 40 e 41 d.P.R. n. 600 del 1973 e, dall’altro lato, consente al contribuente di fornire la prova contraria.
7.1. Con riferimento ai contenuti di quest’ultima, deve essere data continuità all’orientamento secondo il quale, in tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., 03/05/2018, n. 10480).
7.2. È stato altresì precisato che gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’Erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass., 30/06/2020, n. 13112). In sostanza, dalla giurisprudenza di questa Corte emerge che la presunzione legale scolpita dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 non richiede un ulteriore vaglio da parte del giudice in merito alla presenza dei requisiti di
gravità, precisione e concordanza, tali da portare a ritenere la presenza di maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati. L’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente impone, quindi, a quest’ultimo di fornire la prova contraria in ordine al collegamento delle operazioni bancarie con i dati risultanti dalla contabilità o in merito all’estraneità di tali operazioni dal reddito imponibile.
7.3. Nella sentenza impugnata si legge ‘ L’ufficio, inoltre, non ha dato prova che tutti i conti correnti sui quali si sono svolte le indagini finanziarie erano di competenza del Sig. COGNOME e quindi l’accertamento può dirsi fondato solo per i quattro conti correnti riconosciuti dal contribuente come propri, in relazione ai quali non ha però fornito alcuna giustificazione dei movimenti finanziari’ . A seguire, la C.T.R. specifica i conti correnti riconosciuti dal contribuente: conto corrente Unicredit s.p.a. n. 100295983, conto corrente Unicredit s.p.a. n. 100385131, conto corrente Banca Regionale Europea s.p.a. n. 34374, conto corrente BNL s.p.a. n. 4316000403.
7.4. Il giudice di seconde cure, pertanto, nel momento in cui ha ritenuto che spettasse all’Ufficio, pur in presenza di un conto corrente intestato al contribuente presso la Banca Popolare Commercio ed Industria s.p.a., dare la prova che fosse di sua ‘competenza’, disconoscendo in particolare l’operazione denominata ‘ giro saldo area recupero crediti di euro 48.299,39 ‘, di cui all’ allegato n. 5 all’avviso di accertamento prodotto dallo stesso Ceci in primo grado, nonché omesso di prendere in considerazione le ‘ operazioni extraconto ‘ eseguite direttamente dal contribuente presso la Banca Unicredit s.p.a. e consistenti, in grandissima parte, in riscossione di assegni circolari in contanti ( allegato n. 3 all’avviso di accertamento), ha erroneamente applicato il criterio di riparto dell’onere della prova, ricadente invece sul contribuente, come si desume appunto, per le imposte dirette, dall’art. 32,
comma 1, n. 2 del d.p.r. 600/73 e, in ambito Iva, dall’art. 51 del d.p.r. n. 633/72.
8. In accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Puglia, sez. distaccata di Lecce, in diversa composizione, la quale provvederà ad applicare i principi di diritto sopra illustrati in punto di riparto dell’onere della prova in materia di accertamenti bancari ed a riesaminare il motivo di appello concernente il preteso difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, oltre a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
9. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia, sez. distaccata di Lecce, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 2.4.2025