Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4625 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4625 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7470/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME Con Gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza delle Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 3411/2018 depositata il 06/08/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Dato atto che l’Avvocat o NOME COGNOME per il ricorrente ha insistito per l’accoglimento dei ricors o e che il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ne ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, con sei motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 3411/2018 depositata il 06/08/2018 che, in riforma della sentenza di primo
grado, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, in controversia avente ad oggetto l’accertamento da parte dell’Ufficio, con metodo analitico-induttivo fondato sulle percentuali di ricarico, in relazione all’anno 200 6, ai fini Irpef ed Irap del maggior reddito di impresa e ai fini Iva dell’omessa registrazione di operazioni imponibili di pari importo.
Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la «Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e precisamente dell’art. 99 c.p.c. e dell’art. 1362 c.c.», deducendo che il giudice di appello ha erroneamente interpretato il contenuto degli atti processuali nella parte in cui ritiene che il ricorrente avrebbe ammesso di non avere registrato maggiori ricavi derivanti da scontrini fiscali per un errore materiale, laddove tale ammissione avrebbe riguardato solo una minima parte dell’importo preso in considerazione .
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto la censura non attinge alcuna violazione del principio della domanda affermato dal richiamato art. 99 c.p.c., né tanto meno la violazione dei criteri ermeneutici di interpretazione degli atti processuali ; né, d’altro canto, il ricorrente, censura, sotto il corretto profilo della violazione di legge, la pur asserita violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n., 5, c.p.c., l’o messo esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, che se fossero stati tenuti in considerazione avrebbero determinato una diversa soluzione della controversia, nella parte in cui la CTR ha ritenuto che il ricorrente abbia omesso di registrare maggiori ricavi per il complessivo importo di euro 970,84, oltre l’IVA relativa di euro 90,65.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. Con riferimento alla doglianza prospettata ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., va ribadito che l’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli art. 366, 1 comma, n. 6, e 369, 2 comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio denunciato qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. ex multis, Sez. un. 22/9/2014 n. 19881, Sez. un. 7/4/2014 n.8053; Cass. n. 27415 del 29/10/2018; di recente v. Cass. n. 9664/2023).
2.3. Nel caso di specie, il ricorrente ha indicato: i) i l ‘fatto storico’, ossia la duplicazione della registrazione di corrispettivi, ii) i documenti contabili da cui tale fatto risulterebbe -lo stralcio del registro di prima nota del 3.1.2006 e del 3.4.2006 – di cui ha altresì trascritto il contenuto saliente e segnalato gli estremi di produzione nel giudizio di primo grado, e iii) ha prodotto o indicato gli atti, con specificazione delle pagine di interesse, nei quali tali circostanze sono state fatte valere in primo grado ed in appello.
2.4. Pur a fronte di tale attività difensiva, la CTR ha omesso qualsivoglia esame delle circostanze di fatto documentalmente risultanti, in potenza idonee, con riguardo allo specifico rilievo dell’Ufficio, a determinare un differente esito della controversia.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente lamenta, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’o messo esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, deducendo che i giudici di appello avrebbero omesso di esaminare fatti controversi tra le parti e provati nel corso del giudizio, che se fossero stati tenuti in considerazione avrebbero determinato una diversa soluzione della controversia, con riguardo alla contestazione della omessa annotazione di maggiori ricavi derivanti dalla vendita di carni per il complessivo importo di €. 99.246,19.
