Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4761 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4761 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1906/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente successivo-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA – NAPOLI n. 5869/2015 depositata il 16/06/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME era inciso da avviso di accertamento ai fini Irpef sull’anno di imposta 2007, in seguito ad indagini bancarie per movimentazioni su conti a lui riferibili: un conto bancario intestato alla coop. RAGIONE_SOCIALE -su cui il contribuente ha operato anche dopo aver dismesso la qualifica di legale rappresentante del sodalizio cooperativo- ed un conto postale a lui stesso intestato. Reagiva il privato protestando aver sempre operato nell’interesse della cooperativa, anche dopo es sere cessato da ogni carica sociale, rilevando comunque trattarsi di somme a quella riferibili e non implicanti ripresa a tassazione nei suoi confronti.
Il giudice di prossimità apprezzava in parte le ragioni del contribuente e, sull’appello dell’Ufficio e del privato, ciascuno per i propri capi di soccombenza, la sentenza di primo grado veniva integralmente confermata.
Ricorrono per cassazione il Patrono erariale, affidandosi a due motivi di ricorso, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso. La stessa parte contribuente propone ricorso successivo, affidandosi a cinque motivi.
CONSIDERATO
Viene esaminato preliminarmente il ricorso erariale.
Vengono proposti due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si rileva censura ex art. 360, primo comma, numero 4 del codice di rito civile, per violazione dell’art. 21, primo comma, d.lgs. n. 546/1992, nella sostanza eccependo la tardività del ricorso introduttivo di primo grado.
1.1. Al motivo la parte contribuente oppone eccezioni di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza (pag. 6
e 9 del controricorso) e per violazione del divieto di deposito di nuovi documenti in spregio all’art. 372 c.p.c. (pag. 7 del controricorso).
Le eccezioni non sono fondate, non intercettando il limite dell’onere di completezza del motivo di ricorso. Ed infatti, ai fini del rispetto dei limiti contenutistici di cui all’art. 366, primo comma, nn. 3) e 4), c.p.c., il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva, dovendo il ricorrente selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda “sub iudice” posti a fondamento delle doglianze proposte in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; l’inosservanza di tale dovere pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e, pertanto, comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi in contrasto con l’obiettivo del processo, volto ad assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (artt. 111, comma 2, Cost. e 6 CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui (cfr. Cass. V, n. 8425/2020). Il principio di esaustività del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia
specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. S.U. n. 8950/2022).
I motivi possono quindi essere scrutinati.
Giudice del fatto processuale, questa Suprema Corte di legittimità rileva che l’avviso di accertamento sia stato portato alla notifica il 27 dicembre 2012, con notifica perfezionata per compiuta giacenza il 7 gennaio 2013. I termini in questo caso sono a giorni (60 gg. + 90 gg.), ed il calcolo si fa ex numeratione dierum e non ex nominatione dierum , ai sensi dell’art. 155, primo comma, cod. proc. civ. Se la notificazione si è perfezionata il 7.1.2013, si parte dl primo giorno successivo ( dies a quo non computatur in termine ) quindi dall’8.1.2013 + 60 + 90 (150), si arriva comunque al 7.6.2013, donde il ricorso è tempestivo ed il primo motivo dev’essere rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 32, 41 e 38 del DPR numero 600 del 1973, nonché dell’articolo 2697 del codice civile.
Nello specifico, si contesta la violazione del riparto dell’onere della prova posto che gli argomenti portati dalla parte contribuente per superare la presunzione legale non assumessero il carattere di specificità richiesti in caso di indagine bancarie, con particolare riguardo al conto corrente postale, le cui movimentazioni vengono ritenute giustificate per non averne l’Ufficio dimostrato la rilevanza a fini impositivi, di impresa o personale.
Occorre ricordare sul punto l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte di legittimità, cui occorre qui dare continuità, non rinvenendosi ragioni per discostarsene, e cioè che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina
un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (così Cass. T., n. 2928/2024, ma in termini vedasi Cass. V, n. 15857/2016, n. 18081/2010).
Tale rigorosa, specifica, analitica e documentata prova per ogni singolo movimento bancario non emerge dalla motivazione della sentenza in scrutinio, donde il ricorso è fondato e merita accoglimento, la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito perché esegua gli accertamenti in fatto necessari.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso erariale impone di prendere cognizione del ricorso successivo (autonomo) della parte contribuente.
Vengono proposti cinque motivi di ricorso.
Con il primo motivo si profila censura i sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5 del codice di procedura civile, lamentando che la sentenza impugnata ometta di valutare le deduzioni difensive e tutte le copie degli assegni in entrata ed uscita del conto corrente della società depositate per la prima volta in fase di gravame da NOMECOGNOME
Con il secondo motivo si prospetta doglianza ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 nel codice di procedura civile, si censura la sentenza per violazione del combinato disposto dell’articolo 111 della Costituzione, dell’articolo 24 della Costituzione e 132 del codice di procedura civile poiché non essendo rinvenibile alcuna argomentazione, la sentenza è affetta da motivazione apparente.
Con il terzo motivo si prospetta doglianza ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 e numero 5 del codice di procedura
civile per non avere dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento sottoscritto da un funzionario dell’amministrazione finanziaria privo del legittimo potere, in quanto non appartenente alla carriera direttiva perché decaduto ai sensi della pronuncia della Corte costituzionale n. 37/2015.
Con il quarto motivo si prospetta censura i sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per non aver prodotto in sede giudiziale l’autorizzazione della Direzione regionale delle entrate al fine di comprendere il destinatario della verifica sui conti correnti bancari ed aver applicato la presunzione nei confronti di un soggetto diverso da quello sottoposto alla verifica.
Con il quinto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973 e dell’articolo 53 della Costituzione repubblicana nella parte in cui la CTR ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento impugnato che imputando un maggior reddito imponibile al signor COGNOME teneva conto solo dei maggiori ricavi e non anche dell’incidenza percentuale dei relativi costi che andavano detratti.
I motivi primo, secondo e quinto, attenendo a profili probatori, possono ritenersi assorbiti dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e troveranno sede di cognizione nel giudizio di rinvio.
Quanto al terzo motivo, la decadenza dal ruolo dirigenziale non esclude che il funzionario fosse provvisto di delega alla firma e tale si presume (principio di autoritatività degli atti amministrativi), finché il destinatario non dimostri il contrario. Sul punto, peraltro, è da tempo affermato che la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex all’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni: ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che
pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (così Cass. n. 8814/2019; conforme Cass. T., n. 21972/2024). Tale prova non ha fornito la parte contribuente, donde il motivo non può essere accolto.
Quanto al quarto motivo, la mancanza dell’esibizione dell’autorizzazione alle indagini finanziarie non inficia l’atto impositivo. È già stato affermato che la mancanza dell’autorizzazione di cui all’art. 51, comma 2, n. 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal c.p.p., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita (cfr. Cass., VI-5, n. 13353/2018).
11. In definitiva, il ricorso è fondato per i profili attinti dal secondo motivo di ricorso principale, con rigetto del primo motivo e dei motivi terzo e quarto del ricorso successivo, assorbiti i rimanenti. La sentenza deve quindi essere cassata con rinvio al giudice del merito perché si uniformi ai sopra enunciati principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, rigetta i motivi terzo e quarto del ricorso successivo, assorbita ogni altra questione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania –
Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.