Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24873 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24873 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 25042/2024 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, n. 2821/13/2024 depositata il 29.04.2024. 11 giugno 2025
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Roma rigettava il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di accertamento, relativo ad Ires ed Irap, per l’anno di imposta 2015, con il quale venivano ripresi a
Oggetto:
Tributi
tassazione costi riferibili a fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE per operazioni ritenute inesistenti;
-secondo l’Agenzia delle entrate la DAM, nel frattempo dichiarata fallita, era una società schermo della RAGIONE_SOCIALE, entrambe le società avevano lo stesso legale rappresentante (NOME COGNOME, mero prestanome, ed erano gestite dagli stessi amministratori di fatto (COGNOME Agostino e NOMECOGNOME; la RAGIONE_SOCIALE affidava alla RAGIONE_SOCIALE l’esecuzione di lavori edili che quest’ultima subappaltava a terzi; le somme versate dalla RAGIONE_SOCIALE alla DAM per pagare tali prestazioni non venivano poi corrisposte dalla DAM ai terzi subappaltatori, ma la COGNOME si detraeva i relativi costi che venivano ritenuti dall’Ufficio afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti;
con la sentenza indicata in epigrafe, la CGT-2 del Lazio accoglieva l’appello della contribuente, osservando, per quanto qui rileva, che:
la società aveva dimostrato l’effettiva esecuzione delle prestazioni depositando ampia documentazione, non solo contabile;
-l’Ufficio, nel ritenere la società RAGIONE_SOCIALE quale interposta fra la società appellante e i soggetti esecutori delle prestazioni, escludeva implicitamente l’inesistenza oggettiva delle prestazioni ;
non era stata contestata la mancanza di prova in merito all’inerenza delle prestazioni stesse all’attività imprenditoriale della società RAGIONE_SOCIALE;
il semplice collegamento societario tra la società appellante e la RAGIONE_SOCIALE non era di per sé idoneo ad escludere la deducibilità dei costi riguardanti le prestazioni effettuate, sia pure da soggetti diversi, affidatari in subappalto delle stesse prestazioni;
l ‘Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CGT-2 con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo;
la società contribuente rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
Con l’ unico motivo l’Ufficio ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. , per avere la CGT-2 ritenuto erroneamente che i lavori subappaltati dalla società RAGIONE_SOCIALE alle imprese esecutrici fossero stati effettivamente eseguiti, omettendo di esaminare la circostanza decisiva del mancato pagamento dei costi da parte della società schermo emittente delle false fatture.
il motivo è inammissibile;
poichè alla fattispecie in esame si applica l’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. nel testo novellato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (essendo stata la sentenza impugnata pubblicata in data 29.04.2024), non trovano più accesso al sindacato di legittimità della Corte le censure riguardanti il vizio di insufficienza o incompletezza della motivazione della sentenza di merito impugnata, essendo denunciabile con il ricorso per cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, già esclusa con riferimento al primo motivo di ricorso;
laddove non si contesti la inesistenza del requisito motivazione della provvedimento impugnato, quindi, il vizio di motivazione può essere dedotto solo in caso di omesso esame di un ‘fatto storico’ controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia ‘decisivo’ ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per contestare la sufficienza della sua argomentazione sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit. e Cass. Sez. U. 22.09.2014, n. 19881);
-è stato poi precisato che il controllo previsto dal nuovo n. 5 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto ‘storico’, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” ( ex multis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
resta fermo che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ( ex plurimis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
la ricorrente, invece, ha denunciato il vizio sotto il paradigma previgente di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., avendo censurato, nella sostanza, una motivazione insufficiente della sentenza impugnata, e ha lamentato un omesso esame di elementi di prova, con riferimento a circostanze (quali il mancato pagamento dei costi da parte della società emittente delle fatture ritenute false), peraltro, non decisive, a fronte del quadro presuntivo descritto dalla sentenza impugnata;
in conclusione, il ricorso va rigettato e nulla va disposto sulle spese nei confronti della controparte, non avendo la stessa svolto difese.
La Corte rigetta il ricorso;
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 giugno 2025.