Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9658 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9658 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti iscritti al n. 6293/2024 R.G. ed al n. 7061/2024 R.G., proposti da :
COGNOME NOME, quale l.r. di RAGIONE_SOCIALE (c.f. P_IVA), elettivamente domiciliato in POZZALLO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE RG, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI RAGUSA
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO SICILIA n. 6768/2023 depositata il 10/08/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE emesso per l’anno di imposta 2013, avente ad oggetto maggiori imposte dovute a titolo di IRES, IRAP ed IVA, con il quale si procedeva ad una ripresa a tassazione fondata sui seguenti elementi: a) presenza di fatture passive per l’acquisto di servizi di catering/banquetting in assenza di fatture attive relative ai corrispondenti eventi realizzati; b) bassa redditività dei costi in rapporto ai ricavi.
La CTP di Ragusa accoglieva parzialmente il ricorso con la sentenza n. 642/5/2019, pubblicata in data 17.06.2019.
Avverso detta sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, il cui gravame è stato accolto con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso.
La contribuente ha quindi proposto ricorso per Cassazione sulla scorta di un solo motivo.
Resiste l’ufficio con controricorso con il quale ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso avversario.
Il Consigliere delegato ha emesso una proposta di definizione accelerata dal ricorso, ritenuto inammissibile, con provvedimento in data 18/07/2024, cui ha fatto seguito la rituale richiesta di decisione della causa.
Il contribuente ha depositato memoria scritta con cui ha ulteriormente illustrato il motivo di impugnazione e dedotto l’esistenza di altro ricorso identico, proposto nei confronti della medesima sentenza di merito, iscritto ad R.g. n. 7061/2024, frutto di un asserito errore informatico.
E’stata , quindi, fissata udienza camerale per il 04.02.2025.
CONSIDERATO CHE
Occorre preliminarmente disporre la riunione al presente ricorso -rubricato sub R.G. n. 6293/24 -di quello, identico, proposto dalla medesima contribuente nei confronti della stessa sentenza di merito, iscritto ad R.G. n. 7061/2024.
Si tratta, infatti, di una ipotesi di riunione obbligatoria ex art. 335 c.p.c. che, come noto, prevede che tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo.
Al riguardo, pur affrontando una fattispecie parzialmente diversa, Sez. 3, ord. n. 511 del 09/01/2025, ha stabilito che in tema di procedimento per la decisione accelerata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in caso di pluralità di ricorsi avverso la medesima sentenza, ove la proposta di decisione riguardi sia il ricorso principale che quello successivo e l’istanza di decisione sia depositata da una sola delle parti, l’impugnazione non coltivata – pur dovendo essere trattata in adunanza camerale unitamente all’altra, previa riunione ex art. 335 c.p.c. – va considerata rinunciata, con conseguente dichiarazione di estinzione del giudizio e inapplicabilità, alla parte
non richiedente la decisione, dell’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c. e del raddoppio del contributo unificato.
Nel caso di specie, peraltro, la stessa parte ricorrente, nella propria memoria illustrativa scrive che ‘Senza recedere dalle superiori deduzioni, al fine di evitare un possibile contrasto di giudicati, si rappresenta che a seguito di un malfunzionamento del sistema informatico PCT, in fase di deposito del ricorso, lo stesso risulta essere stato iscritto due volte ed infatti avanti alla medesima sezione della Corte adita pende il ricorso n. 7061/2024, depositato in data 28.03.2024, che altro non è se non un ‘clone informatico’ del ricorso già depositato. Pertanto, appare opportuno per ragioni di economia processuale dichiarare l’inesistenza giuridica del ricorso successivamente depositato o provvedere alla riunione ex art. 273 c.p.c.’
Va tuttavia evidenziato che anche nel procedimento sub R.G. n. 7061/2024 la ricorrente ha presentato istanza di decisione del giudizio, nonostante l’adozione della PDA, sì che lo stesso non può ritenersi sic et simpliciter rinunciato.
Appare quindi necessario provvedere alla riunione ex art. 335 c.p.c. dei due ricorsi, peraltro identici, quale misura obbligatoria preliminare alla decisione. Ciò consente, per economia, una unica identica trattazione degli stessi.