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. Richiamando quanto osservato in merito al precedente motivo in merito agli oneri di allegazione del ricorrente in relazione al vizio denunciato, si rileva che il contribuente si limita a menzionare alcuni elementi, asseritamente decisivi, e segnatamente il fatto che ai fini della determinazione del ricarico medio ponderato i verificatori non abbiano seguito pedissequamente, per quanto attiene alla determinazione degli scarti di merce, le generali indicazioni metodologiche di controllo dell’Agenzia delle entrate, ma abbiano tenuto in considerazione anche i valori emersi dalla indagine conoscitiva svolta presso un supermercato avente sede nella medesima zona, la cui mancata valorizzazione da parte dei giudici di appello rientra bensì nell’ambito dell’accertamento e della valutazione dei fatti che compete al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in rel azione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del correlato
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere la CTR confermato la correttezza delle percentuali di ricarica applicate dall’Ufficio al fine di determinare induttivamente i maggiori ricavi derivanti dalla vendita di beni diversi dalla carne, sulla base di fatti diversi da quelli allegati dalle parti. In particolare, il giudice dell’appello avrebbe ritenuto legittimo l’accertamento perché fondato su percentuali di ricarico calcolate con il criterio della media ponderata, laddove l’Agenzia avrebbe affermato di avere applicato il criterio della media aritmetica semplice.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. I l vizio di ultrapetizione o extrapetizione, di cui all’art. 112 c.p.c., ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum e causa petendi ) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato) (Cass. n. 9002 del 2018; Cass. n. 8048 del 2019); in particolare, il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato riguarda soltanto l’ambito oggettivo della pronuncia, e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (Cass. n. 1616 del 2021); nel caso di specie non è configurabile alcun vizio di ultrapetizione avendo, la Corte territoriale, proceduto alla valutazione degli elementi documentali e processuali, necessari per la decisione, valutazione che è pur sempre devoluta al giudice, indipendentemente dalle opinioni espresse in proposito dai contendenti (cfr. sul punto Cass. n. 16608 del 2021).
4.3. Il motivo è comunque infondato in radice in quanto, dallo stesso estratto delle controdeduzioni di appello dell’Agenzia riportato nel ricorso emerge che l’Ufficio aveva affermato, a sostegno della legittimità del proprio operato, che « nell’accertamento fiscale fondato sulle percentuali di ricarico della
merce venduta, il ricorso al criterio della media aritmetica semplice è consentito quando risulti l’omogeneità degli articoli » e, ancora, che i verificatori avevano applicato, alle merci differenti dalla carne, divise in tre gruppi merceologici ritenuti evidentemente omogenei, tre diverse percentuali di ricarico, così applicando il criterio della media ponderata, come in effetti ravvisato dalla CTR.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’o messo esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, deducendosi che la CTR si sarebbe limitata a ritenere ‘congrue e corrette’ le percentuali di ricarica applicate ai beni diversi dalla carne asserendo che i verificatori avrebbero fatto ricorso al medesimo procedimento già adottato per la determinazione della percentuale di ricarica applicata alla carne, senza tener conto della contestazioni sollevate dal contribuente in merito alla mancata presa in considerazione dell’invenduto e della incidenza dei costi generali.
5.1. Il motivo è inammissibile, richiamandosi i principi già in precedenza esposti.
5.2. Anche in relazione alla doglianza in esame, il ricorrente si limita infatti a menzionare alcuni elementi, asseritamente decisivi, la cui mancata valorizzazione da parte dei giudici di appello rientra nell’ambito dell’accertamento e della valutazione dei fatti che compete al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
Con il sesto motivo di ricorso, si deduce, in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del correlato principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere il giudice di appello omesso di pronunciarsi su specifiche eccezioni che l’odierno ricorrente aveva formulato nelle controdeduzioni a sostegno del rigetto dell’appello dell’Ufficio e della conferma della
sentenza di primo grado, e segnatamente in merito alle censure aventi ad oggetto: i) l’illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 7, primo comma della L. n. 212/2000, per mancata allegazione del processo verbale di constatazione; ii) la violazione dell’art. 12, secondo comma della L. n. 212/2000; iii) la violazione dell’art. 52 del DPR n. 600/1973; iv) il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento ai sensi dell’art. 42, secondo comma, del DPR n. 600/1973; v) in relazione alle sanzioni, la violazione del combinato disposto degli artt. 16, comma 2, e 17 del D.Lgs. n. 472/1997.
6.1. Il motivo è fondato.
6.2. La proposizione delle eccezioni sin dal primo grado di giudizio e la loro rinnovazione in appello risultano, oltre che dalla trascrizione dei punti di interesse degli atti difensivi di merito, effettuata, ai fini dell’autosufficienza, dal contribuente nel controricorso, dalla narrativa della sentenza qui impugnata, ed a tale riguardo la CTR non si è pronunciata, limitandosi ad affermare, ellitticamente, che «Tutti gli altri motivi, rilievi ed eccezioni, sollevati dalle parti sono da considerarsi assorbiti».
In conclusione, accolti il secondo e sesto motivo di ricorso e rigettati i restanti, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e sesto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 05/02/2025.