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Omesso esame fatto decisivo: i limiti del ricorso

La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso per omesso esame fatto decisivo. In un caso di presunte operazioni inesistenti, il ricorso del Fisco è inammissibile se lamenta una valutazione insufficiente delle prove anziché una totale omissione di un fatto storico controverso e decisivo. La Corte di secondo grado aveva ritenuto deducibili i costi, valorizzando l’effettiva esecuzione delle prestazioni.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Omesso esame fatto decisivo: la Cassazione ne definisce i confini

Quando è possibile ricorrere in Cassazione per omesso esame fatto decisivo? Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte offre un’importante lezione sui rigidi limiti di questo motivo di ricorso, soprattutto nel contenzioso tributario. Il caso riguardava la deducibilità di costi per prestazioni ritenute oggettivamente inesistenti dall’Amministrazione Finanziaria, poiché fatturate da una cosiddetta “società schermo”. La decisione chiarisce che una doglianza sulla valutazione delle prove non equivale a un’omissione di un fatto storico, rendendo il ricorso inammissibile.

La Vicenda Processuale

Una società immobiliare si vedeva notificare un avviso di accertamento relativo a Ires e Irap per l’anno d’imposta 2015. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità di costi derivanti da fatture emesse da una società di costruzioni, ritenendo che si trattasse di operazioni oggettivamente inesistenti. Secondo il Fisco, la società emittente era una mera “società schermo”, gestita di fatto dagli stessi amministratori della società immobiliare e utilizzata per interporsi fittiziamente: riceveva i pagamenti per lavori edili che poi subappaltava a terzi, senza però saldare questi ultimi.

La Commissione Tributaria Provinciale dava ragione all’Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ribaltava la decisione, accogliendo l’appello della società contribuente. I giudici di secondo grado ritenevano che l’azienda avesse fornito ampia prova documentale dell’effettiva esecuzione delle prestazioni. Inoltre, il semplice collegamento societario tra le due entità non era, di per sé, sufficiente a negare la deducibilità dei costi per lavori effettivamente realizzati, seppur da subappaltatori.

L’omesso esame fatto decisivo nel ricorso del Fisco

L’Amministrazione Finanziaria impugnava la sentenza di secondo grado con un unico motivo: l’omesso esame fatto decisivo. In particolare, si lamentava che i giudici d’appello avessero erroneamente ritenuto eseguiti i lavori, omettendo di esaminare una circostanza ritenuta cruciale: il mancato pagamento delle prestazioni da parte della società schermo ai terzi subappaltatori. Questo fatto, secondo il Fisco, avrebbe dovuto confermare la natura fittizia dell’intera operazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una spiegazione dettagliata dei limiti applicativi dell’art. 360, comma 1, n. 5 del codice di procedura civile, come modificato dalla riforma del 2012. La Corte ha ribadito che il vizio denunciabile non è più la generica insufficienza o contraddittorietà della motivazione, ma solo l’omesso esame di un “fatto storico” controverso e decisivo. Questo significa che il giudice di merito deve aver completamente trascurato di esaminare un elemento fattuale specifico, la cui considerazione avrebbe portato a un esito diverso del giudizio.

Nel caso di specie, l’Amministrazione Finanziaria non denunciava una vera e propria omissione, ma contestava il modo in cui la Corte di Giustizia Tributaria aveva valutato il quadro probatorio. Lamentare che non sia stato dato il giusto peso al mancato pagamento delle fatture ai subappaltatori equivale a criticare la sufficienza dell’argomentazione del giudice, non a denunciare l’omissione di un fatto. Il giudice d’appello aveva preso in considerazione l’intera vicenda, comprese le prove documentali fornite dalla società, e aveva concluso, con una valutazione di merito, per l’effettività delle prestazioni. Questo tipo di valutazione non è sindacabile in sede di legittimità attraverso il motivo dell’omesso esame. La Cassazione ha specificato che l’omesso esame di meri elementi istruttori (come una singola prova) non integra il vizio se il fatto storico a cui si riferiscono è stato comunque preso in considerazione dal giudice.

Le Conclusioni

La decisione riafferma un principio consolidato: il ricorso per Cassazione basato sull’art. 360, n. 5 c.p.c. non è un terzo grado di giudizio nel quale si può ridiscutere la valutazione delle prove. Il ricorrente deve dimostrare che il giudice ha ignorato un fatto storico preciso e decisivo, non che ha interpretato male le prove a sua disposizione. Questa ordinanza serve da monito per chi intende impugnare una sentenza di merito, sottolineando la necessità di formulare censure che rientrino strettamente nei limiti procedurali previsti dalla legge, evitando di trasformare il ricorso di legittimità in un’istanza di riesame del merito della controversia.

Cosa si intende per ‘omesso esame di un fatto decisivo’ ai fini del ricorso in Cassazione?
Si intende la totale omissione, da parte del giudice di merito, della valutazione di un fatto storico (principale o secondario) che è stato oggetto di discussione tra le parti e che, se fosse stato esaminato, avrebbe avuto carattere decisivo, potendo determinare un esito diverso della controversia.

È possibile contestare in Cassazione una sentenza per motivazione insufficiente o per una errata valutazione delle prove?
No, a seguito della riforma del 2012, non è più possibile denunciare l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione. Il vizio di motivazione è ora limitato all’anomalia che si tramuta in violazione di legge, mentre la critica alla valutazione delle prove o alla sufficienza dell’argomentazione non rientra nel motivo di ricorso per omesso esame di un fatto decisivo.

La deducibilità di un costo può essere ammessa anche se la prestazione è fatturata da una ‘società schermo’?
Sulla base della sentenza di secondo grado, confermata implicitamente dalla Cassazione che ha respinto il ricorso, la deducibilità è possibile se il contribuente dimostra l’effettiva esecuzione delle prestazioni. Il semplice collegamento societario o l’interposizione di una società non sono, da soli, sufficienti a negare la deducibilità se i lavori sono stati realmente eseguiti, anche se da subappaltatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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