Con l’unico motivo di ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 6768/2023 emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia -Sezione Staccata Catania si deduce un vizio rilevante ex art. 360 n. 5 c.p.c. A dire del ricorrente, infatti, la decisione impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, consistente nell’omessa valutazione di una scrittura privata che, qualora presa in considerazione, avrebbe giustificato la redditività dell’attività di impresa esercitata e, per l’effetto, reso illegittimo l’avviso di accertamento ab initio impugnato. Come
detto, identico mezzo è stato svolto nei confronti della medesima sentenza di merito anche nel procedimento riunito R.G. 7061/2024, sì da giustificarsi una sola trattazione.
Il mezzo di impugnazione proposto appare dedotto in modo estremamente generico ed è, conseguentemente, inammissibile. Occorre infatti rilevare che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo riconosciuto un più restrittivo ambito di impugnazione del difetto motivazionale sotto il profilo consentito dal ‘nuovo’ art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.
Ed infatti, la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 ha ridimensionato la possibile censura motivazione del provvedimento di merito, circoscrivendola alla necessità che ‘venga individuato un preciso fatto storico, sottoposto al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare’ (Sez. 5, ord. n. 18886 del 04/07/2023). Si è infatti correttamente sostenuto che ‘L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate’ (Sez. 6 – 1, ord. n. 2268 del 26/01/2022; in precedenza cfr. Sez. U, sent. n. 8053 del 07/04/2014, secondo cui ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione’.
Ciò posto, il collegio intende dare continuità all’orientamento per cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per s é , il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., n. 27415 del 29/10/2018; Cass. n. 8493/2020 e Cass., 13.02.2023, n. 4416). Nello stesso senso anche Cass. 25.10.2022, n. 31551, secondo cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per s é , li vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Sotto altro profilo, occorre comunque aggiungere che il mezzo tende a proporre una diversa valutazione delle prove ed ha contenuto inammissibilmente meritale.
A tal riguardo è sufficiente ricordare, sulla scia di un costante indirizzo, la più recente Sez. 2, ord. n. 10927 del 23/04/2024 (Rv. 670888 -01), per la quale ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso
istruttorio nel suo insieme’; in precedenza anche Sez. U, sent. n. 34476 del 27/12/2019 (Rv. 656492 -03) ha affermato esplicitamente che ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’.
Del resto, con più specifico riferimento alla valutazione probatoria dei documenti operata dal giudice del merito, Sez. 2, ord. n. 20553 del 19/07/2021 (Rv. 661734 01), secondo cui ‘La valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicchè rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito’.
I ricorsi riuniti vanno, pertanto, dichiarati inammissibili, come del resto già ritenuto dalla PDA. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, evitandosi ogni duplicazione a fronte della identità dei ricorsi stessi e della conseguente medesima attività difensiva richiesta all’ufficio.
Poiché il giudizio viene definito in conformità alla proposta, va inoltre disposta la condanna della parte istante a norma dell’art.
96, comma 3 e 4 c.p.c. Infatti, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 bis comma 3 c.p.c. contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e quarto comma dell’art. 96 c.p.c., codificando altresì un’ipotesi normativa di abuso del processo che la conformità della decisione definitiva a quella inizialmente proposta e rifiutata lascia presumere (così Cass. S.U. 13.10.2023, n. 28540).
Anche in questo caso, la riunione ex art. 335 c.p.c. dei due identici ricorsi comporta l’applicazione per una sola volta delle dette conseguenze.
Pertanto, la parte ricorrente va condannata, nei confronti della controparte, al pagamento della somma equitativamente determinata di Euro 1.200, oltre al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 500 in favore della Cassa delle ammende.
Occorre, infine, dare atto dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se ed in quanto dovuto per legge.
P.Q.M.
La Corte, dato atto della riunione del ricorso n. R.G. 7061/2024 a quello n. R.G. 6293/2024, dichiara inammissibili i ricorsi;
condanna parte ricorrente ed in favore della controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400 oltre spese processuali anticipate a debito;
condanna altresì parte ricorrente al pagamento della somma di Euro 1.200 in favore della controricorrente e dell’ulteriore somma di Euro 500 a favore della Cassa delle ammende;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, per una sola volta, a
carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se ed in quanto dovuto per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2025.